Quattro ore e mezza di macchina da Accra, la capitale, per raggiungere la città del petrolio, Takoradi. Fuori dal finestrino il paesaggio ha i toni netti dell’Africa equatoriale – terra rosso mattone, foreste di un verde denso, cielo blu profondo e il sole inesorabile. Takoradi, sede nel ’600 dell’avamposto olandese Fort Tacaray, oggi è al centro di una zona dall’economia dinamica: il suo porto serve l’industria mineraria e del legname, e non lontano da qui, a circa 40 miglia da Cape Three Points – chiamato così perché è il punto sulla terraferma più vicino al meridiano zero, parallelo zero, altitudine zero – Eni sta sviluppando due giacimenti, Sankofa e Gye Nyame, che potranno rifornire le centrali termiche del paese per oltre 15 anni: un contributo importante per l’accesso all’energia, e un concreto impulso alla crescita economica e industriale del Ghana.
Da Takoradi sono ancora 130 km di strada parzialmente asfaltata per arrivare a Jaway Wharf, l’attracco da cui si parte per risalire la Juan Lagoon, il braccio ghanese di una laguna che si estende nella vicina Costa d’Avorio col nome di Lagune Aby. Qui si trova una delle 20 strutture sanitarie che Eni Foundation ha costruito o ristrutturato nella Western Region, nell’ambito del progetto a sostegno della salute materna e infantile, a beneficio di una popolazione di quasi 400.000 persone. E da qui, dal molo di Jaway, si prende la barca-ambulanza che Eni Foundation ha dato in dotazione al Distretto Sanitario di Jomoro per coprire l’area lagunare.
Si parte la mattina presto, superando lunghe, sottili canoe di legno cariche di ceste di noci di cocco. La navigazione sulla barca dall’inconfondibile fiancata gialla e bianca è tranquilla: le acque sono protette dalle intemperanze dell’oceano, e a perdita d’occhio l’azzurro del cielo è separato dal giallo della laguna solo da una distante striscia di verde brillante. La nostra guida è Elsie Nkrumah, Assistant project manager di Eni Foundation, che con un master in Bocconi è un prezioso ponte tra culture e mondi lontanissimi.
Accompagnarla in una delle giornate di attività nella laguna è allo stesso tempo un privilegio, per l’opportunità di esplorare luoghi altrimenti difficilmente raggiungibili, e un chiaro memento della difficoltà e dell’importanza delle attività sanitarie sviluppate dalla Fondazione in questa regione.
“La mia più grande gioia e la maggiore soddisfazione è vedere l’impatto che il nostro lavoro ha sul prossimo e in particolare sulle persone più svantaggiate. Ancor di più da quando ho avuto un bambino e so cosa si prova quando il proprio piccolo è malato. È inaccettabile che un bambino debba morire di una malattia che si può prevenire, come la diarrea. Col nostro intervento i servizi sanitari sono più accessibili e possono intervenire in modo più mirato e agile”.
La barca-ambulanza permette ai circa 4.000 abitanti della laguna di ricevere servizi sanitari di base, a cui altrimenti non avrebbero accesso, e consente alle istituzioni sanitarie di avere un monitoraggio costante e regolare della situazione sanitaria in una zona di frontiera, dove la popolazione varia in misura consistente nell’arco dell’anno, in funzione della pescosità della laguna. Con noi infatti ci sono 6 operatori sanitari del Ghana Health Service, che è partner del progetto: due infermieri specializzati in community health, un addetto alle attività di informazione sanitaria, un addetto al controllo delle malattie, un infermiere specializzato in salute pubblica e un’ostetrica.
Il primo villaggio, Kiweabo, è a circa mezz’ora di navigazione, ma solo quando siamo sul punto di svoltare nell’esile canale tra le piante galleggianti intravediamo le prime palafitte: costruzioni di canne di bambù tenute insieme da corde e coperte di foglie di palma si affacciano su un molo che è anche la strada principale del villaggio, e che si allunga fino a perdersi dove la vegetazione diventa più alta e fitta. All’inizio del molo, sotto un’ampia tettoia, donne e bambini si sono già radunati in attesa del nostro arrivo.
Elsie ci illustra la scaletta precisa delle attività dello staff: “Forniamo servizi di pianificazione famigliare, di cura antenatale e postnatale, e attività di clinica pediatrica: pesiamo e misuriamo i bambini, valutiamo eventuali casi di malnutrizione, somministriamo vaccini, e svolgiamo attività di counseling con le madri su temi relativi alla salute dei bambini. Possiamo anche diagnosticare e trattare disturbi leggeri e indirizzare i casi più seri ai centri sanitari più adeguati nella regione”. A oggi il centro di Jaway Wharf ha somministrato oltre 4.200 vaccini contro malattie quali la febbre gialla, la poliomielite, la difterite, il tetano, la pertosse, il morbillo, la rosolia.
La semplice disponibilità di mezzi di trasporto rapidi nella laguna è di per sé una svolta: la boat ambulance infatti può essere chiamata in caso di emergenza. “Per me era impensabile – spiega ancora Elsie – che una donna al terzo trimestre di gravidanza, o peggio ancora in travaglio, dovesse camminare per miglia, o stare a cavalcioni di una moto su una strada sterrata, o su una esile canoa, per poter accedere a servizi sanitari di base. Per questo, quando abbiamo preparato i poster, i volantini e gli altri materiali di comunicazione, ho proposto al nostro partner, Ghana Health Service, che fossero segnalati i numeri di contatto per le ambulanze o per la barca-ambulanza, in modo che chiunque avesse un’emergenza potesse chiamare a qualsiasi ora”.
I bambini di Kiweabo sono incuriositi dalla nostra presenza e corrono agili sulle sottili passerelle di bambù e assi di legno sbiadite dal sole. I più piccoli sono stretti nelle stoffe colorate legate sulla schiena delle mamme o dei fratelli più grandi. Per tutti la visita del personale sanitario è un momento inusuale e anche divertente: la bilancia sospesa alle assi del tetto, a cui i più piccoli vengono appesi per essere pesati, è quasi una giostra. La goccia rossa del vaccino invece sembra proprio non piacere a nessun bambino, ma dalla smorfia alla risata il passo è breve.
La visita del personale sanitario supportato da Eni Foundation è anche l’occasione per un controllo alle condizioni generali di salute degli abitanti di Kiweabo. Le diagnosi sono una mappatura delle patologie endemiche in queste zone: “In particolare malaria, e diarrea dovuta al fatto che l’alimentazione si basa su pesce non sempre ben cotto o ben conservato”, spiega Elsie, ma anche vermi intestinali, reumatismi, anemia. Malattie spesso evitabili con l’introduzione di alcune corrette pratiche igienico-sanitarie, come bollire l’acqua prima di berla, o dormire sotto zanzariere impregnate di permetrina.
Le sessioni di Information, Education and Communication, come vengono chiamate le attività di divulgazione che vengono realizzate per sensibilizzare le comunità su comportamenti dannosi e virtuosi, sono parte importante del progetto della fondazione, che ha realizzato e distribuito poster informativi, ha creato jingle e programmi radiofonici e organizzato incontri con le donne, con gli adolescenti, ma anche con intere comunità su temi come la maternità consapevole, l’allattamento e la nutrizione infantile, e più in generale l’importanza del controllo medico durante la gestazione.
“Con talk-show radiofonici e con jingle, abbiamo spiegato e ricordato quotidianamente quanto fosse importante andare dal medico durante la gravidanza e per il parto”, racconta Elsie, mettendo in evidenza un punto cruciale: la necessità di creare un rapporto di consuetudine e di fiducia tra la donna e la struttura sanitaria, superando difficoltà logistiche ma anche timori e imbarazzi. “Abbiamo fatto training specifici per il personale sanitario, affinché sapesse come porsi in modo amichevole e offrire cure incentrate sulla paziente”.
Marilia è content producer e ufficio stampa di Eni, e si occupa in particolare delle attività di esplorazione, tecniche e upstream nell’Africa Sub-Sahariana. In precedenza ha lavorato all’Agenzia Giornalistica Italia, dove gestiva le relazioni internazionali.
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