Nel 2008 inizia la collaborazione tra Eni e il Massachusetts Institute of Technology (MIT), uno dei più importanti istituti scientifici del mondo. L’intesa è stata rinnovata e consolidata nel gennaio 2017 dall’incontro tra il Presidente dell’MIT, Rafael Reif, e il CEO di Eni, Claudio Descalzi. I risultati di questo lavoro congiunto e ormai consolidato si sono concretizzati nella sperimentazione e brevettazione di tecnologie di eccellenza in diversi campi: dalle rinnovabili alla salvaguardia dell’ambiente e al low-carbon, passando per l’asset integrity. Questa alleanza vede coinvolti oltre 40 ricercatori, docenti e dottorandi, il cui supporto è stato fondamentale per l’attivazione di più di 70 progetti. In linea con il nostro modello di business e con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile di Agenda 2030, stiamo lavorando per percorrere insieme la strada che conduce a un modello energetico low-carbon, fatto anche di competenze e tecnologie capaci di cambiare il modo in cui Eni produce e consuma energia, cercando un ottimale bilanciamento tra “la massimizzazione dell’accesso all’energia e la lotta al cambiamento climatico”, come recita la mission di Eni. Nella stessa direzione muove il rinnovato sforzo della ricerca del MIT, che supportiamo pienamente, volto all’avanzamento tecnologico dell’energia da fusione a confinamento magnetico. Questo è diventato un obiettivo centrale della nostra collaborazione a partire dal 2018. Parliamo di una delle sfide più grandi dell’umanità che, quando l’avremo vinta, garantirà una quantità di energia illimitata ed estremamente pulita. Lo sviluppo di questa nuova fonte di energia, infatti, darà un apporto risolutivo ai problemi energetici e ambientali del mondo intero. Ciò a cui lavoriamo è replicare un processo simile alla fusione che avviene nel Sole, quando due nuclei di idrogeno, o di suoi isotopi, si avvicinano al punto che riescono a fondersi l’uno nell’altro. Si forma così un atomo di elio e parte della massa dei due atomi di idrogeno è convertita in energia. Per riprodurre la fusione sulla Terra occorre usare l’idrogeno perché il suo nucleo, costituito da un solo protone, è il più piccolo portatore di carica positiva. Per la precisione, si utilizzano due dei tre isotopi di questo elementi: deuterio (o idrogeno pesante) e trizio, con rispettivamente uno o due neutroni associati a un singolo protone nel loro nucleo. Ma nonostante l’idrogeno sia l’elemento più piccolo dell’Universo, i suoi nuclei riescono a fondersi fra loro e liberare energia solo in presenza di temperature altissime, necessarie a superare la loro repulsione elettrostatica dovuta alla carica positiva di entrambi. La fusione è l’energia primaria che alimenta tutto l’Universo, quella che viene prodotta dal Sole e dalle altre stelle. Eni continuerà dunque a promuovere la ricerca sulla fusione magnetica attraverso il MIT Laboratory For Innovations in Fusion Technologies
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