Questo articolo è tratto da WE-World Energy n. 43 – The Challenge. Leggi il magazine
L’Europa non è all’avanguardia dell’innovazione tecnologica, visto che nessuna delle grandi piattaforme digitali che hanno segnato questa epoca, con l’eccezione di Spotify e dell’ormai superata Skype, è nata su questo lato dell’Atlantico. Il Vecchio Continente ovviamente resta una regione viva, capace di innovare in molti settori industriali, in particolare quelli della manifattura e della meccanica di alta qualità, ed è in grado di conciliare meglio di altri la cultura umanista e quella tecnica, ma la scia del progresso del XXI secolo è segnata dalla Silicon Valley americana e la sfida del futuro è quella di non subire il nuovo protagonismo tecnologico della Cina.
L’Europa si difende con perizia e l’assenza di Big Tech continentali le consente maggiore libertà nell’affrontare una delle questioni decisive di questa stagione: quella di provare a regolamentare i monopoli digitali e di proteggere le istituzioni e i processi democratici delle società libere. I tanto vituperati burocrati di Bruxelles si sono dimostrati lungimiranti sulla protezione dei dati personali da abusi e manipolazioni commerciali, sociali e politiche e sulla salvaguardia dei diritti intellettuali. La direttiva sulla privacy, approvata due anni fa ed entrata in vigore a maggio 2019 e, poi, quella sul copyright di quest’anno sono i primi tentativi seri di un’istituzione politica importante di trovare un modo per regolamentare la rivoluzione digitale.