Da sempre, nell'uomo arde l’innato desiderio di comprendere il mondo che lo circonda e, ove possibile, di adattare la natura alle esigenze dell'umanità. Quando, negli anni ‘40, gli antropologi penetrarono per la prima volta all’interno delle Grotte di Lascaux, in Francia, compresero immediatamente il significato delle antiche pitture parietali che si trovarono dinnanzi: migliaia di anni prima, i loro antenati avevano modellato i movimenti degli animali necessari al proprio sostentamento.
Quel bisogno umano ancestrale di capire, plasmare ed emulare la natura è da sempre uno dei motori fondamentali che guidano la scoperta scientifica. Quando, nel XV secolo, Leonardo da Vinci disegnò l’Uomo Vitruviano, allo scopo di rappresentare accuratamente le proporzioni del corpo umano, lo fece in primis per cercare di comprendere la natura stessa del suo funzionamento fisico.
Alla base della modellistica molecolare si cela la medesima intenzione: comprendere il funzionamento della natura. Con la scoperta della struttura chimica, gli scienziati ebbero modo di fornire i modelli delle prime molecole. Nel 1865, presso la Royal Institution di Londra, il chimico organico tedesco August Wilhelm von Hofmann espose i primi modelli molecolari di metano, etano e cloruro di metile, assegnando a specifici elementi un sistema di colori ancora oggi in uso.
L’esempio probabilmente più celebre di tale modellistica risale al 1953, anno in cui Francis Crick e James Watson presentarono il primo modello tridimensionale del DNA. La loro elaborazione non fu frutto di uno studio isolato in quanto si erano ricollegati al lavoro già svolto da scienziati quali Rosalind Franklin e Maurice Wilkins.
Ed è proprio questo spirito di collaborazione, alimentato dalle scoperte e dai tentativi di comprendere la natura compiuti nel corso del tempo, che ha portato la modellistica molecolare fin nell'era moderna. L’ultima frontiera di questo particolare insieme di metodologie è ora la lotta contro il COVID-19.