03/07/2025 - I segnali ci sono, non sono omogenei, soprattutto al di qua del Sele, ma si registra una inversione di tendenza per quanto riguarda il tema dello spopolamento in montagna. Lo certifica l’ultimo Rapporto Uncem (Unione nazionali comuni enti montani) promosso nell’ambito del Progetto “Italiae” del Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. Al centro dello studio l’impatto della strategia delle aree interne che oggi, post Covid, si unisce a quella delle green community. Una strategia che non si limita alla sostenibilità ambientale: punta, infatti, a promuovere alleanze territoriali tra enti pubblici, società civile e imprese per trasformare le risorse locali (foreste, acqua, energia rinnovabile) in motori di sviluppo sostenibile. In Italia, il 16% della popolazione vive in comuni sotto i cinquemila abitanti. Il 35% vive in centri tra i cinquemila e i ventimila. Assieme fanno il cinquantuno per cento degli italiani. In città sopra il milione di abitanti vive meno del dieci per cento. Il Rapporto è chiaro: il declino demografico è un’emergenza che si è cronicizzata. Ma ci sono segnali di speranza. Alcuni comuni sperimentano forme di neopopolamento, grazie a progetti di accoglienza, ritorni di emigrati o nuovi residenti attratti da qualità della vita e nuove opportunità. La nuova tendenza non riguarda allo stesso modo tutte la montagna italiana. In testa alla classifica dell’aumento della popolazione ad alta quota sono infatti l’Emilia-Romagna (più 46,7 per mille), la Toscana (più 37 per mille), la Liguria (più 32,16 per mille) e il Piemonte (più 26,4 per mille). Nonostante il fascino del Pollino, della Sila, dei Nebrodi e dell’Etna, sempre più visitati da escursionisti e turisti italiani e non, la classifica del Rapporto ricorda che il divario tra il Nord e il Sud resta importante. Dalla montagna si continua a partire, infatti, soprattutto in Calabria (meno 21,9 per mille), in Basilicata (meno 18,3 per mille) e in Sicilia (meno 15 per mille). Qui, sottolinea il Rapporto, c’è ancora molto da investire per sanità e scuola. Una bussola per orientarsi.

