La regione metropolitana di Brisbane, a sud della Gold Coast in Australia, è famosa per le sue onde che richiamano numerosi surfisti e le lunghe spiagge sabbiose prese d’assalto durante il periodo estivo da numerosi turisti. Chi visita questa parte dell’Australia ha la possibilità di utilizzare un nuovo servizio di trasporto, completamente sostenibile: la Byron Bay Railroad Company, una società no-profit, ha dato vita ad un progetto che ha permesso la nascita del primo treno alimentato esclusivamente ad energia solare.Oltre ad essere green, il progetto ha permesso il recupero di un tratto ferroviario in disuso da qualche decennio e il riutilizzo di un vecchio convoglio, risalente addirittura al 1949 e che fu impiegato per trasportare i numerosi immigrati in fuga da un’Europa distrutta dal secondo conflitto mondiale, in cerca di una nuova vita nel Nuovo Galles del Sud.
Sul tetto sono stati montati pannelli solari leggeri e flessibili capaci di produrre un totale di 6,5 kW di potenza, permettendo al treno di percorrere in meno di dieci minuti poco più di tre chilometri. Un piccolo collegamento fondamentale per una zona così turistica, che collega la località di Byron Bay al resort Elements. L’idea di questo treno green è venuta proprio al proprietario del resort, Brian Flannery.
Per sopperire alla mancanza di energia solare, nelle rare giornate nuvolose, è stato installato a metà strada un impianto solare da 30 kWp. Il convoglio è in grado di fare fino a 5 viaggi, senza la necessità di doversi fermare in stazione per ricaricarsi. Inoltre, proprio come accade nelle vetture ibride, il sistema di frenata permette di recuperare circa il 25% dell’energia necessaria al treno per la fase di accelerazione.
Ma non è l’unico modo che ha per fare il pieno di energia: un gruppo di batterie è stato collocato eliminando uno dei due motori diesel e possono essere ricaricate quando il treno è fermo alla banchina. L’altro motore diesel viene utilizzato solamente quando l’energia solare non è più sufficiente.
La particolarità della zona geografica è stato un elemento chiave per la riuscita del progetto: il collegamento avviene in una parte della regione completamente pianeggiante. Anche la scelta di utilizzare un convoglio del 1949 si è rilevata vincente: la struttura leggera con cui è realizzato, la stessa con la quale si costruivano gli aeroplani durante il conflitto mondiale, rendono il treno molto più leggero, con la naturale conseguenza che è minore l’energia necessaria per spostarlo.
Il treno è già entrato in funzione, con viaggi ad ogni ora in grado di trasportare 100 passeggeri seduti, e la società Byron Bay Railroad spera già di poter ampliare la tratta e di aumentare anche il numero delle corse.
Il treno a energia solare della Byron Bay Railroad Company
Sempre dall’Australia arriva una ricerca della RMIT University, pubblicata su Scientific Reports, che potrebbe rappresentare una svolta per la storia dell’energia solare. L’Università ha sviluppato un prototipo di elettrodo in grado di auto-ricaricarsi sfruttando energia solare. Diventa possibile, quindi, pensare di poter ricaricare senza elettricità piccoli dispositivi tecnologici, come tablet e smartphone. I ricercatori si spingono oltre e immaginano, in un futuro non certo lontanissimo, di poter applicare il loro lavoro in campi sempre più vasti, arrivando persino ad alimentare con la loro tecnologia autovetture o case. La ricercatrice Litty V. Thekkekar e il professor Min Gu hanno realizzato dei supercondensatori attraverso i quali è possibile aumentare la capacità di immagazzinamento di energia fino al 3000%.
Musa ispiratrice di questa ricerca, l’osservazione delle strutture frattali che si trovano in natura, da quella dei fiocchi di neve alla spirale dei cavoli, anche se la chiave di volta è stata l’osservazione della struttura delle foglie della felce. La particolare struttura delle foglie di questa pianta, infatti, permette di raccogliere perfettamente ogni singola goccia d’acqua. I due ricercatori hanno riprodotto su grafene il pattern delle foglie, ottenendo così degli ottimi e performanti accumulatori di energia. Questa particolare conformazione permette, infatti, di raccogliere l’energia in tutti gli spazi possibili dell’accumulatore, aumentando di circa 30 volte la capacità di conservazione dell’energia e rendendo minime le dispersioni.
Quella delIa RMIT University è ancora una ricerca d’avanguardia, ma esperimenti di questo tipo riescono a farci immaginare un futuro, ormai non troppo lontano, in cui si potranno avere sistemi di stoccaggio solare sottili, flessibili e ad alta capacità che, iniziando da piccoli dispositivi, potranno essere utilizzati per fornire energia a strutture sempre più imponenti.
Il prezzo dei pannelli solari è diminuito in modo particolarmente significativo negli ultimi anni, tuttavia il costo delle strutture di sostegno su cui vengono montati è rimasto relativamente elevato. Tali strutture vengono generalmente prodotte utilizzando leghe di alluminio, e possono arrivare a costare fino al 50 – 55% in più delle celle solari stesse. Ma in uno studio pubblicato di recente, dei ricercatori statunitensi hanno evidenziato che il costo delle strutture di supporto dei pannelli solari può essere ridotto tra l’83 e il 92% costruendo gli appositi bracci di sostegno in plastica utilizzando una stampante 3D.
Nello studio, due ricercatori della Michigan Technological University hanno utilizzato una stampante 3D basica denominata RepRap per costruire una serie di staffe di montaggio in plastica che hanno poi impiegato per supportare una batteria di pannelli fotovoltaici da 1kW. Le componenti in plastica hanno funzionato come previsto e sono riuscite a supportare la batteria fotovoltaica esattamente come avrebbero fatto le tradizionali staffe in alluminio. Inoltre, mentre le staffe metalliche costano circa 575 dollari, la versione in plastica stampata in 3D costa solo una frazione di tale importo — circa 95 dollari nel caso venga impiegata della plastica “PLA” che si trova normalmente in commercio a circa 50 dollari utilizzando plastica riciclata.
I sostegni in plastica, collegati ai pannelli solari sono stati testati per un intero anno lasciandoli alle intemperie nella parte settentrionale degli Stati Uniti. Dopo dodici mesi i sostegni delle celle solari stampati in 3D avevano mantenuto le caratteristiche di resistenza ed erano ancora in grado di supportare in modo adeguato i carichi previsti.
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