Tra il 23 e il 26 maggio 2019 si sono tenute le elezioni per il rinnovo del parlamento dell’Unione Europea. Secondo la maggior parte degli analisti e dei mezzi di informazione, l’esito delle elezioni europee avrebbe confermato che le cosiddette spinte “sovraniste” non hanno sfondato (ad esclusione della sola Gran Bretagna) e che i partiti filoeuropeisti, a partire dai popolari e dai socialisti, hanno mantenuto la maggioranza in parlamento, nonostante una perdita significativa di consensi.
Il 30 maggio 2019, Gianni Bessi, autore del saggio “Gas naturale – l’energia di domani” ed esponente politico del Partito Democratico presso l’Assemblea legislativa della regione Emilia Romagna, ha pubblicato sul portale Start Magazine un articolo di commento delle elezioni europee dal quale estrapoliamo quanto segue: “L’Unione europea non è immune da critiche, anzi: e proprio i suoi sostenitori sanno quali sono davvero le cose che non vanno. A cominciare […] da un’integrazione vera, non solo economico-finanziaria, tra gli elementi su cui si fondano le nazioni: le infrastrutture, i commerci, l’esercito, la fiscalità […], mettendo in rilievo come un’integrazione energetica europea sarebbe auspicabile. Si tratta di capire come sia possibile tradurre la volontà di costruire un network energetico europeo in azioni realistiche, senza farsi distrarre da nostalgie nazionalistiche”.
Premesso che ogni Stato membro dovrebbe avere l’obiettivo della creazione di un sistema integrato di gasdotti europei, soprattutto se ciò concerne un paese importatore netto di energia come l’Italia, siamo così sicuri che l’UE stia realmente perseguendo tale scopo, creando al contempo un argine ai rigurgiti nazionalistici? Al fine di rispondere a questa domanda, desidero suggerire al lettore una breve analisi dei principali elementi politici che si celano dietro i maggiori progetti di approvvigionamento gasiero europeo, i quali potrebbero risultare utili al fine di inquadrare correttamente il tema.
Il timore infatti è che l’Italia abbia perso l’opportunità di diventare un hub del gas nel momento in cui è stato cancellato il progetto della pipeline South Stream a causa delle fortissime pressioni esercitate dagli Stati Uniti sulla Bulgaria, ma anche in virtù della forte opposizione al progetto da parte della Commissione Europea (a differenza di quanto avvenuto per altri gasdotti, non è stata assegnata alcuna esenzione alle regole del Terzo Pacchetto Energia). La costruzione del Trans Adriatic Pipeline (TAP) – che insieme al South Caucasus Pipeline e al TANAP comporranno il Corridoio Meridionale – non renderà l’Italia un importante crocevia delle rotte energetiche. Tuttalpiù, il TAP, approvvigionandosi dai giacimenti azeri presenti nel Mar Caspio, garantirà una parziale, ma comunque importante, diversificazione dei propri fornitori.
Di converso, la Germania, grazie al gasdotto sui fondali del Mar Baltico Nord Stream e al suo raddoppio in corso d’opera da parte di Gazprom, diventerà il nuovo centro di smistamento del gas russo in Europa, a scapito anzitutto dell’Italia. Per di più, il prolungamento del gasdotto Turkish Stream – una sorta di riedizione del South Stream in formato ridotto che permetterà alla russa Gazprom di rifornire il Sud Europa con approdo extra UE (Turchia) – con ogni probabilità, prenderà la direzione dei Balcani, piuttosto che quella verso l’Italia meridionale. Nei fatti, gli interessi che sottendono la costruzione del “network energetico europeo” di cui scrive Bessi, hanno già preso forma in sfavore dell’Italia e a vantaggio della Germania. Non a caso, il 5 settembre 2018, Giuseppe Cucchi, Generale NATO in congedo e capo dei servizi segreti italiani nei governi di Massimo D’Alema e Romano Prodi, ebbe a dire: “Quanto alla Germania, basta accennare a come nel settore energetico con la mano destra blocchi la costruzione del gasdotto South Stream, che sarebbe dovuto passare per l’Italia, mentre con la sinistra propizi il raddoppio di Nord Stream, in terra tedesca”.
In conclusione, nella consapevolezza che la sicurezza nazionale di ogni Stato dipende anche dalla politica energetica, il rischio concreto è che questa UE, invece di rappresentare un argine ai nuovi rigurgiti nazionalistici, ne sia la principale causa.