La grande corsa ai supercomputer, i macchinari dotati di un’impressionante capacità di calcolo.
di
Eni Staff
06 febbraio 2020
7 min di lettura
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Eni Staff
06 febbraio 2020
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A prima vista, la risposta è evidente: sono gli Stati Uniti a primeggiare in questo strategico settore. D’altra parte, ai primi due posti della classifica ufficiale Top 500 si trovano due sistemi a stelle e strisce: il Summit di IBM, che ha un potere computazionale pari 148 petaflops (148 milioni di miliardi di calcoli al secondo), seguito da Sierra (94 petaflops), sempre di IBM ma con componenti provenienti anche da Nvidia e Mellanox.
Storicamente, a fare concorrenza agli Stati Uniti nel campo dei supercomputer è stato soprattutto il Giappone, seguito da nazioni europee come Germania, Regno Unito, Francia e anche Italia. Ma negli ultimi anni la situazione è drasticamente cambiata. Nel 2001, la Cina non possedeva neanche uno di questi macchinari, oggi ospita invece circa il 45% dei 500 supercomputer più potenti al mondo, con gli USA che hanno visto la loro quota ridursi anno dopo anno e che sono oggi giunti al minimo storico del 23%.
La Repubblica Popolare, quindi, non vanta soltanto il terzo e il quarto posto della classifica (con i suoi Sunway TaihuLight e Tianhe-2A), ma possiede un totale di 227 dei primi 500 supercomputer, contro i 118 degli Stati Uniti, i 29 del Giappone, i 18 della Francia e i 16 della Germania. Il colosso asiatico sta insomma lasciando la sua impronta anche nel campo strategicamente più importante del mondo tecnologico (assieme a quello complementare dell’intelligenza artificiale).
“La Cina ha compreso l’importanza dei supercomputer”, racconta a Eni Jack Dongarra, docente di Scienze Informatiche all’Università del Tennessee, membro dell’Oak Ridge National Laboratory e considerato uno dei massimi esperti mondiali di supercomputer. “Hanno investito moltissimo e hanno dei piani a lungo termine, che poi è il loro classico modo di agire. Non avevano sistemi di supercomputer nel 2001 e oggi hanno superato gli Stati Uniti: la rapidità con cui sono cresciuti non ha eguali al mondo”.
Non è tutto: sempre Pechino ha dichiarato di aver creato il prototipo di un nuovo supercomputer, chiamato Shuguang e ospitato all’Accademia cinese per le Scienze, in grado di operare senza difficoltà a 200 petaflops: una velocità nettamente superiore a quella dei sistemi che oggi occupano la cima della classifica. Al suo picco, Shuguang può raggiungere la velocità di 1 miliardo di miliardi di calcoli al secondo, una misura inconcepibile per la mente umana ma che rappresenta il traguardo più ambito dagli scienziati informatici di tutto il mondo: l’exaflop.
“Questi supercomputer sono davvero una nuova specie informatica. Non saranno soltanto più veloci, ma diventeranno in grado di gestire i big data in modi completamente diversi rispetto a oggi”, spiega ancora Dongarra. “Apriranno nuove strade per l’intelligenza artificiale, la data science e le simulazioni informatiche, fornendoci nuove conoscenze. I computer avanzati e cosiddetti ‘exascale’, che possono fornire prestazioni anche 20/40 volte superiori a quelle di oggi, mostrano come in questo settore il cielo sia veramente l’unico limite”.
Stando a quanto riportano i media asiatici, la ragione per cui la Cina ha preferito non presentare ufficialmente il suo prototipo a livello internazionale è legata esclusivamente alla guerra commerciale in corso con gli Stati Uniti. Pechino, in poche parole, ha preferito non provocare i rivali mostrando i suoi ultimi progressi. Un gesto di buona volontà – o così è stato definito – compiuto nella speranza che contribuisca ad attenuare le sanzioni che, al momento, impediscono ai produttori statunitensi di collaborare con la Cina nella creazione dei supercomputer (un aspetto che però è sempre meno importante, visto che il colosso asiatico è ormai in grado di produrli in totale autonomia).
Tutto ciò ci aiuta a capire quanto sia strategicamente e geopoliticamente importante il settore dei supercomputer. Ma concretamente che cosa sono in grado di fare? Questi sistemi vengono utilizzati praticamente in ogni settore che richiede l’analisi di enormi quantità di dati o di creare simulazioni a partire da calcoli matematici. Nelle previsioni climatiche, per esempio, l’analisi delle correnti oceaniche e atmosferiche può fornire importanti indizi per individuare in anticipo l’insorgenza di cicloni o di tsumani, e di prevedere il clima con una precisione dell’80% all’interno di aree di 1-3 chilometri (contro i 100 chilometri del passato). Dal cielo, si arriva allo spazio: i supercomputer permettono infatti di comprendere la dinamica e il comportamento degli oggetti astronomici, fino a simulare eventi come la formazione delle galassie e l’evoluzione delle stelle. Altri utilizzi sono invece molto più terreni: la compravendita di azioni in borsa è ormai un compito svolto quasi esclusivamente dai supercomputer (con risvolti a volte imprevedibili, come insegna il flash crash del 2010), ma questi sistemi sono anche in grado di simulare il comportamento di una bomba atomica al momento dell’esplosione (riducendo il bisogno di eseguire test nel mondo reale). Più vicino alle sensibilità dell’opinione pubblica può invece essere l’utilizzo dei supercomputer per sequenziare il genoma umano, sviluppare nuovi farmaci e comprendere sempre meglio il funzionamento di alcune malattie.
“In medicina, per sviluppare una cura, dobbiamo trovare pattern che finora non siamo stati in grado di individuare”, precisa Dongarra. “La sfida non è legata alla mancanza di dati significativi, perché di questi, ormai, ne abbiamo in abbondanza. La sfida è elaborarli al fine di trovare i pattern che ci diranno che cosa causa il cancro o come combatterlo con più efficacia. Con i supercomputer possiamo trovare risposte a domande che per l’uomo sarebbe impossibile risolvere. In questi ambiti, i supercomputer sono strumenti eccellenti per l’analisi dei dataset molecolari, dei registri medici dei pazienti, della loro storia familiare e molte altre complesse informazioni. Le simulazioni rese possibili dai supercomputer sono in grado di accelerare lo sviluppo dell’innovazione”.
Un’accelerazione che sta per compiere un altro fondamentale passo avanti con lo sviluppo dei primi computer quantistici, che sfruttando le proprietà della fisica quantistica potrebbero accelerare a dismisura la rapidità di calcolo di questi strumenti. E quindi, i “tradizionali” supercomputer sono destinati a diventare obsoleti? “I progressi sperimentali dei computer quantistici sono rapidi e impressionanti, ma nonostante questo l’utilizzo di sistemi del genere è un orizzonte ancora molto lontano”, conclude Dongarra. “I ricercatori stanno lavorando per comprendere quali sono i problemi che si adattano ai quantum computer e a sviluppare algoritmi che possano dimostrare la loro utilità. In generale, comunque, si crede che questi sistemi aiuteranno moltissimo in campi come il trading finanziario e l’industria militare. Ma per immaginare un computer quantistico di uso generale è ancora decisamente troppo presto”.
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