Tra i tradizionali valori di Eni, parte fondamentale della mission aziendale è il contributo alla creazione di valore di lungo termine nei Paesi di presenza che si estrinseca anche nel corretto e puntuale adempimento degli obblighi fiscali in conformità non solo alla lettera, ma anche allo spirito delle diverse legislazioni fiscali delle giurisdizioni in cui opera il Gruppo.
Per assicurare la coerenza tra i valori cui si ispira la mission aziendale e le scelte di gestione fiscale, il Consiglio di Amministrazione ha approvato nel maggio del 2018 un documento che riassume le linee guida di Eni in ambito fiscale (Tax Strategy), pubblicato sul sito aziendale, che rifiuta scelte di politica fiscale aggressiva fra le quali anche la localizzazione di legal entities nei cosiddetti paradisi fiscali. È stato altresì istituito il Tax Control Framework, un sistema di controllo specifico del rischio fiscale di cui è responsabile il Chief Financial Officer, per la verifica della coerenza tra le scelte di gestione fiscale e la strategia approvata dal Consiglio. Lo stesso documento ha previsto la pubblicazione del Country by Country Report che siamo lieti di rilevare ha ottenuto la Vostra approvazione.
Con riferimento alle tematiche da Voi affrontate, di seguito la sintesi degli aspetti più avanti esaminati in dettaglio:
a) Presenza di Eni nei Paradisi Fiscali: dal Country by Country Report del 2018 emerge che delle 187 società controllate da Eni solo 10 risultano localizzate in Stati o territori definibili secondo la legislazione fiscale italiana “a regime fiscale privilegiato” e quindi in sintesi paradisi fiscali. Di queste 10 società solo 6 nel 2018, ridottesi a 5 nel 2019, erano soggette alla normativa italiana sulle Controlled Foreign Companies (CFC) che prevede la tassazione in Italia delle controllate localizzate nelle “low tax jurisdiction” in quanto le altre 4 sono state escluse dalla normativa CFC sulla base di interpelli ottenuti dall’Amministrazione Finanziaria Italiana che ha escluso ogni vantaggio fiscale connesso all’uso di tali società. Delle cinque società residue solo una la Trans Mediterrean Pipeline Company Limited di Jersey (posseduta però solo al 50% da Eni) ha generato un utile ante imposta positivo per Euro 7,3 milioni in quota Eni nel 2018. Delle altre quattro società tre sono inattive ed una in fase esplorativa: pertanto tutte prive di reddito imponibile. A fronte di un utile consolidato ante imposte di Gruppo pari a 10.107 milioni il contributo delle società soggette alla normativa italiana CFC è pari solo allo 0,072%. Percentuale simile, lo 0,088% era quella del 2017.
Nella sostanza una unica società soggetta alla normativa CFC (non controllata, ma partecipata al 50%) su 187 che genera reddito in un paradiso fiscale, peraltro interamente tassata in Italia.
Si consideri inoltre che il Tax Rate consolidato di Eni è pari al 59,1% nel 2018 e al 50,7% nel 2017, ben più alto dell’aliquota ordinaria del 24% relativa all’imposta sui redditi delle società (IRES) italiana.
Pertanto l’affermazione secondo cui “Eni fa ricorso estensivo a Paesi con fiscalità agevolata” non trova riscontro oggettivo.