Fornire accesso all'energia è un passo fondamentale nella lotta alla povertà. Nuovi modelli di cooperazione tra settore pubblico e privato.
di
Matilde Mattei
17 settembre 2019
8 min di lettura
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Matilde Mattei
17 settembre 2019
8 min di lettura
La rapida crescita demografica del continente africano è sempre più al centro dell’attenzione internazionale, dal momento che avrà un impatto significativo su società, andamento economico, stabilità politica e geopolitica non solo del Continente, ma del mondo intero. Da una parte, il forte aumento della popolazione e i promettenti mercati possono creare straordinarie opportunità commerciali in settori chiave. Dall’altra, molti paesi africani necessitano ancora di massicci investimenti per rilanciare le infrastrutture, migliorare il sistema sanitario e promuovere il mercato del lavoro. L’inazione si tradurrebbe in una povertà dilagante e instabilità sociale.
Le opportunità per stimolare tale sviluppo non mancano, ma lo stesso vale per le sfide, il che significa che nessun attore è in grado di agire da solo. Per questo motivo, alcune organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite, la Banca Mondiale e l’Unione europea stanno esplorando innovativi modelli di cooperazione che coinvolgono il settore privato. Le partnership sono fondamentali e i partenariati tra pubblico e privato (PPP) sono il modo migliore per colmare il divario (2-3 mila miliardi di dollari di investimenti aggiuntivi all’anno) e raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) elencati nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite
Tra i principali investitori privati in Africa, Eni è stata pioniera nella realizzazione di partnership sulla base di questo modello di cooperazione. Al momento l’azienda collabora con organizzazioni internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) per contribuire al raggiungimento degli SDGs.
L’Unione europea – particolarmente esposta a profondi sconvolgimenti dal momento che l’immigrazione dall’Africa sub-sahariana dovrebbe intensificarsi nei prossimi decenni – ha annunciato nel settembre del 2018 una nuova alleanza Africa-Europa per gli investimenti e l’occupazione sostenibili. Non si tratta di un semplice piano finanziario, ma di una vera e propria alleanza tra partner alla pari che completa il partenariato politico di lunga data tra i due continenti, rafforzandone le relazioni economiche e commerciali. L’alleanza si propone di stimolare gli investimenti strategici e rafforzare il ruolo del settore privato per sostenere la creazione di occupazione, investire in istruzione e competenze, rafforzare il contesto imprenditoriale e le condizioni propizie agli investimenti, sfruttando appieno il potenziale di integrazione economica e commercio.
In tale contesto, la Commissione conferisce ai partenariati tra settore pubblico e privato un’importanza strategica. “L’Africa non può svilupparsi senza il settore privato” ha dichiarato in un’intervista San Bilal, a capo del dipartimento Trade, Investment and Finance del Think Tank European Centre for Development Policy Management (ECDPM). Per stimolarne gli investimenti occorrono condizioni favorevoli e un contesto propizio alle imprese, nonché sicurezza, stabilità (compresa quella macroeconomica) e trasparenza. Inoltre, ad attrarre il capitale contribuiscono anche la posizione geografica e la reputazione del paese in questione, le dimensioni del suo mercato e la presenza di risorse naturali. Gli attori esterni, come le istituzioni internazionali, possono aiutare a rafforzare le condizioni per attrarre maggiori investimenti diretti esteri (IDE) proponendo buone pratiche e condividendo conoscenze, sebbene, spiega Bilal, le riforme debbano nascere dall’interno.
Il settore privato può avere un impatto in diversi ambiti, come agricoltura, energia, servizi, digitalizzazione. A tal fine, gli investimenti in progetti di infrastrutture sono essenziali: “Il gap di servizi infrastrutturali in Africa è di gran lunga superiore a quello di America Latina e Asia orientale”, ha spiegato in un’intervista Jason Zhengrong Lu, direttore di Global Infrastructure Facility (GIF), del Gruppo della Banca Mondiale. Il GIF, esso stesso un partenariato pubblico-privato, aiuta i governi a superare ostacoli di natura tecnica, finanziaria, legale, normativa e contrattuale per mobilitare finanziamenti commerciali in progetti infrastrutturali. La Banca Mondiale e la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) offrono servizi di consulenza e strumenti di mitigazione del rischio per il finanziamento di infrastrutture. Insieme al settore privato, co-investono e co-finanziano progetti infrastrutturali in Africa. Che si tratti di strade, reti elettriche o quant’altro, tali progetti richiedono diversi anni e numerosi studi tecnici, sociali e di fattibilità ambientale. “Le infrastrutture hanno un impatto enorme sulla qualità della vita delle persone: forniscono elettricità e acqua pulita, creano occupazione e crescita economica, aumentano il prodotto interno lordo dei paesi” ha dichiarato Lu, “il settore privato può svolgere un ruolo cruciale nell’aiutare i governi a colmare il gap di servizi infrastrutturali in Africa” ha aggiunto. In particolare, è importante trovare modi di attrarre investimenti privati nei progetti di trasmissione di energia elettrica, in genere ad alto rischio e caratterizzati da elevate spese in conto capitale e da notevoli complicazioni di natura normativa e politica in quanto transfrontalieri. Consentendo di esportare la produzione in eccesso in paesi o regioni con un picco della domanda, questi progetti regionali estremamente complessi sono fondamentali per ottimizzare la capacità di generazione
Poiché il tasso di elettrificazione del continente africano è tra i più bassi al mondo, il settore energetico è il motore trainante dello sviluppo: “Nessun paese può uscire dalla povertà senza accesso all’energia,” ha spiegato Bilal. L’energia è vitale per svolgere attività quotidiane di base (dallo studio alla comunicazione), nonché per migliorare la produttività: senza elettricità non si può produrre, né tantomeno industrializzare. Fornire accesso all’energia è un passo fondamentale nella lotta alla povertà. Ma non si tratta solo di ridurre l’indigenza: l’accesso all’energia si traduce in enormi benefici in termini di istruzione, sanità e produzione e porta allo sviluppo economico, sociale e umano. È in questo contesto che le imprese private possono fare la differenza. Oltre alla lotta alla povertà delle ONG, le società energetiche potrebbero concentrarsi sullo sviluppo del settore produttivo africano.
Migliorare l’accesso all’energia, specie in Africa, è al centro dei valori di Eni e parte delle sue attività. In tal senso, l’azienda è stata pioniera nel lanciare partenariati con organizzazioni internazionali. Nel settembre del 2018 Eni ha firmato un memorandum d’intesa, il primo del suo genere, con l’UNDP. Il partenariato si prefigge di massimizzare i benefici derivanti dai progetti energetici per migliorare l’accesso all’energia sostenibile in Africa e contribuire al raggiungimento degli SDGs, promuovendo energie rinnovabili, rimboschimento e mitigazione dei cambiamenti climatici, efficienza energetica e fonti pulite per cucinare. Lo scorso luglio ha sottoscritto una dichiarazione congiunta con l’UNIDO che si concentra su aree di comune interesse, come rinnovabili ed efficienza energetica. Inoltre, insieme alla FAO ha costruito pozzi alimentati da sistemi fotovoltaici in Nigeria, fornendo acqua pulita e sicura a sfollati interni e comunità di accoglienza. Nella sola città di Bama il progetto dovrebbe servire 40.000 sfollati interni e la comunità ospitante. Ovunque sia presente, Eni ambisce a essere un motore di sviluppo: nell’Africa sub-sahariana fornisce elettricità a oltre 18 milioni di persone; in Nigeria, la centrale elettrica di Kwale Okpai ha una capacità installata di 480 megawatt e dal 2005 ha generato all’incirca 35.000 gigawattora di energia (circa l’8-12 percento della capacità del paese); nella Repubblica del Congo, la Centrale Elettrica del Congo (CEC) copre tre quarti del fabbisogno energetico della popolazione locale.
Nel complesso, il partenariato UE-Africa, i progetti infrastrutturali della Banca Mondiale e le attività delle ONG sono strumenti fondamentali per lo sviluppo del continente africano, ma non sono sufficienti. Mobilitare il capitale privato è una delle principali priorità. Pertanto, le organizzazioni internazionali – UE in testa – stanno ideando metodi innovativi per trovare la giusta combinazione di finanziamenti, assistenza tecnica e dialogo politico per attrarre gli investimenti privati. La cooperazione tra organizzazioni internazionali e settore privato è ancora agli inizi, ma ha un potenziale promettente.
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