“L'Iraq rafforza la sua posizione come uno dei maggiori produttori mondiali di greggio. Terza fonte globale di nuove forniture, il paese guida anche la crescita dell’offerta all’interno dell’OPEC fino al 2024. L’aumento di produzione di greggio da parte dell’Iraq dovrà compensare le forti perdite di posizioni dell’Iran e del Venezuela, così come la perdurante fragile situazione in Libia. Le implicazioni di questi sviluppi sulla sicurezza energetica sono significative e potrebbero avere conseguenze durature”. È uno dei punti salienti del rapporto annuale sul petrolio dell’International Energy Agency (IEA), pubblicato di recente. Con una produzione che, nel gennaio di quest’anno, ha sfiorato i 4,7 milioni di barili al giorno ed un’esportazione di quasi 3,7 milioni di barili al giorno, l’Iraq scala rapidamente la classifica dei paesi produttori di greggio in ambito OPEC, attestandosi al secondo posto dopo l’Arabia Saudita (vedi figura 1), e si avvia rapidamente a diventare una potenza mondiale nel campo della produzione petrolifera. Il paese riparte quindi dall’oro nero per rilanciare l’economia nazionale, disinnescare i forti conflitti sociali interni e avviare il processo di ricostruzione delle regioni devastate dalle milizie jihadiste negli anni neri del Califfato (2014-2017). L’iniziativa politica si fonda su molteplici linee guida: aumentare progressivamente la produzione e la capacità di esportazione, diversificare i terminali di esportazione e modernizzare (o risanare) le infrastrutture.
Un progetto ambizioso: i conflitti che da 40 anni costellano la storia dell’Iraq hanno messo a dura prova l’industria petrolifera nazionale. Pensiamo ad esempio agli otto anni di guerra con l’Iran negli anni ’80 del secolo scorso; o ai lunghi anni di embargo imposti al paese dopo la sciagurata invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, miccia che ha scatenato la prima guerra del Golfo: il programma delle Nazioni Unite noto come Oil-for-Food attivato per punire il regime nel 1995 e terminato nel 2003 ha, di fatto, bloccato le attività produttive del paese. Attività riprese al rallentatore – e sotto lo stretto controllo delle multinazionali occidentali - anche dopo il rovesciamento del regime di Saddam Hussein a seguito dell’arrivo della cosiddetta “coalizione dei volonterosi”, guidata dagli Stati Uniti d’America (vedi grafico 2).