Questo articolo è tratto da WE-World Energy n. 42 - Gulf Vision. Leggi il magazine
Da sempre snodi fondamentali per il commercio e la sicurezza internazionale, gli stretti (choke-points) marittimi sono protagonisti di una nuova stagione di competizione geo-strategica nel Golfo. Lo stretto di Hormuz, che collega il Golfo con l’Oceano Indiano, rimane tra i punti più caldi della regione mediorientale, a causa della tensione fra l’Iran e gli Stati Uniti (così come fra la Repubblica Islamica e l’Arabia Saudita). Tuttavia, lo stretto del Bab el-Mandeb, che connette il Mar Rosso al Golfo di Aden, non può essere considerato un’alternativa sicura al problematico Hormuz: infatti, il protrarsi del conflitto civile in Yemen ha sprigionato nuove dinamiche di insicurezza. Inoltre, il quadrante che si estende dal Corno d’Africa all’Oceano Indiano occidentale si trova ora al centro di rivalità commerciali e militari multiple, con implicazioni strategiche per Mediterraneo ed Europa.
Il commercio marittimo torna a crescere: secondo l’UNCTAD, il trasporto di merci via mare a livello mondiale, è salito del 4% nel 2017 e, nel periodo 2018-2023, dovrebbe aumentare del 3,8%. Una tendenza che risente, positivamente, della corsa agli investimenti infrastrutturali generata dalla Cina (One Belt, One Road, OBOR), proseguita dall’India (la strategia della connettività) e ora alimentata anche dalle monarchie del Golfo, che progettano porti container e stringono alleanze energetico-commerciali a Oriente. Proprio le potenze asiatiche, ormai prime importatrici di idrocarburi dal Golfo, hanno largamente contribuito a rinsaldare la centralità degli stretti di Hormuz e del Bab el-Mandeb negli equilibri geo-strategici mondiali. In tale contesto, i rischi alla sicurezza marittima nei e intorno ai choke-points provengono, più vistosamente, da attori statuali (Iran), gruppi insorgenti e terroristici (i ribelli huthi yemeniti e in parte i jihadisti del Sinai egiziano), nonché dalle irrisolte tensioni geopolitiche nel Golfo. Tuttavia, essi emanano anche dal riaffacciarsi della pirateria fra Golfo di Aden e coste della Somalia, così come dalla crescita dei nazionalismi tra le monarchie della Penisola Arabica (Arabia ed Emirati Arabi Uniti contro Qatar). Nel medio-lungo periodo, la necessità di contrastare i nascenti fenomeni di terrorismo marittimo, nonché di garantire la sicurezza dei tanti porti commerciali in costruzione/allargamento, trasforma la libertà di navigazione lungo gli stretti in un interesse sempre più collettivo e nazionale al tempo stesso, offrendo dunque possibili spazi di cooperazione bilaterale e/o multilaterale, in un contesto però altamente competitivo.