L’azione civile promossa da Greenpeace, ReCommon APS e alcuni attori privati rispecchia una demonizzazione del ruolo della grande impresa in Italia e si fonda su tesi e pregiudizi smentiti dai fatti.
In data 10 giugno 2024 Greenpeace e ReCommon hanno chiesto al Tribunale di Roma la sospensione del procedimento a seguito della presentazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione.
Si tratta di un’iniziativa finalizzata a ottenere la sospensione della causa avviata dalle organizzazioni e per la quale il Giudice aveva già fissato l’udienza per la decisione al 13 settembre 2024.
Il 9 maggio 2023 le ONG Greenpeace Onlus e Recommon APS e alcuni attori privati - tutti rappresentanti del mondo dell’associazionismo e della politica ambientale - hanno depositato presso il Tribunale Civile di Roma un atto di citazione nei confronti di Eni S.p.A, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A e del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quella che definiscono la “Giusta Causa”.
Il 16 febbraio 2024 si è tenuta la prima udienza. Il giudizio è in corso.
Come vedremo, di “giusto” in questa azione c’è ben poco: gli attori chiedono infatti al Tribunale di dichiarare Eni “responsabile” per danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui l’azienda avrebbe contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni.
Come facilmente intuibile, e come illustrato nel dettaglio nella memoria difensiva depositata il 21 settembre dai legali di Eni e nelle successive memorie depositate in giudizio, questa narrazione è falsa e sconta un evidente approccio strumentale volto alla demonizzazione della grande impresa. Un’accusa che si fonda su un pregiudizio - smentito nei fatti - secondo cui l’utilizzo di fonti fossili sarebbe funzionale solo agli interessi privati ed economici di quella che gli attori definiscono la “grande lobby delle compagnie petrolifere”.
L’iniziativa si inquadra nel contesto delle climate litigation, ossia azioni legali che hanno lo scopo di imporre a governi o aziende il rispetto di determinati standard in materia di limitazione del riscaldamento globale.
Con riferimento a questo tipo di azioni, il 26 febbraio 2024 il Tribunale civile di Roma ha deciso il giudizio promosso da diverse ONG e cittadini privati contro lo Stato italiano per l’accertamento della responsabilità civile di quest’ultimo per cambiamento climatico (in termini di eventuale inadempimento da parte dello Stato degli impegni assunti con l’Accordo di Parigi).
In sintesi, il Tribunale ha ritenuto:
Tornando alla “Giusta Causa”, secondo le tesi degli attori – che in queste pagine verranno sintetizzate, affrontate e smentite – la responsabilità di Eni sarebbe duplice: una “storica”, per aver operato da anni nel settore degli idrocarburi “occultando” le presunte prove della sua responsabilità, e una “prospettica”, per non aver adottato un piano industriale in linea con gli obiettivi posti dai trattati internazionali, in particolare dall’Accordo di Parigi del 2015.
Abbiamo deciso di dedicare queste pagine ad un’operazione di trasparenza e verità.
All’interno della sezione “La strategia di Eni contro il cambiamento climatico” riportata di seguito, dimostreremo come la politica energetica della Società segua una traiettoria compatibile con gli obiettivi climatici globali e, in particolare, con l’obiettivo del Net Zero. A testimonianza della complessità della sfida che la Società sta affrontando, racconteremo inoltre come si è evoluto il business di Eni per garantire il raggiungimento degli obiettivi sopracitati e quali sono i rischi e le opportunità connessi al cambiamento climatico.
Le altre sezioni di questa pagina saranno dedicate ad illustrare brevemente:
Vogliamo essere leader del settore energetico con una strategia di lungo termine che traguarderà la neutralità carbonica nel 2050.
Una breve sintesi della documentazione prodotta da Eni