Dai “ragazzi di Monte Alpi” alla nascita del Distretto nel polo dell’onshore più importante d’Italia. Ricordando la sfida del 2008, quando l’Eni decise di portare la direzione di tutto il sud Italia in Basilicata.
Il Distretto Meridionale (DIME) di eni compie 15 anni. Istituito a Viggiano a fine 2008 festeggerà, proprio nell’anniversario dei 70 anni dalla nascita dell’Eni, i suoi primi 15 anni di attività. Una data che per la Basilicata non può passare inosservata e che “Orizzonti” intende ricordare, a partire dalle sue origini, anche attraverso le testimonianze di alcuni dei protagonisti che hanno visto il Distretto lucano nascere e svilupparsi.
«Avevo 25 anni quando sono stato assunto in Eni. Eravamo in cinque, ci chiamavano ‘i ragazzi di Monte Alpi’» ricorda Antonio Notarfrancesco, 53 anni, di Paterno, attualmente coordinatore Pianificazione e Reporting di Produzione al DIME. «Da allora sono passati 28 anni. Siamo stati i pionieri dell’attività estrattiva in Val d’Agri, quando si lavorava in container ubicati accanto ai cantieri». Il pensiero torna indietro nel tempo e con un pizzico di orgoglio: «Siamo stati i primi sul campo quando sono partiti i test. Il petrolio si trasferiva con le autobotti e noi ci occupavamo del loro caricamento, ma anche quando la Val d’Agri ha raggiunto il picco produttivo a ottobre 2017. Dallo start up con gli Lpt, all’oleodotto, al Centro Olio, agli uffici, a tutti gli altri impianti fino ad arrivare ad oggi». Notarfrancesco lo ha visto nascere, il “Distrettino”, nel 2001, il DAGR poi diventato DIME il 19 novembre 2008, quando Eni ha deciso di trasferire a Viggiano il Distretto Meridionale da Ortona, dove era ubicato dal 1958 a Chieti e dal 1986 nella stessa Ortona.
Una decisione dettata dal peso ormai preponderante delle attività estrattive in Basilicata nel giacimento di idrocarburi su terraferma più grande d’Europa, ma anche a causa della forte opposizione dei Comitati del “no” alla costruzione del Centro Olio di Ortona che sancì lo stop dell’attività del Cane a sei Zampe in Abruzzo e il trasferimento del Distretto in Basilicata.
Se Notarfrancesco è lucano doc ed è sempre rimasto nella sua terra, in Val d’Agri, Leonardo Di Paolo, attuale Responsabile Controller Distretto Meridionale, originario di Gessopalena, in provincia di Chieti, in servizio a Ortona dal 1987, ha vissuto tutti gli anni del ridimensionamento che ricorda ancora oggi con grande sofferenza.
«Eravamo in 300, siamo rimasti in 40. Ma nessuno è stato abbandonato da Eni. Dopo l’accordo sindacale siamo stati tutti trasferiti: chi all’estero, chi a Ravenna, chi in Basilicata. Sono stati anni difficili. All’inizio ci portavano da Ortona a Viggiano con un pulmino da 20 posti, sei ore di viaggio, e poi si tornava il venerdì a casa dalle nostre famiglie».
Dopo 36 anni di lavoro da amministrativo, parla con soddisfazione del suo percorso lavorativo che continua ancora oggi nella valle lucana del petrolio. «Un’esperienza positiva, che mi ha permesso di avere un confronto diretto con tecnici e dirigenti che al seguito di Eni hanno operato sui campi petroliferi di tutto il mondo. Ricordo i primi anni ad Ortona, in contatto con tanti marchigiani che lavoravano al Distretto e avevano conosciuto Mattei. Parlavano di lui e raccontavano l’uomo e il Presidente. Quanto era forte e sentito allora lo spirito matteiano. Un clima che ha segnato tutta la mia generazione».
Due storie parallele che si incrociano all’ombra del DIME, da Ortona a Viggiano. Il primo colloquio, il giovanissimo Notarfrancesco lo fece proprio in Abruzzo e la prima busta paga gliela consegnò proprio Di Paolo, allora tesoriere del Distretto. «Ha iniziato la sua attività sui campi di produzione, ha fatto da segretario, quando gli uffici della Val d’Agri erano in una baracca e non c’era nulla, neppure una fotocopiatrice - sottolinea Di Paolo parlando dell’amico lucano - Ma la sua curiosità, l’impegno, la laboriosità, la serietà gli hanno permesso di crescere e di guadagnarsi la medaglia al merito dell’Eni per i 25 anni di attività».
Gli ultimi 15 orgogliosamente vissuti nel DIME, un distretto giovane ma di grande prestigio. Un vero trampolino di lancio per chi ha avuto la possibilità di formarsi nel giacimento lucano della Val d’Agri, una delle aree più complesse e difficili, che ha consentito a molti di raggiungere importantissimi traguardi dal punto di vista lavorativo in tutto il mondo. Portare la direzione di tutto il sud Italia in Basilicata è stata una grande scommessa di Eni, che ha convogliato qui un investimento annuale compreso tra i 200 e i 400 milioni di euro e ha puntato sulla filiera che la nascita di un Distretto così importante avrebbe potuto generare sul territorio.
E gli effetti dell’arrivo del DIME si sono visti nell’arco di questi 15 anni: dagli occupati diretti e indiretti (in pochi anni si passa dal 10% al 50% di lavoratori lucani, fino agli oltre 70% attuali), all’indotto con l’arrivo di aziende satelliti rispetto ad Eni che avrebbero poi trasferito anche la loro sede operativa in Basilicata e con la nascita o il potenziamento del piccolo tessuto imprenditoriale lucano. Diverse le tipologie di servizi offerti: ingegneristici, quali progettazione, perforazione, costruzione di impianti; servizi di sicurezza; servizi ambientali; lavori meccanici, quali montaggi, costruzioni e altri settori anche non strettamente collegati all’attività estrattiva. Un’opportunità unica per la regione, anche dal punto di vista delle imprese, che hanno guardato con sempre maggiore interesse al modello di Ravenna, lo storico Distretto che ha festeggiato lo scorso anno i 70 anni di attività.
Intorno al DIME a Viggiano, già dopo primi anni di operatività, ruotavano 110 aziende locali. Ricerca e innovazione sono sempre state alla base dello sviluppo di un distretto tecnologico che, pur avendo un’occupazione meno duratura nel tempo, ha creato un indotto più longevo e di altissimo valore, tanto che alcune delle realtà lucane, forti delle skill maturate nella valle, hanno esportato il loro know how all’estero: dal Mozambico alla Cina. E proprio al DIME nel 2017 è stato sperimentato il primo “Porte aperte” in Italia, consentendo a tutti coloro che ne avessero fatto richiesta di visitare e conoscere da vicino gli impianti del più grande giacimento petrolifero d’Europa su terraferma.