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La decisione della Cassazione sulla giurisdizione del Tribunale conferisce nuovo impulso alla causa

Nell’ambito del contenzioso promosso da Greenpeace, ReCommon e dodici attivisti, il 10 giugno 2024 le associazioni avevano chiesto al Tribunale di Roma la sospensione del procedimento a seguito della presentazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione, strumento con il quale una parte può richiedere la definizione – in via preventiva - della questione sulla giurisdizione tramite ricorso alla Corte di Cassazione a sezioni unite.


Eni aveva espresso la propria perplessità su questa iniziativa, evidentemente finalizzata a ottenere la sospensione della causa per la quale il Giudice - si ricorda - aveva già fissato l’udienza per la decisione al 13 settembre 2024.


Dopo una sospensione di oltre un anno la Corte di Cassazione ha emesso la propria decisione, sotto forma di ordinanza, il 21 luglio 2025, statuendo che sussiste la giurisdizione del Tribunale di Roma. La causa potrà dunque essere riassunta entro sei mesi, vale a dire entro il 23 febbraio 2026.


Eni esprime la sua soddisfazione per questa decisione, che peraltro si pone del tutto in linea con diversi precedenti giurisprudenziali noti (caso Shell, RWE, Total Energies, a titolo di esempio), in quanto, finalmente, in un contesto rigoroso e rispettoso della legge come quello di un Tribunale, sulla base di argomentazioni tecnico-scientifiche e giuridiche e non su facili slogan strumentali, infondati e spesso mendaci delle due associazioni, Eni potrà dare evidenza del suo impegno serio e costante verso la transizione energetica e dimostrare l’infondatezza delle accuse mosse nei suoi confronti.


Diversamente da quanto leggiamo in più sedi del dibattito pubblico, l’ordinanza della Corte di Cassazione ha un perimetro ben definito e focalizzato sulla domanda inerente la giurisdizione e non ha pertanto effettuato alcuna valutazione su nessuna delle questioni di merito sollevate dinnanzi al Tribunale di Roma. Non si è infatti espressa, e giuridicamente non avrebbe potuto esprimersi, sulle asserite responsabilità di Eni, anche in qualità di capogruppo, e dei suoi azionisti ed anzi ha ribadito in modo espresso che tutte le questioni che attengono al merito della controversia restano rimesse al giudizio del Tribunale.


In relazione ai temi ancora aperti, nella prima fase del giudizio Eni ha reso note la propria strategia industriale e le misure adottate in materia di transizione energetica, nonché documentato la complessità tecnico-scientifica oltre che giuridica di un fenomeno globale, quale il cambiamento climatico.


E proprio con riferimento a questo ultimo aspetto che la Corte di Appello dell’Aja ha riconosciuto nel caso Shell (sentenza n. 2100 del 12 novembre 2024), che ciascuna azienda può autonomamente definire il proprio percorso di transizione energetica in coerenza con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e che il giudice non può imporre all’azienda una riduzione specifica delle emissioni.

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In data 10 giugno 2024 Greenpeace e ReCommon hanno chiesto al Tribunale di Roma la sospensione del procedimento a seguito della presentazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione, uno strumento con il quale una parte può richiedere la definizione della questione sulla giurisdizione tramite ricorso alla Corte di Cassazione a sezioni unite.

Giurisdizione che peraltro era già stata esclusa nella nota causa “Giudizio Universale”, promossa dal mondo dell’associazionismo contro lo Stato italiano sempre in merito ai temi climatici.

Eni esprime la propria perplessità su questa iniziativa, evidentemente finalizzata a ottenere la sospensione della causa in realtà avviata proprio dalle organizzazioni stesse e per la quale il Giudice - si ricorda - aveva invece già fissato l’udienza per la decisione al 13 settembre 2024.

Il rischio è dunque che si apra un lungo periodo di sospensione della decisione che consentirà alle due associazioni di continuare nella propria campagna di disinformazione, perseguendo obiettivi mediatici che consentono maggiori slogan e minore rigore in termini di studio, analisi e valutazione, e la cui verifica da parte del Giudice di ciò investito viene così procrastinata proprio a iniziativa di chi aveva preteso di promuoverla.

Come dimostrato da questa sezione di approfondimento, Eni non si è peraltro mai sottratta, nonostante la strumentalità dell’azione stessa, a fornire in giudizio, nel merito, tutti gli elementi e la documentazione a supporto della bontà del proprio operato e della propria strategia di trasformazione e decarbonizzazione.