Nel 2018, la percentuale di gas fornita ai paesi dell’Ue e la Turchia ha raggiunto il 36,7%, il massimo da sempre” (34,2% nel 2017). Lo ha affermato il Direttore Generale di Gazprom Export, Elena Burmistrova, nel corso del Gazprom’s Investory Day che ha avuto luogo in Singapore il 28 febbraio. Burmistrova ha specificato che il prezzo medio nel 2018 è stato di 245,5 dollari per 1.000 m3 rispetto ai 167 dollari per 1.000 m3 nel 2017 (+ 24,6% anno su anno). Conformemente alle stime preliminari rese pubbliche dalla Gazprom, nel 2018, la compagnia controllata a maggioranza dallo Stato russo ha esportato nell’Unione europea più la Turchia 201,8 Gm3 di gas naturale (potere calorifico: 37,053 MJ/m3), un ammontare pari a più di tre volte la somma degli approvvigionamenti di LNG all’Europa.
Come messo in luce da Bloomberg il 15 febbraio, la costante riduzione della produzione di gas da parte del Vecchio Continente è la principale ragione del rafforzamento della Federazione Russa come primo fornitore di gas naturale dell’Europa, soprattutto dopo che l’Olanda – il secondo estrattore europeo dopo la Norvegia – è diventata un importatore netto di gas per la prima volta da quando iniziarono le estrazioni dal giacimento di Groningen nel 1963.
Sempre a Singapore, Gazprom ha inoltre annunciato che il gasdotto Power of Siberia è prossimo al completamento. Grazie a questa nuova infrastruttura, a partire dal 1 dicembre 2019, la Federazione Russa rifornirà la Cina con 38 Gm3 di gas naturale all’anno per un arco di tempo di trent’anni e un ammontare totale stimato in circa 1 trilioni di m3 di gas. Il contratto stipulato dai due paesi nel maggio 2014 è un take or pay oil-link (collegato al prezzo del petrolio) per un valore complessivo valutato attorno ai 400 miliardi di dollari.
Tuttavia, il 28 febbraio trascorso, Bloomberg rilevava che il colosso energetico aveva perso financial appeal (interesse finanziario) nel corso degli ultimi anni a causa dei significativi costi di investimento sostenuti, i quali avevano ridotto la possibilità di remunerare gli investitori con dividendi più alti. In aggiunta, nel prossimo futuro, la compagnia avrebbe dovuto affrontare ulteriori problematiche, come le sanzioni imposte dagli USA e dall’Ue, oltre alla crescente competizione proveniente dall’LNG.
In base alle statistiche di Oilprice.com, nel 2018, la Cina ha importato 90,39 milioni di tonnellate di gas [pari a 122.9 Gm3, potere calorifico: 39 MJ/m3], rafforzando la propria posizione come principale importatore globale del combustibile. In virtù di questi dati, il progetto in corso d’opera della major privata russa Novatek, avente l’obiettivo di costruire un impianto di LNG nella Penisola della Kamchatka nell’estremo Oriente russo, si pone l’obiettivo di rifornire i due principali importatori di gas naturale al mondo, la Cina e il Giappone, ma anche di fungere nel prossimo futuro da gas hub price index (hub che esprime un indice dei prezzi spot del gas) nel mercato Asia-Pacifico. “Se sogniamo per un attimo, allora l’hub che pianifichiamo in Kamchatka con una capacità di 120 milioni di tonnellate potrebbe anche trasformarsi in uno degli indici di vendita del gas nell’Asia-Pacifico”, ha infatti dichiarato Leonid Mikhelson, a.d. della russa Novatek.
In merito al mercato 2019 dell’LNG, si potrebbe profilare il rischio di un eccesso d’offerta. Infatti, secondo Jason Feer, capo della Business Intelligence at Poten & Partners, l’output globale di gas naturale liquefatto è previsto attorno a 33 milioni di tonnelle, mentre si stima che la domanda assorbirà solamente 16 milioni di tonnellate. A metà febbraio, il primo sentore di tale problema è emerso nel mercato spot (a pronti) asiatico dell’LNG, dove il prezzo è crollato sino al minimo da settembre 2017.
“Sono quasi certo che tra dieci anni ci saranno due centri economico-geopolitici nel mondo: la Grande America e la Grande Eurasia. Negli ultimi anni, abbiamo assistito all’emergere di un centro geo economico in Eurasia, sullo sfondo della nuova guerra fredda. Un centro che si sta strutturando attorno alla Russia e alla Cina e che non dovrebbe essere visto come una semplice alleanza difensiva, ma piuttosto come un nuovo polo di sviluppo che vuole e può diventare un’alternativa al centro euro-atlantico. Per la Russia, è inevitabile il proprio spazio nella grande Eurasia. Nel cui centro, ovviamente, ci sarà la Cina” ha affermato Sergey Karaganov, presidente del Consiglio di difesa e politica estera russo, nel corso dell’intervista rilasciata alla rivista mensile di geopolitica LIMES, il 4 dicembre 2018.