Pipette da laboratorio

La chimica verde conquista l’ENEA

Nasce in Basilicata la prima piattaforma per lo sviluppo di nuove tecniche di bioraffinazione presso la quale imprese, consorzi o enti di ricerca potranno sperimentare prodotti e processi sui quali costruire nuove linee di business…

di Eni Staff
4 min di lettura
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10 milioni per la ricerca a Trisaia

ENEA ha vinto il bando lanciato dalla Regione Basilicata nell’ambito del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale. L’investimento complessivo, cofinanziato dalla Regione e dall’ENEA, di 10 milioni di euro, permetterà di rafforzare le attività di ricerca applicata avviate dalla Divisione di bioenergia e chimica verde dell’ENEA. Attraverso la piattaforma PIBE, guidata da Giacobbe Braccio, l’obiettivo è diffondere nuove tecniche di produzione di energia da fonti rinnovabili e bioprodotti, in settori innovativi e di particolare rilievo, contribuendo al processo di transizione verso un’economia decarbonizzata e basata sull’uso sostenibile delle risorse naturali.

Biolubrificanti innovativi

La piattaforma di sperimentazione, unica in Europa, sarà aperta alle imprese che operano nel settore della chimica, della trasformazione dei prodotti agricoli, dei carburanti e dei combustibili per mettere a punto nuove attività imprenditoriali che potrebbero trovare immediato riscontro anche sui mercati internazionali. In particolare, l’intenzione è sviluppare processi innovativi nella produzione di biolubrificanti, utilizzando materie prime rinnovabili e zuccheri di seconda generazione (che vengono estratti da biomassa derivata dai residui dalle attività agricole e non da coltivazioni dedicate) e ricorrendo a materiali come la lignocellulosa, ovvero a prodotti come i biocarburanti e i gas ad elevato contenuto energetico e a basso tenore di contaminanti, ad esempio biometano e syngas. Per quanto riguarda i biolubrificanti, si mirerà ad ottimizzare la resa delle attuali tecniche di produzione che utilizzano prevalentemente il girasole e la colza per produrre oli e che, miscelati in varia misura con quelli di origine fossile, vengono utilizzati in numerosi processi industriali. Trattandosi di colture di rinnovo, quelle delle oleaginose non presentano significativi impatti negativi dal punto di vista dell’uso dei suoli, ma anzi, contribuiscono a mantenere elevato il contenuto di sostanza organica dei terreni.

Generazioni di bioetanolo

Un secondo ambito di ricerca sul quale punterà la piattaforma ENEA di Trisaia è quello del bioetanolo. Il bioetanolo è attualmente prodotto attraverso la trasformazione della biomassa grazie ad alcuni lieviti: in questo modo, l’anidride carbonica emessa durante la produzione e la combustione del bioetanolo viene riassorbita dai vegetali durante la riformazione della biomassa. Si tratta del bioetanolo di prima generazione, prodotto utilizzando essenzialmente mais (soprattutto negli Stati Uniti) e canna da zucchero (in Brasile) per realizzare miscele di benzina ed etanolo per motori a scoppio. Ma la vera sfida sarà produrre bioetanolo di seconda generazione. Come? Ricavandolo dalla fermentazione del glucosio che si trova nella lignocellulosa, attraverso un processo che permette di ricavare cellulosa dalla quale, a sua volta, vengono ricavati zuccheri. Riuscire a produrre etanolo da questo materiale avrebbe ricadute molto positive sull’ambiente. Oltre ai vantaggi che deriverebbero dalla chiusura del cerchio dell’anidride carbonica, il bioetanolo di seconda generazione, infatti, non richiede coltivazioni dedicate (che sottraggono terreno alle colture destinate all’alimentazione umana o animale) come, invece, avviene per quello di prima generazione.
Il processo produttivo per il bioetanolo di seconda generazione è, però, molto più complesso perché richiede diverse fasi di preparazione prima di ricavare il glucosio dalla cellulosa e sottoporlo, in seguito, alla fermentazione da parte dei lieviti.

Biometano e syngas

Infine, per quanto riguarda il biometano ed il syngas, la piattaforma PIBE punta a sviluppare nuove e più efficienti tecniche di purificazione del biogas proveniente dalla fermentazione, in assenza di ossigeno di residui vegetali o animali (sottoprodotti e come scarti delle attività agricole e zootecniche, frazione organica dei rifiuti solidi urbani). Il biometano viene già attualmente prodotto attraverso la purificazione del biogas, il cui tasso di metano viene portato dal 50-55% ad almeno il 95%, al fine di renderlo disponibile per i consueti utilizzi termici. La produzione di syngas richiede, invece, processi più complessi sui quali la piattaforma di Trisaia scommette molto: ottenere gas di sintesi attraverso la gassificazione ad alta temperatura di materiali organici. Attualmente si utilizzano diverse tecnologie, ma nessuna di queste risulta pienamente soddisfacente per via dei residui che rimangono nel gas prodotto o dell’efficienza del processo. Un settore di ricerca, dunque, ancora da esplorare compiutamente e che potrebbe riservare importanti risultati.