Uno dei rappresentanti locali intervistati da Report ha perfino dichiarato pubblicamente che la sua intervista è stata manipolata.
Prima di entrare nel merito delle affermazioni della trasmissione, riteniamo doveroso contestualizzare l’ambito del progetto, per spiegare in modo trasparente, chiaro e lineare come funziona.
La deforestazione è uno dei principali fattori che contribuiscono al riscaldamento globale, oltre che alla radicale riduzione della biodiversità, con impatti negativi sulle comunità locali. In molte zone del mondo, il fenomeno è legato a bisogni economici e alla mancanza di alternative. Per questo, da anni, studiosi, ricercatori e istituzioni, cercano modi per ridurlo, assicurando benefici concreti alle comunità. Uno dei più efficaci è il calcolo e la vendita dei crediti di carbonio derivati dalla protezione delle foreste.
In Zambia, il 70% del consumo energetico delle famiglie viene da legna o carbonella, utilizzate per cucinare. Nel corso degli anni, inoltre, il Paese ha perso parte del proprio patrimonio forestale per far spazio a un’agricoltura insostenibile e poco redditizia. Per questo, nel 2014, è stato avviato il progetto, a cui Eni si è unita nel 2019, che contribuisce a ridurre le cause della deforestazione e le emissioni ad essa collegate, promuovendo uno sviluppo economico sostenibile. Come? Con la costruzione di scuole, ambulatori e pozzi d’acqua in aree remote, ma anche con il supporto all’agricoltura e all’imprenditoria.
Questo progetto segue i parametri del protocollo REDD+, sviluppato dalle Nazioni Unite e sancito dalla COP16 nel 2010. Come funziona? Proteggendo le proprie foreste, le comunità locali possono generare crediti di carbonio. I proventi della loro vendita, che le comunità ricevono da organizzazioni, istituzioni e aziende, come Eni, sono poi investiti in iniziative di sviluppo locale. Di fatto sono le comunità che gestiscono in autonomia i fondi che ricevono, attraverso riunioni collegiali in cui vengono identificati i progetti e le modalità di investimento, tramite un processo di voto e quindi in modo democratico e maggioritario.
Secondo Report, il progetto è concentrato in un’area che è in gran parte un parco naturale tutelato da anni e lascia intendere che la popolazione interessata dal progetto sia molto ridotta.
L’area del progetto, che si estende per oltre 1.2 milioni di ettari in due provincie dello Zambia e che non include i parchi nazionali, coinvolge 17 comunità locali, portando benefici a circa 220.000 persone.
Pur non operando nei parchi nazionali, il progetto contribuisce a preservare i cosiddetti corridoi ecologici, ovvero zone cuscinetto tra i parchi, essenziali per lo spostamento in sicurezza, anche dal bracconaggio, di numerose specie animali, tra le quali diverse classificate a rischio come ad esempio il leopardo, il leone e il licaone
A ulteriore riprova di quanto sopra, secondo il report del programma Climate, Community & Biodiversity (CCB) Standards del 2024, il progetto ha migliorato l’integrità ecologica e la biodiversità dell’area.
Secondo Report, il progetto non emette alcun credito di carbonio, perché l’area del progetto è sovrastimata e l’iniziativa non sta realmente riducendo la deforestazione.
La quantificazione della CO2 evitata attraverso la conservazione delle foreste avviene paragonando le aree incluse nel progetto con le cosiddette aree di riferimento, ovvero delle aree esterne a quelle di progetto, ma simili per vegetazione, morfologia e densità di popolazione. Allo scopo di definire una base di confronto (la cosiddetta “baseline”), sono stati analizzati i dati relativi agli ultimi 30 anni nelle aree di riferimento. I risultati delle attività di contrasto alla deforestazione e le conseguenti emissioni di CO2 in atmosfera evitate sono calcolati confrontando il tasso di deforestazione e degrado forestale monitorati nell’area di progetto con quanto osservato nella baseline delle aree di riferimento. Allo scopo di rafforzare il confronto con l’evoluzione del contesto, e in accordo con le metodologie previste, le baseline utilizzate come punto di riferimento per misurare gli impatti positivi del progetto vengono revisionate ogni 6 anni.
Da quando è stato avviato, LCFP ha permesso di ridurre la deforestazione nell’area di progetto ad un livello significativamente più basso rispetto al tasso medio nella Eastern Province dello Zambia rilevato dagli studi predisposti dal Governo con il sostegno della Banca Mondiale per la definizione del quadro programmatico per gli interventi in ambito climatico.
I crediti, generati secondo gli schemi volontari e acquistati da Eni (8 milioni equivalenti a 8 Mton di CO2 nel periodo 2019-2024), vengono utilizzati per compensare volontariamente ed esclusivamente le proprie emissioni residue.
A ulteriore garanzia della correttezza dell’operato di Eni, la società tiene a precisare che il progetto in questione è stato validato e verificato da soggetti terzi indipendenti (auditors), certificati per svolgere tale tipo di attività. I rapporti sono disponibili per consultazione pubblica. Per garantire terziarietà e trasparenza, le verifiche periodiche su ciascun progetto (ovvero la sua conformità ai criteri di qualità e certificazione e il calcolo dei crediti da rilasciare) vengono effettuate altresì da auditors diversi da quelli che hanno validato inizialmente il progetto, prevedendo un obbligo di rotazione che impedisce allo stesso verificatore di certificare un progetto per più di sei anni consecutivi. Gli auditors autorizzati a condurre le verifiche sui progetti REDD+ devono essere accreditati in appositi registri professionali quali ad esempio l'ANSI (American National Standards Institute). Infine, gli enti di registro conducono la propria revisione dei singoli rapporti, prima di convalidare ogni verifica.
La maggior parte dei proventi della vendita dei crediti di carbonio sono allocati localmente e la gestione dei fondi è in carico ai Gruppi di Gestione Forestale delle Comunità, istituiti dalla legge dello Zambia e i cui rappresentanti sono eletti localmente dalle comunità. Il mandato di questi gruppi è quello di proteggere le foreste sul territorio. Una volta ricevuti i proventi della vendita dei crediti di carbonio, i gruppi decidono come allocarli, selezionando collegialmente le singole iniziative da sviluppare in base ai bisogni delle comunità (es. scuole, ambulatori, pozzi di acqua potabile, etc.). Sono quindi le comunità stesse a decidere, tramite votazione, come spendere i proventi. Questo meccanismo conferisce alla foresta e alla sua protezione un valore diretto e intangibile per le comunità locali.
Ad oggi, i fondi sono stati destinati a oltre 230 progetti comunitari per l’accesso all’acqua potabile, alla salute, all’educazione e alla formazione professionale, alle migliori pratiche agricole, e al microcredito. Più nel dettaglio, si contano al momento oltre 36.000 persone destinatarie dei progetti di formazione ed educazione, oltre 30 iniziative per progetti di microfinanza e 67 per infrastrutture scolastiche, nonché 27 per infrastrutture sanitarie; a queste si aggiunge la realizzazione di oltre 130 pozzi d’acqua e di iniziative di accesso all’acqua potabile, di cui beneficiano circa 27.000 persone.
È utile far notare che, a fronte dei risultati positivi del progetto, nel 2022, 5 nuove comunità si sono aggiunte alle 12 iniziali, portando il totale a 17.
Secondo Report, il progetto spreca fondi su opere e mezzi di trasporto di poca utilità e di dubbia trasparenza
I veicoli menzionati dalla trasmissione, come quello citato dal Presidente del Board della Risorse della Comunità di Luembe, sono utilizzati per monitorare l’area del progetto, valutare lo stato di avanzamento delle iniziative, rispondere a eventuali problemi con prontezza, andando sul posto. È importante spiegare che si parla di aree difficili da raggiungere, dove non esistono mezzi paragonabili agli standard occidentali, come bus o treni, per cui questi veicoli aiutano a presidiare il progetto abbattendo i tempi di percorrenza. Per raggiungere alcune delle aree dell’iniziativa, per esempio quelle dove si trovano alcune scuole o ambulatori, infatti, si possono impiegare anche più giorni di cammino.
Secondo Report, alcune delle nuove aule scolastiche nella comunità di Luembe sarebbero inutilizzate perché mancherebbero i banchi e le sedie per gli alunni
Le aule scolastiche erano già pronte al momento in cui Report è andato in onda e vengono utilizzate. Una volta completati i lavori, gli edifici scolastici devono essere consegnati alle istituzioni locali preposte alla gestione poiché si tratta di beni pubblici. Prima di effettuare la consegna ufficiale, occorre attendere l’autorizzazione, ottenuta a valle del rispetto degli standard di legge del Paese. Nel caso delle aule citate, all’epoca in cui il servizio è andato in onda, si stava ultimando la costruzione dei bagni per gli studenti, che nella vecchia scuola non esistevano. A completamento avvenuto, la scuola è stata consegnata alla comunità e al Ministero dell’Educazione in una cerimonia tenutasi il 17 novembre 2023.
Secondo Report, nell’area di Luembe non c’era molta deforestazione. Questa l’affermazione che la trasmissione lascia far intendere attraverso l’intervista del capo della comunità di Luembe, Lazarous Mulowa, peraltro citato nel sottopancia con il nome sbagliato, quello del fratello Gerard.
Le affermazioni di Report sono state fortemente contestate dal capo della comunità di Luembe che, nella lettera allegata, ha smentito con durezza, pubblicamente, quanto riportato dalla trasmissione.
Eni ha ricevuto dalla redazione di Report una serie di domande a cui ha risposto ampiamente ma che sono state ignorate nel servizio.
Eni raggiungerà nel 2050 le zero emissioni nette delle proprie attività industriali e dell’utilizzo dei propri prodotti da parte dei consumatori. I crediti di carbonio, per la compensazione delle emissioni non abbattibili con le tecnologie disponibili, rappresentano solo il 5% delle riduzioni per raggiungere tale obiettivo. I progetti sviluppati secondo lo schema REDD+ delle Nazioni Unite sono di particolare importanza in questa fase iniziale per l’elevato tasso di deforestazione e degrado forestale nel mondo. Si tratta di progetti virtuosi certificati da soggetti internazionali autorevoli e indipendenti (almeno altrettanto indipendenti quanto chi li contesta), che producono importanti ricadute positive oggettive per i territori e il contesto ambientale che li ospita.
Quale è il dettaglio del coinvolgimento di Eni nel progetto LCFP? Che volumi economici Eni intende investire nei progetti REDD+ rispetto al suo profitto lordo e quale di questa percentuale è destinata al progetto LCFP?
Nel 2019, Eni ha firmato un accordo ventennale con BioCarbon Partners (BCP), società leader nei progetti a lungo termine di conservazione delle foreste, per sostenere il Luangwa Community Forest Project (LCFP) attraverso l’acquisto dei crediti di carbonio generati, entrando contestualmente come membro attivo nella governance del progetto. Il progetto coinvolge a oggi 17 chiefdom - ovvero 17 comunità locali – e oltre 200mila beneficiari. Con la sottoscrizione dell’acquisizione di crediti di carbonio Eni assicura al progetto, con una prospettiva di lungo termine, un flusso finanziario capace di sostenere i costi di progetto e rendere disponibili le cosiddette conservation feesutilizzabili dai 17 chiefdom coinvolti per la realizzazione di progetti sociali a loro diretto beneficio. I dati economico-finanziari sono commercialmente sensibili per ragioni di concorrenza e coperti da clausole contrattuali di riservatezza; Eni, pertanto, non fa disclosure su tali dati.
Nell’ambito del progetto LCFP, quanti di questi fondi vengono canalizzati nel supporto alle popolazioni locali? I crediti acquisiti da Eni a quanto ammontano? Entrano all’interno del mercato volontario dei crediti di carbonio o sono tutti da destinare alla compensazione delle emissioni dell’azienda?
Non meno del 70% dei proventi della vendita dei crediti vengono allocati localmente. I fondi sono stati destinati, ad oggi, ad oltre 230 progetti comunitari per l’accesso all’acqua potabile, alla salute, all’educazione e alla formazione professionale, alle migliori pratiche agricole e al microcredito. I crediti, generati secondo gli schemi volontari e acquistati da Eni (1.7 milioni nel 2022), vengono utilizzati per compensare volontariamente ed esclusivamente le proprie emissioni.
Cosa significa l’ingresso di Eni nella governance del progetto LCFP in termini di responsabilità per l’azienda?
L’ingresso di Eni nella governance del progetto permette di verificare in modo diretto i piani di sviluppo locale promossi nell’ambito dell’iniziativa, monitorando l’evoluzione delle attività connesse. Inoltre, consente di portare l’esperienza di Eni nella programmazione di lungo termine e nel conseguente monitoraggio.
Secondo il Piano strategico 2021-2024, Eni prevede entro il 2050 di compensare più di 40 milioni di tonnellate (Mton) di CO2 ogni anno grazie a progetti REDD+: quanto di questa programmazione è ascrivibile agli investimenti al Luangwa Community Forests Project.
Il piano strategico 2021-2024, presentato a febbraio 2021, prevedeva un obiettivo di compensazione delle emissioni tramite progetti di Forestry pari a circa 40 milioni di tonnellate di CO2 all’anno al 2050. In realtà, dopo due edizioni, il piano strategico 2023-2026, presentato a febbraio 2023, prevede un obiettivo di compensazione delle emissioni inferiore a 25 milioni di tonnellate all’anno al 2050 tramite crediti generati da progetti non solo di forestry come riportato nella riposta 10. I crediti contrattualizzati con il progetto LCFP rappresentano circa il 12% del fabbisogno di crediti ad oggi pianificato fino al 2050.
Che tipo di due diligence è stata fatta da Eni prima di entrare nella governance e acquistare crediti di carbonio nell’ambito del progetto LCFP in Zambia?
La validazione iniziale di ciascun progetto e il relativo design, la definizione dell’area del progetto, la baseline e le altre informazioni principali dello stesso vengono verificati da soggetti terzi indipendenti (auditors) certificati per svolgere tale tipo di attività. I rapporti sono disponibili per consultazione pubblica. Per garantire terziarietà e trasparenza, le verifiche periodiche su ciascun progetto (ovvero la sua conformità ai criteri di qualità e certificazione e il calcolo dei crediti da rilasciare) vengono effettuate da auditors diversi da quelli che hanno validato inizialmente il progetto. Ad ulteriore tutela è previsto un obbligo di rotazione che impedisce allo stesso verificatore di certificare un progetto per più di cinque anni. Gli auditors autorizzati a condurre le verifiche sui progetti REDD+ devono essere accreditati in appositi registri professionali quali l'ANSI (American National Standards Institute). Gli enti di registro conducono poi la propria revisione dei singoli rapporti, prima di convalidare ogni verifica. Ciascun progetto di Eni è sottoposto alla dovuta due diligence, come previsto dal Sistema di Controllo Interno e di Gestione dei Rischi e descritto all’interno della Management System Guideline Anticorruzione pubblicata sul sito www.eni.com (“MSG Anti-Corruzione”), volta a verificare che ogni soggetto terzo che intenda instaurare un rapporto contrattuale con Eni o altre società nel perimetro di controllo di Eni rispetti i principi etici e anti-corruzione stabiliti da Eni nell’ambito della suddetta MSG e l'esistenza di potenziali fattori di rischio che devono essere presi in considerazione (c.d. Red Flag).
Confrontandoci con analisti indipendenti, appartenenti a realtà diverse, abbiamo riscontrato una sovrastima della riduzione delle emissioni generate dal progetto, a cui si aggiunge un downgrade della valutazione dello stesso operata dalla società BeZero: quali misure Eni ha adottato in merito a queste osservazioni?
Si rimanda ai punti precedenti, che dettagliano il meccanismo di validazione di ciascun progetto, sottoposti a processi di audit, esterni e autorevoli, opportunamente rendicontati nei registri. Ricordiamo che la validazione e la certificazione dei progetti si basano su criteri scientifici e su dati di dettaglio e su campionamenti effettuati sull’area di progetto non meno attendibili rispetto ad altre valutazioni puramente teoriche.
Uno dei motivi che ha portato a una sovrastima della CO2 non immessa in atmosfera risiederebbe nell'area di riferimento per la stima molto diversa rispetto all'area del progetto (diversa altitudine, densità di popolazione, tipologia di foresta). È un elemento attenzionato da Eni? Che tipo di controllo viene fatto dall’azienda sulle basi e sullo stato di avanzamento del progetto?
I progetti vengono valutati accuratamente confrontando l’evoluzione del tasso di deforestazione rispetto all’andamento di un’area di riferimento, la cosiddetta “baseline”. La definizione della baseline di riferimento dei progetti non viene fatta solo su base teorica ma attraverso campionamenti sul campo e definendo le aree di progetto in maniera dettagliata e prendendo in considerazione molteplici fattori locali. Il design dei progetti è soggetto a controllo da parte di verificatori indipendenti e successivamente validato dall’Ente di Registro. Tra gli elementi certificati vi è anche il meccanismo di condivisione dei benefici con le istanze locali (il benefit sharing mechanism), il meccanismo di consultazione delle comunità e il loro consenso informato Free, Prior, and Informed Consent (FPIC). Come menzionato nella quinta risposta, per garantire terzietà e trasparenza le verifiche periodiche su ciascun progetto (la sua conformità ai criteri di qualità e certificazione e il calcolo dei crediti da rilasciare) vengono effettuate da auditors diversi da quelli che hanno validato inizialmente il progetto.
Abbiamo verificato nelle aree interessate come le popolazioni non siano del tutto coinvolte nel progetto o ricevano solo parte dei benefici che un progetto del genere prevede: come Eni valuta questo elemento?
Uno degli elementi chiave del progetto è proprio il coinvolgimento delle comunità attraverso i Community Forest Management Groups, gruppi eletti localmente, che allocano i proventi della vendita dei crediti di carbonio in progetti di sviluppo locale, conferendo alla foresta e alla sua protezione un valore diretto e tangibile per le popolazioni locali. La partecipazione diretta delle popolazioni locali alla tutela delle foreste tramite le alternative di sviluppo locale proposte dal progetto permette di dare sostenibilità e continuità alle iniziative. Come riportato alla risposta 2, non meno del 70% dei proventi della vendita dei crediti vengono allocati localmente. I flussi finanziari hanno permesso alle comunità di sviluppare iniziative per l’accesso all’acqua potabile, alla salute, all’educazione e alla formazione professionale, alle migliori pratiche agricole e al microcredito. Secondo i dati comunicati da Biocarbon Partners, verificabili online sul loro sito, il progetto ha contribuito a incrementare il reddito medio familiare di più del 200% tra il 2016 al 2022. Proprio a fronte dei risultati positivi del progetto, nel 2022, 5 nuovi chiefdoms si sono aggiunti ai 12 che hanno inizialmente aderito a LCFP.
Abbiamo verificato nelle aree interessate come siano ancora possibili, nonostante il percorso in essere, alcune attività turistiche di safari e caccia. Come Eni valuta questa scelta?
Il taglio illegale della legna e il bracconaggio sono vietati per legge, il progetto non impone nell’area di progetto limitazioni all’accesso o all’utilizzo dei prodotti non legnosi, i cosiddetti “non-timber forest products (NTFPs). Il progetto fornisce tuttavia un importante contributo, oltre alla lotta contro il cambiamento climatico e al contributo significativo allo sviluppo e alla resilienza delle comunità tra le più vulnerabili del Paese anche alla tutela degli ecosistemi e dei servizi ecosistemici collegati e alla protezione della biodiversità. Il progetto, infatti, preserva, in aree complementari a parchi e riserve, corridoi ecologici essenziali per numerose specie tra le quali, ad esempio, il licaone, il pangolino di Temminck, il leopardo e il leone incluse alcune presenti nella Red List IUCN. Secondo il report di CCB Standards, il progetto ha migliorato l’integrità ecologica e la biodiversità dell’area. I sondaggi condotti dagli stakeholder locali mostrano che la biodiversità, nel corridoio di fauna selvatica che connette i cinque parchi nazionali e che l’iniziativa mira a preservare, si è mantenuta su livelli stabili. Nell’area di Munyamadzi, inoltre, la fauna selvatica è stata incrementata, secondo il monitoraggio regolare effettuato dall’inizio del progetto.
I progetti REDD+ (Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation in developing countries) rivestono un ruolo importante nel piano di decarbonizzazione e nella comunicazione di Eni. Quali sono le progettualità avviate e a che punto si trova ciascun investimento? Quanti di questi progetti vedono ufficialmente Eni coinvolta nei progetti di deforestazione forestale (per esempio Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, Ministero della transizione ecologica - MiTE).
Chiediamo chiarimenti alla redazione su questa domanda, che cita il MITE, non più esistente con tale nome, e il programma delle Nazioni Unite, che potrebbe o non potrebbe essere il cosiddetto REDD+.
L’obiettivo zero emissioni nette al 2050 di Eni verrà raggiunto, per il 95%, attraverso un ventaglio di soluzioni individuate per decarbonizzare le proprie attività e operazioni. L’azienda ha adottato un approccio olistico che fa perno su efficientamento energetico, tecnologie all’avanguardia e sullo sviluppo dei business esistenti, come quello delle rinnovabili, della bioraffinazione e della mobilità sostenibile, ulteriormente rilanciati con la creazione delle due società dedicate Plenitude ed Eni Sustainable Mobility. I progetti di compensazione delle emissioni, i cosiddetti “carbon offset” contribuiscono solo per il 5% al raggiungimento dell’obiettivo di zero emissioni nette al 2050. Nel breve periodo la protezione delle foreste è - come rilevato da Nazioni Unite, Unione Europea e Banca Mondiale[1]- uno degli strumenti più efficaci e immediatamente utilizzabili per contenere il livello di CO2 nell'atmosfera, considerando che ogni anno la deforestazione causa emissioni per quasi 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (secondo Global Forest Watch). Per questo motivo Eni ha deciso di avviare il proprio piano di compensazioni attraverso progetti di protezione delle foreste secondo lo schema Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation (REDD+) delle Nazioni Unite e validati secondo gli standard internazionali più elevati per la certificazione non solo della riduzione delle emissioni di carbonio ma anche dell’ottenimento di risultati socio-ambientali positivi. Progressivamente Eni prevede di compensare le proprie emissioni residue facendo leva su soluzioni basate sulla natura, le cosiddette “Natural Climate Solutions” e su Progetti Tecnologici, con l’obiettivo di massimizzare nel tempo la componente di rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera, la cosiddetta “carbon removal”. Eni sostiene iniziative di Carbon Offset in Messico, Malawi, Costa D’Avorio e Tanzania e sta valutando progetti in diversi Paesi tra i quali Ghana, Mozambico, Vietnam e Angola.
Quale tipologia di controlli porta a termine Eni per verificare in maniera indipendente l’integrità ambientale dei progetti REDD+ da cui acquista crediti di carbonio o con cui collabora in alcun modo?
Vedere punti precedenti.
Stando ai dati pubblicati da Greenpeace UK, le compagnie Eni e l’International Airlines Group - prese a campione perché entrambe hanno dichiarato i loro obiettivi di compensazione forestale - avrebbero bisogno del 12% del totale delle foreste disponibile al mondo per mantenere le loro promesse climatiche. Come Eni commenta questo tipo di valutazione?
Questa affermazione non appare corretta. Innanzitutto, è necessario ricordare che la compensazione delle emissioni residue rappresenta solo il 5% delle azioni per il raggiungimento delle zero emissioni nette nel 2050. Inoltre, è importante sottolineare, come già indicato nella risposta 10, che la protezione delle foreste rappresenta una leva essenziale nel breve periodo per il contrasto al cambiamento climatico e che la strategia Eni per la neutralità carbonica al 2050 prevede una progressiva riduzione dei crediti da progetti REDD+ e una progressiva massimizzazione di crediti da su soluzioni basate sulla natura, le cosiddette “Natural Climate Solutions” e su Progetti Tecnologici, con l’obiettivo di massimizzare progressivamente la componente di rimozione dell’anidride carbonica dall’atmosfera, la cosiddetta “carbon removal”. Non abbiamo contezza dei dati relativi all’International Airlines Group ma per quanto concerne i piani di Eni la stima presentata, anche se fosse riferita alle sole foreste primarie e secondarie alle quali è applicabile il programma REDD+ definito dalle Nazioni Unite (solo una parte delle foreste mondiali), è sovrastimata per un ordine di grandezza.