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«La mia partita in Val d’Agri»

Sara Abbenante, 29 anni, ex tennista, ingegnere ambientale.

di Lucia Serino
13 settembre 2022
5 min di lettura
di Lucia Serino
13 settembre 2022
5 min di lettura

Liceo classico ad Avellino, laurea a Salerno, specialistica a Torino, stage a Genova, master Medea (quello voluto da Enrico Mattei), assunzione in Eni. Matchpoint nella gara della vita, colpo dopo colpo. Con la stessa concentrazione di quando a rete ci andava veramente. È una ex tennista Sara Abbenante, ha lasciato l’agonistica neppure diciottenne e adesso che ha appena compiuti 29 anni ed è un ingegnere ambientale con già un’esperienza tecnico gestionale fatta a Milano, è passato sul campo della Val D’Agri.

Benvenuta in Basilicata, da San Donato Milanese.

«Sì, sono stata assunta in Corporate, dopo il master di Eni e per il tipo di studio che ho fatto non potevo desiderare di meglio. Ho fatto un’esperienza all’estero, prima della laurea, per una ricerca che mi serviva per la tesi, riguardava un impianto pilota per il trattamento delle acque. Ora lavoro al distretto (la sede del Dime a Viggiano, ndr), mi occupo di gestione ambientale, in HSEQ, la E è la mia lettera, Environment, ambiente».

Le altre lettere stanno per?

«Health, safety e quality. Salute, sicurezza e qualità, i valori che ci guidano, che cerchiamo di trasmettere alla comunità che ci accoglie, che fanno parte del nostro orizzonte esistenziale prima ancora che professionale. Parlo della mia generazione, quella che fa i conti con il lessico ormai familiare del cambiamento climatico e degli obiettivi di decarbonizzazione. Un ingegnere cerca soluzioni, applicare la tecnologia significa andare verso obiettivi di sempre maggiore sostenibilità»

Esattamente di cosa ti occupi?

«Lavoro al centro di monitoraggio delle emissioni, GEA. Monitoriamo le matrici ambientali in maniera sistematica e continua, real time. L’obiettivo è proprio quello della tutela ambientale».

GEA fu inaugurato a settembre di due anni fa, nell’ambito del progetto Energy Valley ed è ubicato in uno degli immobili inseriti nel piano di riqualificazione agricola e funzionale delle aree adiacenti al Centro Olio. Il primo centro di controllo ambientale di questo genere realizzato da un’azienda, completamente digitalizzato.

Lavorate sui dati

«Sì, i dati provenienti dalle matrici ambientali vengono elaborati per la gestione dei processi, servono a creare anche modelli interpretativi e predittivi sulla base dell’analisi e della comparazione con gli archivi».

Come avviene la raccolta?

«GEA raccoglie ed elabora giornalmente i parametri ambientali, acquisiti in continuo dalle reti di monitoraggio costituite da: 14 punti emissivi del COVA, 8 nasi elettronici, 15 fonometri, da 4 nuove centraline della qualità dell’aria installate da Eni nell’intorno del COVA, che vanno ad aggiungersi a quella già esistente, e alle 5 gestite da ARPAB»

A proposito di ARPAB, i vostri dati sono comunque dei dati aziendali, di parte.

«Veramente alcuni prelievi sull’acqua sono fatti congiuntamente all’ente pubblico di controllo. A parte questo, una grande realtà industriale come Eni opera in maniera integrata con le istituzioni, con gli enti di controllo, con la comunità di riferimento. Capisco che possano esserci perplessità, ma il processo di trasparenza è una garanzia, la possibilità di verifica e confronto è assicurata. Oltre agli strumenti di accesso ai dati che Eni mette a disposizione di tutti, come l’app, h24 e per 365 giorni all’anno».

Quante persone lavorano a GEA?

«24 tecnici, per lo più lucani, io sono “straniera”, anche se la mia Irpinia ha lo stesso cuore verde di qui. Questo è un centro ad altissima innovazione digitale, ci interfacciamo con esperti di massimo valore, con il Politecnico di Milano, quello di Bologna e anche l’Università della Basilicata. L’obiettivo è migliorare sempre di più il livello di alert, anche se – è bene ricordarlo – noi ci muoviamo già in un perimetro ristretto, quello delle prescrizioni dell’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione».

Talvolta non basta a creare un clima di fiducia.

«La nostra è un’attività industriale che non può prescindere in nessun momento dalla tutela dell’ambiente. Con la strumentazione a disposizione di altissima precisione per la misurazione delle emissioni, questo è possibile. Per esempio “i nasi elettronici” sono “addestrati” esattamente come quelli di una persona a riconoscere le emissioni odorigene per gli idrocarburi e i composti solforati. Sono dati che poi vanno interfacciati anche con gli indicatori meteo, ad esempio, che sono una variabile che influenza».

Sara ma da grande cosa vuole fare?

«Sono a un punto di partenza, vedremo».

Ma poi perché ha lasciato il tennis? Neanche una partita adesso?

«Me lo stanno chiedendo in tanti qui, ero arrivata in serie C ma dovevo studiare, non reggevo il ritmo agonistico. Per me storia chiusa, preferisco concentrami sulla sfida professionale in corso».

Sara vive a Villa d’Agri, quando può torna a casa ad Avellino.

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