Certo è un paragone estremo e sfiora il paradosso, ma aiuta a capire di che cosa stiamo parlando. La mia prima utilitaria, ereditata nel 1972 appena presa la patente, aveva un limite di velocità di 95 km/h. Oggi, la velocità massima della versione base della stessa macchina, è di 160 km/h. Tra le due vetture trascorrono esattamente 35 anni, ai quali corrisponde un incremento prestazionale nell'ordine del 68 per cento. Certo, non è sicuramente il raggiungimento di tale velocità il parametro sul quale gli ingegneri del Lingotto hanno spremuto le loro migliori risorse, ma è comunque un modo per dare un'idea del progresso conseguito. Adesso, prendiamo un computer di 35 anni fa, una macchina del 1985, come quella che mi fu messa proprio quell'anno tra le mani dall'azienda editoriale dove lavoravo: faceva cose straordinarie, che con una Lettera 32 non si poteva nemmeno immaginare: anzitutto scriveva su uno schermo e non sulla carta, si poteva cancellare tagliare e incollare e, soprattutto, mandare in tipografia un file e non un pezzo di carta scritto che un addetto doveva poi digitare nuovamente sulla tastiera di una fotocompositrice (prima ancora su una Linotype). Certo, era un personal computer, non un centro di calcolo, ma l'esempio calza ugualmente bene. Quella macchina lavorava alla incredibile velocità di 8 milioni di operazioni al secondo. Ma il computer che sto utilizzando ora, per raccontare questa breve storia di numeri e di sfrenati aumenti della capacità dei più moderni sistemi di calcolo, ha un clock di 2,5 GHz, cioè 2 miliardi e mezzo di operazioni al secondo che, moltiplicato per gli otto core custoditi nel suo processore, fa 20 miliardi di operazioni al secondo. In 35 anni il computer comunemente usato in ambito editoriale ha visto la sua potenza di calcolo moltiplicarsi di 2500 volte, senza contare la capacità di elaborazione della scheda grafica.
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