Il ruolo delle emissioni negative

Il ruolo delle “emissioni negative”

Sono quelle sottratte dall’aria grazie all’uso delle tecniche, naturali o artificiali, della Carbon Dioxide Removal. Così si riduce l’intensità dell’effetto serra.

di Giuseppe Sammarco
22 marzo 2021
6 min di lettura
di Giuseppe Sammarco
22 marzo 2021
6 min di lettura

La CDr Carbon Dioxide removal, ovvero la tecnologia che permette di togliere l’anidride carbonica dall’atmosfera una volta che è stata prodotta ed emessa in aria, fa parte di un gruppo più ampio di interventi conosciuto con il termine di “ingegneria climatica” (climate engineering o anche geo-engineering). Per poterne parlare e comprendere le logiche di funzionamento, è necessario approfondire la conoscenza del sistema climatico terrestre e delle variabili che lo determinano. Il motore primo del clima della terra è il sole. Ogni giorno la terra riceve dal sole un enorme quantità di energia in forma di luce (radiazioni a onde lunghe): parte di questa energia è direttamente riflessa dall’atmosfera (fenomeno chiamato albedo atmosferica) o dalla superficie terrestre (albedo della superficie terrestre) e ritorna nello spazio. Un’altra parte, invece, raggiunge e riscalda suolo, acqua e aria, per essere poi riemessa in forma di calore (radiazione ad onde corte). Grazie alla presenza di alcuni gas (detti gas serra) presenti in atmosfera, parte di questo calore riflesso è trattenuto (effetto serra) consentendo alla terra di riscaldarsi. In sostanza, solamente una parte di tutto il calore presente sulla terra (ossia quello ricevuto nell’anno e quello accumulato negli anni precedenti) riesce a raggiungere lo spazio al di fuori dell’atmosfera, disperdendosi.

Il bilancio energetico della Terra

Nel periodo temporale di un anno, il saldo tra l’energia che entra nel sistema terrestre (in forma di luce solare) e l’energia che ne esce (in forma di calore riflesso) è detto bilancio energetico annuale della terra: se è positivo, entra più energia di quanta esce e la terra si riscalda; se è negativo accade l’opposto e la terra si raffredda; infine, se è pari a zero (ovvero in equilibrio), la temperatura è stabile. Sono molte le cause di origine naturale che possono far variare questo complesso bilancio e la temperatura nel corso dei millenni, e di recente si è aggiunto anche l’uomo con le proprie emissioni di gas serra. A sua volta il livello medio di temperatura della terra è fondamentale per determinare il clima terrestre: infatti, una sua variazione modifica il complesso e continuo scambio di energia e materia tra aria, acqua e suolo cambiando, infine, in modo stabile (e non occasionalmente) il valore medio dei numerosi indicatori del clima (piovosità, ventosità, umidità, intensità e numerosità degli eventi estremi, ondate di calore, la stessa temperatura e molti altri) che contribuiscono a definirlo. Ovviamente, se nel lungo periodo il bilancio energetico della terra è pari a zero (ovvero in equilibrio), la temperatura terreste si stabilizza e anche il clima non varia nel tempo (ricordatevi sempre che stiamo parlando del clima, ovvero di valori medi misurati su periodi pluridecennali, e non delle condizioni metereologiche, che invece possono variare di giorno in giorno e di stagione in stagione). 

L’incidenza dell’effetto serra

Le variabili che possono far mutare il bilancio energetico terrestre sono molte. Le tre più importanti le abbiamo viste: l’albedo atmosferica e della superficie terrestre e l’effetto serra (determinato dal livello di concentrazione dei gas serra nell’atmosfera). Nel corso dei passati decenni, la concentrazione dei gas serra è progressivamente aumentata a causa delle emissioni generate dalle attività umane. Questo fenomeno ha potenziato l’effetto serra rispetto a quello dell’epoca preindustriale e, di conseguenza, il bilancio energetico della terra è diventato positivo e la temperatura si è innalzata. Per riportare il bilancio in equilibrio e contrastare il riscaldamento globale in atto è possibile non solo intervenire sulla causa principale (riducendo e azzerando le emissioni dell’uomo) ma anche prendere misure in grado di modificare le caratteristiche dei diversi elementi che determinano questo bilancio, provocando un impatto sul saldo energetico della terra di segno opposto (ovvero negativo) a quello innescato dalle emissioni antropogeniche di gas serra (di segno positivo). Questa tipologia di interventi ricade nel campo dell’ingegneria del clima e si suddivide in due grandi categorie: la rimozione dell’anidride carbonica presente in atmosfera (la CDr) e l’avveniristica (e alquanto controversa) gestione della radiazione solare (Solar radiation management, Srm). Come dice il nome, l’obiettivo degli interventi di CDr è rimuovere dall’atmosfera - con tecniche naturali o artificiali - parte dell’anidride carbonica contenuta ed emessa, nel corso degli anni, dalle attività umane. In questo modo, si riduce il suo livello di concentrazione nell’aria e, di conseguenza, l’intensità dell’effetto serra, a beneficio del contenimento del fenomeno del riscaldamento globale. 

Come togliere l’anidride carbonica dall’atmosfera

Le tecniche classificate con il nome di CDr sono numerose: si spazia dalla afforestazione e riforestazione (che utilizzano l’abilità naturale delle piante di catturare e immagazzinare la CO2), agli interventi che sfruttano la capacità degli oceani o del suolo di fissare l’anidride carbonica atmosferica trasformandola in composti del carbonio, fino ad arrivare a sofisticate “macchine” costruite dall’uomo che filtrano enormi quantità di aria e sono in grado di separare e trattenere la CO2 per poi stoccarla o utilizzarla. Il flusso di anidride carbonica sottratta dall’aria grazie all’uso di queste tecniche è spesso identificato con il nome di “emissioni negative”, proprio perché anziché immettere nuovo gas in atmosfera lo tolgono. Il grande vantaggio degli interventi che generano emissioni negative è che tolgono l’anidride carbonica emessa in passato o compensano quelle emissioni attuali che non sono facilmente eliminabili. La CDr, dunque, è uno strumento che consente un maggiore grado di flessibilità nel percorso di transizione energetica e – indipendentemente da questo – può contribuire in modo efficace all’obiettivo di decarbonizzazione. Per questo motivo inizia a destare grande attenzione, anche se – come tutti gli altri strumenti – presenta vantaggi e svantaggi. 

 

L'autore: Giuseppe Sammarco

Natural Resources Studies & Analysis, Direzione Generale Natural Resources Eni