eni fao pozzi nigeria

Eni for, molto più di un report

Cristina Saporetti e Matilde Garavini spiegano l’importanza del rapporto annuale sulle attività di sostenibilità del Cane a Sei Zampe.

di Davide Perillo
29 luglio 2021
12 min di lettura
di Davide Perillo
29 luglio 2021
12 min di lettura

Si può andare in ordine partendo da pagina 2, da quel messaggio agli stakeholder in cui Claudio Descalzi, amministratore delegato, descrive “un anno che non dimenticheremo facilmente”, perché “la pandemia globale ha evidenziato la vulnerabilità̀ dei modelli di sviluppo”, e vedere man mano, un capitolo dopo l’altro, che cosa ha voluto dire per un’azienda come Eni questo 2020 così imprevedibile e sfidante. Oppure, si può sfogliarlo in cerca delle spigolature che affiorano, magari, tra le foto di una foresta alluvionale in Congo e un grafico che descrive come la sostenibilità sia integrata nel business. Notizie che restano minori solo finché non provi per un attimo a metterti nei panni di chi ne è protagonista.

I bambini che hanno ricevuto quaderni e lavagne nello Stato messicano del Tabasco, le donne capaci di trovare lavoro grazie al programma Halo Trust e la bonifica dei terreni minati in Angola, gli imprenditori in erba del Kenya, che stanno avviando la loro start-up aiutati da Fondazione E4Impact e Università Cattolica. Oppure, ancora, si possono guardare meglio mappe e tabelle, e fermarsi a riflettere sui numeri, che possono sembrare più freddi, ma anche quelli hanno dietro volti e persone. E possono dirci tanto di un cambiamento in corso. Che si tratti dei 96,1 milioni di euro investiti per lo sviluppo locale, o dell’1,04 milioni di ore di formazione erogate.

Del 91% di acque dolci rimesso in circolo dopo i lavori per evitare gli sprechi, o delle 222.708 registrazioni a “iniziative di promozione della salute”, frontiera caldissima nell’anno della pandemia. Ecco, comunque lo si voglia leggere, Eni for 2020 - Just transition, il rapporto che racconta la sostenibilità vista e vissuta dal Cane a Sei Zampe nell’anno passato. Un piccolo catalogo che descrive le attività di Eni nei molti Paesi in cui è presente, oltre che un mappamondo tascabile. Tre volumi ricchi di tabelle, grafici, ma anche di storie, interviste, immagini… Di vita, insomma. Quella che serve a capire meglio il percorso di un’azienda che a questo tema è sempre più sensibile. Tanto da investire parecchio su lavori che vanno oltre i classici bilanci richiesti dalla legge. 

“Quello del 2020 è il quindicesimo report, quindi è un bel po’ che portiamo avanti la cosiddetta reportistica volontaria”, spiega Cristina Saporetti, Head of Sustainability Reporting. La sostenibilità obbligatoria per legge, ossia la Dichiarazione di carattere Non Finanziario, è inserita nel bilancio aziendale: ma Eni for è un documento diverso: “Punta sul racconto, anche per immagini. Approfondisce il tema in maniera più coinvolgente”. E non si rivolge solo a un pubblico di analisti finanziari e investitori: “Parliamo ai governi, agli organismi internazionali, ai partner potenziali dei progetti”, spiega Matilde Garavini, che affianca Saporetti nel team che produce il rapporto. “E lo facciamo con un taglio strategico. Non lo chiamiamo bilancio di sostenibilità perché bilancio è una parola che sembra riferita al passato. Noi vogliamo spiegare il percorso che stiamo compiendo e che ci attende: target, strategia, come ci stiamo muovendo e perché”.

E il percorso, qui, scorre su tre binari, quelli che Saporetti chiama le tre leve del modello di business: "Anzitutto l’eccellenza operativa. Trasversale e applicata a ogni aspetto del lavoro di Eni: dall’attenzione alla sicurezza, alla tutela dei diritti umani, all’inclusione, al rispetto dell’ambiente e alla trasparenza e integrità del business. Poi la neutralità carbonica: l’azienda si è data l’obiettivo di raggiungerla entro il 2050 e noi raccontiamo i progressi passo per passo. Infine, le alleanze per lo sviluppo, la capacità di fare rete con partner di ogni tipo: governi, istituzioni internazionali, ONG, realtà locali. Tutto quello che serve a far crescere assieme a noi i Paesi dove operiamo. Ma oltre a queste due leve, per noi assume un ruolo estremamente importante anche quella delle alleanze per lo sviluppo. Eni for lo racconta in maniera dettagliata”.

D: Perché?

R: “Lavorando in un Paese, individuiamo gli interventi necessari per rispondere alle esigenze delle comunità e a gettare le basi per l’avvio di nuove opportunità di sviluppo per il Paese e per le attività di business di Eni. I progetti e i piani di intervento si decidono assieme alle realtà locali, valutando l’impatto sulla vita delle persone, i loro diritti, le esigenze degli stakeholder di riferimento e via dicendo. È un modo di fare che caratterizza Eni da sempre, dai tempi di Enrico Mattei. Ecco, il report segue quella scia, mettendo a fattor comune risorse non solo economiche, ma anche in termini di know-how ed esperienza, contribuiamo al miglioramento delle iniziative identificate e al raggiungimento degli SDG”.

Le storie non mancano, la galassia Eni è abbastanza larga da produrne a getto continuo. “Partiamo con lo scouting delle notizie uscite man mano sul sito, per vedere su quali realtà puntare”, dice Saporetti. Poi inizia il dialogo a tutto campo con esponenti dei vari Paesi e delle diverse funzioni aziendali per stabilire le priorità. “Il report è un prodotto di Eni, dell’insieme dell’azienda, non solo nostro”.

Il risultato, appunto, è un dossier (affiancato da altri due documenti sulla neutralità carbonica e sulle performance di sostenibilità) in cui si raccontano i progressi dell’attività dell’anno e di quella avviata nel tempo e destinata a generare sviluppo in Paesi dove Eni opera da anni. Un esempio per tutti? I pozzi d’acqua scavati in Nigeria per la popolazione del Nord-Ovest, afflitta dalla crisi idrica del lago Ciad che si somma alla piaga dei jihadisti di Boko Haram. Ma anche la risposta all’emergenza in cui siamo immersi tutti, senza confini, da un anno e mezzo.

D: Il Covid, ovviamente, è tra i protagonisti del report 2020, e non solo perché affiora in numeri che mettono i brividi (lo sapevate che la pandemia ha ributtato indietro la lotta alla povertà di 8-10 anni nei 70 Paesi più poveri, o che 463 milioni di studenti sono rimasti completamente tagliati fuori dalla scuola?).

R: “Nel documento di quest’anno siamo partiti da lì”, dice Garavini: “Il modo in cui l’azienda ha reagito all’emergenza è una specie di fil rouge. Affrontato sia con focus specifici, come quelli sugli investimenti fatti per supportare le comunità, che con temi più trasversali, come l’adozione dello smartworking, l’impatto sulla formazione, o l’uso che è stato fatto dell’HPC5, il supercomputer aziendale, per studiare il virus”. Un percorso parallelo fatto, anche qui, di numeri e racconti: dai 35 milioni stanziati per la lotta al Covid, ai 600mila euro raccolti dai dipendenti per la Croce Rossa, all’intervista al professor Rocco Bellantone, medico del Gemelli di Roma (tra gli ospedali aiutati da Eni). “Ma mi ha colpito che non fossero solo progetti sulla salute”, aggiunge Saporetti: “Raccontiamo anche campagne di sensibilizzazione sull’acqua pulita, sull’importanza di lavarsi le mani, sui programmi di supporto nelle scuole… È una cosa a cui non avrei pensato all’inizio, e invece abbiamo fatto anche questo”. E lo trovi in notizie che spaziano dalla fornitura di attrezzature per la terapia intensiva in Angola, ai pc per la didattica a distanza in Iraq; dai ventilatori donati al Messico, alle forniture per gli ospedali kazaki.

D: Eni for include mappe e tabelle con le icone dei 17 SDGs, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030 dell’ONU.

R: “Per noi sono un altro punto di riferimento decisivo”, dice Saporetti. Servono a orientare le iniziative, per fare in modo di avere l’impatto migliore possibile sulla vita delle persone e sull’ambiente, sui diritti e sull’economia locale. Utili anche a rendersi conto che un progetto per scavare pozzi idrici in una zona rurale di un Paese africano, per esempio, non aiuta solo a fornire acqua potabile (SDG numero 6), ma anche a migliorare la vita delle donne e quindi la parità di genere (obiettivo 5), la salute (obiettivo 3), la lotta alla fame (SDG numero 2). “Nel report, oltre a indicare come i singoli progetti sono collegati a uno o più SDG, cerchiamo anche di sistematizzare le informazioni sugli Obiettivi, di monitorare i progressi”, aggiunge Garavini.

D: Ma qual è l’aspetto più difficile del raccontare l’azienda in chiave meno istituzionale?

R: “La sintesi”, sorride Saporetti: “Siamo una realtà enorme, potremmo riempire migliaia di pagine. Creare un documento completo ma non pesante, qualcosa di fresco che stimoli l’interesse di chi legge, non è semplice… Poi, la complessità. Un anno dopo l’altro, ci sono sempre più persone e funzioni coinvolte nella redazione: dobbiamo collegarci con tutti, sia a livello centrale che nei Paesi di presenza, per raccontare al meglio quello che Eni fa”.

D: L’altra faccia della stessa medaglia, però, è la possibilità di una visione globale.

R: “È il bello del nostro lavoro. Per redigere un report così, devi aver presente bene quali passi si stanno facendo in tutti i campi. Quest’anno, per la prima volta, abbiamo inserito temi come la finanza sostenibile, o la cybersecurity”. Oppure, si sono aperte prospettive diverse su temi noti. “L’HPC5, per esempio”, dice Garavini: “Ne abbiamo sempre parlato come di un fiore all’occhiello di Eni. Ed è giusto, perché è un supercalcolatore capace di miliardi di operazioni al secondo ed è un unicum per un’azienda. Ma la narrazione ruotava in gran parte intorno a quella straordinaria potenza di calcolo. Quest’anno, durante l’emergenza sanitaria, abbiamo potuto raccontare più concretamente cosa può fare uno strumento del genere: il supercalcolo, applicato alla biologia molecolare, è stato usato per aiutare la ricerca sul virus, e nel report spieghiamo come”.

D: Spiega tante altre cose, Eni for.

R: “C’è dentro un patrimonio di fatti che serve per rispondere a tante domande specifiche dei nostri stakeholder: gli investitori, gli analisti, interlocutori esterni… È un modo per avere sottomano un quadro di insieme. E per far nascere idee”.

D: Dal vostro osservatorio, come è cambiata la sensibilità su questi temi? Non nelle strategie generali, ma nel sentire comune, nella vita quotidiana dell’azienda…

R: “È cresciuta, decisamente”, dice Saporetti: “Eni si sta trasformando in ogni aspetto per giocare un ruolo di leader nella Just transition e per fare questo percorso sono necessarie strategie chiare, che partono da ogni unità aziendale, non solo quella di sostenibilità”. E un altro segno, aggiunge Garavini, “È che lo scambio aumenta anche nel senso opposto: ci sono sempre più spesso unità aziendali che ci contattano per dire ‘abbiamo questo progetto, si potrebbe raccontare’“. Magari nel prossimo report…

L'autore: Davide Perillo

Giornalista, attualmente si occupa di sostenibilità, temi sociali e Terzo Settore. Ha diretto per 13 anni la rivista Tracce. Membro della redazione del Meeting di Rimini (evento internazionale per il quale ha curato numerosi incontri), è stato caporedattore a Sette, magazine del Corriere della Sera, e ha seguito l’economia per L’Europeo. È laureato in Filosofia e ha un master in Giornalismo.