L’azione civile promossa da Greenpeace, ReCommon APS e alcuni attori privati rispecchia una demonizzazione del ruolo della grande impresa in Italia e si fonda su tesi e pregiudizi smentiti dai fatti.
Il 1° ottobre 2024 Eni ha promosso un’azione civile per diffamazione nei confronti di Greenpeace e ReCommon a fronte delle false e gravissime accuse mosse dalle due Associazioni, sin dal maggio 2023, di commettere crimini nell’esercizio della propria legittima attività d’impresa e di essere responsabile – anche sotto il profilo giuridico - per la morte di 27 mila esseri umani.
Si evidenzia che con tale azione Eni non ha avanzato alcuna richiesta risarcitoria nei confronti delle Associazioni, ma si è limitata a chiedere un’inibitoria all’utilizzo dei termini “crimine”, “omicidio” e simili e all’attribuzione della suddetta responsabilità.
Le inaccettabili accuse mosse nel contesto della cosiddetta “Giusta Causa” intentata da Greenpeace e ReCommon hanno alimentato una violenta e pericolosissima campagna d’odio nei confronti di Eni e dei suoi dipendenti. Il 5 dicembre 2023 alcuni esponenti di Greenpeace hanno posto in essere un’illegittima violazione ed invasione della sede di Roma di Eni, scalando l’edificio ed esponendo striscioni riportanti tali infamanti accuse. La Procura della Repubblica di Roma ha rinvenuto in tali fatti e, in particolare, nel contenuto dei manifesti proprio gli estremi – tra gli altri - del reato di diffamazione, individuando Eni come parte offesa, e ha chiesto il rinvio a giudizio di ben 14 esponenti di Greenpeace, anche per i reati di deturpamento, invasione e violazione di domicilio.
Nonostante la gravità di questi fatti prima di avviare l’azione civile, Eni ha instaurato ben due tentativi di mediazione volti ad avviare un dialogo costruttivo e un confronto con le Associazioni. Tuttavia, Eni ha dovuto prendere atto del rifiuto da parte di queste associazioni ad intraprendere un dialogo e si è vista dunque costretta a rivolgersi all’autorità giudiziaria per tutelare la propria reputazione.
Eni nega dunque fortemente che tale azione rappresenti un tentativo di intimidazione volto a contrastare le aspre critiche delle Associazioni al piano di transizione energetica di Eni - in relazione al quale, peraltro, Eni si sta difendendo in un separato giudizio civile intentato dalle Associazioni stesse - ma, come è nel proprio diritto, la società agisce a tutela della propria reputazione e di quella dei propri dipendenti e stakeholder.
L’iniziativa promossa da Eni nei confronti delle Associazioni non può quindi in alcun modo essere qualificata come SLAPP*, considerato che la Società non ha avanzato alcuna richiesta risarcitoria nei confronti delle Associazioni e, in ogni caso, i profili diffamatori rilevati da Eni nelle condotte delle Associazioni non sono affatto infondati, avendo peraltro trovato conferma anche nelle conclusioni della Procura di Roma.
In data 20 giugno 2024 Eni ha depositato presso la Procura di Roma atto di denuncia-querela per il reato di diffamazione aggravata nei confronti del Sig. Antonio Tricarico e di altri eventuali rappresentanti di ReCommon a fronte delle dichiarazioni false e diffamatorie rilasciate dal primo nel corso della puntata di Report del 5 maggio 2024 e della diffusione sui principali social network di contenuti gravemente diffamatori nei confronti di Eni, volti a sostenere che quest’ultima avrebbe giocato un ruolo nella tragica vicenda della scomparsa di Giulio Regeni.
Con le inaccettabili affermazioni andate in onda nel corso della trasmissione Report, il Sig. Tricarico ha infatti effettuato un accostamento (anche “temporale”) gravemente diffamatorio ed infamante tra la fase di conclusione dell’accordo commerciale relativo al giacimento di gas Zohr in Egitto e la tragica scomparsa di Giulio Regeni, gettando ombre sull’operato di Eni.
Si ribadisce che, come chiarito anche dall’A.D. di Eni, Claudio Descalzi, dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta, nella vicenda in questione Eni ha semmai cercato di facilitare il dialogo tra Italia ed Egitto, ribadendo, nei momenti di interlocuzione con le Autorità egiziane, la necessità di collaborare con l’Italia per fare chiarezza per il bene della verità, per il bene dell’Italia e per il bene dell’Egitto.
Eni nega dunque fortemente che tale iniziativa rappresenti una molestia legale volta a far tacere le voci dissenzienti della società civile ma, come è nel proprio diritto, la società agisce a tutela della propria reputazione e di quella dei propri dipendenti e stakeholder.
L’iniziativa promossa da Eni nei confronti del Sig. Tricarico non può quindi in alcun modo essere qualificata come SLAPP*, posto che anzitutto non si tratta di un’azione legale di carattere civile o commerciale con implicazioni transfrontaliere, e, in ogni caso, i profili diffamatori rilevati da Eni nelle condotte del Sig. Tricarico non sono affatto infondati, tant’è che il procedimento penale avviato avanti alla Procura di Roma è in corso.
* SLAPP: Strategic Lawsuit Against Public Participation.
In data 10 giugno 2024 Greenpeace e ReCommon hanno chiesto al Tribunale di Roma la sospensione del procedimento a seguito della presentazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione e la Cassazione ha già fissato udienza per il 18 febbraio 2025.
Si tratta evidentemente di un’iniziativa finalizzata a ottenere la sospensione della causa avviata dalle organizzazioni e per la quale il Giudice aveva già fissato l’udienza per la decisione al 13 settembre 2024. Peraltro, la Cassazione ha fissato udienza per dirimere la questione sulla giurisdizione per il 18 febbraio 2025.
Il 9 maggio 2023 le ONG Greenpeace Onlus e Recommon APS e alcuni attori privati - tutti rappresentanti del mondo dell’associazionismo e della politica ambientale - hanno depositato presso il Tribunale Civile di Roma un atto di citazione nei confronti di Eni S.p.A, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A e del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quella che definiscono la “Giusta Causa”.
Il 16 febbraio 2024 si è tenuta la prima udienza. Il giudizio è in corso.
Come vedremo, di “giusto” in questa azione c’è ben poco: gli attori chiedono infatti al Tribunale di dichiarare Eni “responsabile” per danni subiti e futuri derivanti dai cambiamenti climatici, a cui l’azienda avrebbe contribuito con la sua condotta negli ultimi decenni.
Come facilmente intuibile, e come illustrato nel dettaglio nella memoria difensiva depositata il 21 settembre dai legali di Eni e nelle successive memorie depositate in giudizio, questa narrazione è falsa e sconta un evidente approccio strumentale volto alla demonizzazione della grande impresa. Un’accusa che si fonda su un pregiudizio - smentito nei fatti - secondo cui l’utilizzo di fonti fossili sarebbe funzionale solo agli interessi privati ed economici di quella che gli attori definiscono la “grande lobby delle compagnie petrolifere”.
L’iniziativa si inquadra nel contesto delle climate litigation, ossia azioni legali che hanno lo scopo di imporre a governi o aziende il rispetto di determinati standard in materia di limitazione del riscaldamento globale.
Con riferimento a questo tipo di azioni, il 26 febbraio 2024 il Tribunale civile di Roma ha deciso il giudizio promosso da diverse ONG e cittadini privati contro lo Stato italiano per l’accertamento della responsabilità civile di quest’ultimo per cambiamento climatico (in termini di eventuale inadempimento da parte dello Stato degli impegni assunti con l’Accordo di Parigi).
In sintesi, il Tribunale ha ritenuto:
Tornando alla “Giusta Causa”, secondo le tesi degli attori – che in queste pagine verranno sintetizzate, affrontate e smentite – la responsabilità di Eni sarebbe duplice: una “storica”, per aver operato da anni nel settore degli idrocarburi “occultando” le presunte prove della sua responsabilità, e una “prospettica”, per non aver adottato un piano industriale in linea con gli obiettivi posti dai trattati internazionali, in particolare dall’Accordo di Parigi del 2015.
Abbiamo deciso di dedicare queste pagine ad un’operazione di trasparenza e verità.
All’interno della sezione “La strategia di Eni contro il cambiamento climatico” riportata di seguito, dimostreremo come la politica energetica della Società segua una traiettoria compatibile con gli obiettivi climatici globali e, in particolare, con l’obiettivo del Net Zero. A testimonianza della complessità della sfida che la Società sta affrontando, racconteremo inoltre come si è evoluto il business di Eni per garantire il raggiungimento degli obiettivi sopracitati e quali sono i rischi e le opportunità connessi al cambiamento climatico.
Le altre sezioni di questa pagina saranno dedicate ad illustrare brevemente:
Vogliamo essere leader del settore energetico con una strategia di lungo termine che traguarderà la neutralità carbonica nel 2050.
Una breve sintesi della documentazione prodotta da Eni