Distributore di idrogeno

Idrogeno, vettore della decarbonizzazione

Con l’aiuto della ricerca, arriveremo a imitare il Sole.

di Luca Longo
26 agosto 2020
7 min di lettura
di Luca Longo
26 agosto 2020
7 min di lettura

La contrazione delle attività industriali, dei trasporti e dei consumi durante la pandemia non ha provocato una duratura diminuzione delle emissioni: la National Oceanic and Atmosferic Administration e lo Scripps Institution of Oceanography hanno rilevato che il calo del 2020 è stato effimero, mentre nel 2021 e 2022 si registrano nuovi valori record per la concentrazione di CO2.

L’elettricità non si può conservare

Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dagli accordi di Parigi, occorre compiere una vera e propria transizione energetica. Questa richiederà il rapido sviluppo di fonti di energia rinnovabile e un altrettanto rapido abbandono dei combustibili fossili, a cominciare dal carbone. In particolare, un passaggio decisivo starebbe nella progressiva elettrificazione di macchine, motori e impianti. L’elettricità dovrà provenire però non da centrali termoelettriche che bruciano combustibili fossili –non si risolverebbe il problema– ma da fonti rinnovabili, primi fra tutti il Sole e il vento.
Purtroppo, però, non è così semplice: l’International Renewable Energy Agency stima che al 2050 più della metà dei consumi proverrà da settori che non sarà possibile elettrificare.             
È ancora irrisolto inoltre il problema dell’intermittenza delle fonti rinnovabili (di notte i pannelli solari non funzionano e in assenza di vento le pale eoliche sono ferme), in rapporto alla variabilità della domanda di energia. A differenza dei combustibili, infatti, l’elettricità non si può conservare: occorre utilizzarla nel momento stesso in cui viene generata, altrimenti è persa per sempre.                

Le batterie per accumulare l’energia prodotta

Una soluzione per accumulare l’energia verde quando è disponibile, per poi usarla quando serve, è quella delle batterie: una reazione trasforma l’energia elettrica in energia chimica, immagazzinandola nei legami fra molecole e metalli presenti nella batteria; quella inversa ritrasforma l’energia chimica in elettricità, per i momenti di bisogno. Le batterie però hanno numerosi svantaggi: usano spesso metalli rari, costosi e difficilmente reperibili, inquinano durante la loro produzione e smaltimento, sono pesanti e poco adatte ad essere utilizzate in tutti i dispositivi mobili.

Inoltre, le batterie possono essere utili per compensare oscillazioni quotidiane di domanda e offerta, come nel ciclo giorno e notte dei pannelli solari. Ma gli impianti eolici sono caratterizzati da cicli molto più lunghi e spesso stagionali: in inverno i venti sono molto intensi mentre in estate non tira un alito di vento. Per compensare questi cicli stagionali occorrerebbero grandi pacchi batterie in grado di conservare energia per mesi e bisognerebbe risolvere il problema della loro naturale autoscarica col tempo.

L’idrogeno e il suo utilizzo

L’idrogeno (H2) può essere la molecola che ci aiuterà a vincere queste sfide.   
L’elemento più abbondante di tutto l’Universo –il Sole e la Via Lattea sono fatti per tre quarti di idrogeno– è un ottimo vettore energetico in forma di gas. Un solo chilogrammo di H2 è in grado di sviluppare 142 MJ di energia, contro i 56 del gas naturale, i 45-46 di benzina, diesel o kerosene, i 30-32 del carbone e i 16 della legna. Può essere trasportato con facilità lungo gasdotti e, asso di briscola, non produce emissioni di CO2 o altri inquinanti!          
Perché dunque l’idrogeno non è ancora generalmente e globalmente utilizzato?         
Prima di tutto, per ottenerlo sul nostro pianeta abbiamo un grosso problema: anche se sulla superficie terrestre ne possiamo trovare oceani interi, tutto questo idrogeno si trova in forma ossidata: si chiama… acqua.

Per poterlo utilizzare a fini energetici dobbiamo prima “estrarlo” dalle molecole d’acqua e poi immagazzinarlo. Ecco perché, a meno che non riusciamo a procurarcelo direttamente sul Sole, dove si trova già allo stato non ossidato, l’idrogeno va considerato come un vettore per il trasporto e lo stoccaggio dell’energia e non come a una fonte energetica.

La via principale per produrlo da fonti rinnovabili è utilizzare un elettrolizzatore. In questo dispositivo, fornendo elettricità all’acqua, si smontano le molecole di H2O nei suoi componenti, idrogeno e ossigeno, trasformando l’energia elettrica in energia chimica. Se fatto funzionare al contrario, l’elettrizzatore diventa una cella a combustibile che ritrasforma l’energia chimica in energia elettrica, utilizzando le molecole H2 e O2 per produrre molecole di H2O.


Una cella a combustibile

In questo modo si riesce a immagazzinare l’energia in eccesso prodotta dalle rinnovabili invece di sprecarla: quando produciamo troppa energia rispetto alla domanda, ad esempio in un impianto a pannelli solari o in una centrale eolica, possiamo deviare l’eccesso di elettricità a un elettrolizzatore alimentato ad acqua, utilizzare o liberare l’ossigeno in atmosfera e immagazzinare l’idrogeno comprimendolo in bombole. Quando, viceversa, la domanda di energia supera la capacità di produzione da rinnovabili, possiamo far funzionare l’elettrolizzatore al contrario e trasformare di nuovo l’energia chimica in energia elettrica.
Oltre a stabilizzare la rete elettrica, l’idrogeno è impiegato come carburante per automobili, camion, persino intere navi, o anche per alimentare processi industriali che richiedono grandi quantità di energia, come le acciaierie o l’industria del silicio, rendendole in questo modo più ecocompatibili.

La ricerca, tra costi ed efficienza

Tra i vantaggi dell’idrogeno c’è inoltre l’efficienza di conversione: un’attuale cella a combustibile (che trasforma cioè l’energia chimica in energia elettrica) per un veicolo ad H2 raggiunge l’efficienza del 60%. Per un motore a benzina questa è solo del 20%; per un moderno impianto termoelettrico a carbone del 45%; ma un 10% si perde lungo la linea elettrica prima di raggiungere gli utilizzatori.

Resta un aspetto negativo: al momento il costo dell’Idrogeno è troppo alto rispetto alle tecnologie più tradizionali. Siamo però anche qui sulla buona strada: nel 2000, produrre energia bruciando petrolio, costava 40 volte meno che ottenerla usando idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Nel 2010 il rapporto è sceso a 10 e oggi l’energia da H2 green costa solo il doppio di quella da fossili.

Secondo i dati IEA 2021, produrre l'idrogeno costa tra i 0,5 e i 1,7 $/kg (pari a 0,5 e 1,7 €/kg a settembre 2022), mentre un chilogrammo di idrogeno ha l'equivalenza energetica di 3,8 kg di petrolio (pari a un gallone), che a settembre 2022 costava circa 2,14 dollari.          
La International Energy Agency prevede che nel 2030 il prezzo dell’H2 diminuirà di un ulteriore 30%, grazie all’aumento della produzione e, soprattutto, al miglioramento delle tecnologie rinnovabili e di quelle per la generazione di Idrogeno.

La ricerca e lo sviluppo non si fermano. Non rinunciamo all’idea di conservare in un barattolo un pezzettino di Sole da usare all’evenienza.