Si può andare in ordine partendo da pagina 2, da quel messaggio agli stakeholder in cui Claudio Descalzi, amministratore delegato, descrive “un anno che non dimenticheremo facilmente”, perché “la pandemia globale ha evidenziato la vulnerabilità̀ dei modelli di sviluppo”, e vedere man mano, un capitolo dopo l’altro, che cosa ha voluto dire per un’azienda come Eni questo 2020 così imprevedibile e sfidante. Oppure, si può sfogliarlo in cerca delle spigolature che affiorano, magari, tra le foto di una foresta alluvionale in Congo e un grafico che descrive come la sostenibilità sia integrata nel business. Notizie che restano minori solo finché non provi per un attimo a metterti nei panni di chi ne è protagonista.
I bambini che hanno ricevuto quaderni e lavagne nello Stato messicano del Tabasco, le donne capaci di trovare lavoro grazie al programma Halo Trust e la bonifica dei terreni minati in Angola, gli imprenditori in erba del Kenya, che stanno avviando la loro start-up aiutati da Fondazione E4Impact e Università Cattolica. Oppure, ancora, si possono guardare meglio mappe e tabelle, e fermarsi a riflettere sui numeri, che possono sembrare più freddi, ma anche quelli hanno dietro volti e persone. E possono dirci tanto di un cambiamento in corso. Che si tratti dei 96,1 milioni di euro investiti per lo sviluppo locale, o dell’1,04 milioni di ore di formazione erogate.
Del 91% di acque dolci rimesso in circolo dopo i lavori per evitare gli sprechi, o delle 222.708 registrazioni a “iniziative di promozione della salute”, frontiera caldissima nell’anno della pandemia. Ecco, comunque lo si voglia leggere, Eni for 2020 - Just transition, il rapporto che racconta la sostenibilità vista e vissuta dal Cane a Sei Zampe nell’anno passato. Un piccolo catalogo che descrive le attività di Eni nei molti Paesi in cui è presente, oltre che un mappamondo tascabile. Tre volumi ricchi di tabelle, grafici, ma anche di storie, interviste, immagini… Di vita, insomma. Quella che serve a capire meglio il percorso di un’azienda che a questo tema è sempre più sensibile. Tanto da investire parecchio su lavori che vanno oltre i classici bilanci richiesti dalla legge.
“Quello del 2020 è il quindicesimo report, quindi è un bel po’ che portiamo avanti la cosiddetta reportistica volontaria”, spiega Cristina Saporetti, Head of Sustainability Reporting. La sostenibilità obbligatoria per legge, ossia la Dichiarazione di carattere Non Finanziario, è inserita nel bilancio aziendale: ma Eni for è un documento diverso: “Punta sul racconto, anche per immagini. Approfondisce il tema in maniera più coinvolgente”. E non si rivolge solo a un pubblico di analisti finanziari e investitori: “Parliamo ai governi, agli organismi internazionali, ai partner potenziali dei progetti”, spiega Matilde Garavini, che affianca Saporetti nel team che produce il rapporto. “E lo facciamo con un taglio strategico. Non lo chiamiamo bilancio di sostenibilità perché bilancio è una parola che sembra riferita al passato. Noi vogliamo spiegare il percorso che stiamo compiendo e che ci attende: target, strategia, come ci stiamo muovendo e perché”.
E il percorso, qui, scorre su tre binari, quelli che Saporetti chiama le tre leve del modello di business: "Anzitutto l’eccellenza operativa. Trasversale e applicata a ogni aspetto del lavoro di Eni: dall’attenzione alla sicurezza, alla tutela dei diritti umani, all’inclusione, al rispetto dell’ambiente e alla trasparenza e integrità del business. Poi la neutralità carbonica: l’azienda si è data l’obiettivo di raggiungerla entro il 2050 e noi raccontiamo i progressi passo per passo. Infine, le alleanze per lo sviluppo, la capacità di fare rete con partner di ogni tipo: governi, istituzioni internazionali, ONG, realtà locali. Tutto quello che serve a far crescere assieme a noi i Paesi dove operiamo. Ma oltre a queste due leve, per noi assume un ruolo estremamente importante anche quella delle alleanze per lo sviluppo. Eni for lo racconta in maniera dettagliata”.