Nuove opportunità di dialogo tra l'Unione europea e gli stati del GCC. Sullo sfondo criticità e obiettivi comuni.
di
Duccio Maria Tenti
01 aprile 2019
7 min di lettura
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Duccio Maria Tenti
01 aprile 2019
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Complementarità commerciale e flusso d’investimenti, rendono l’Unione Europea e il Golfo partner strategici. L’UE promuove l’integrazione della regione attraverso un dialogo costante con il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Questo è composto da sei paesi – Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti - e da solo rappresenta il quinto mercato di esportazione dell'UE (100 miliardi di euro di esportazioni nel 2017). L'UE a sua volta è il principale partner commerciale della regione con flussi per 144 miliardi di euro, pari al 15% del commercio globale del CCG. Il commercio UE-GCC è risultato in costante aumento e tra il 2006 e il 2016 è aumentato del 53% in dieci anni, con un picco nel 2013 - corrispondente al picco dei prezzi del petrolio.
Da un punto di vista settoriale le relazioni commerciali sono ancora più fitte. Infatti, per quanto riguarda gli scambi energetici tra UE e paesi del Golfo, questi seguono i tradizionali criteri di complementarietà tra i pattern di consumo e produzione. Infatti sebbene l’UE misuri un surplus commerciale netto nei confronti dei paesi del Golfo, questa sconta una dipendenza rilevante nelle importazioni di idrocarburi. Infatti l’import europeo dai paesi del Golfo è dominato per più del 65% (+17% rispetto al 2016) da combustibili fossili per un totale annuo di 29 miliardi di euro nel 2017. Recentemente, inoltre sono stati fatti sforzi per sviluppare una cooperazione che vada oltre la tradizionale relazione commerciale tra consumatori e fornitori. La cooperazione è stata ampliata per includere ulteriori attività in particolare legate al settore energetico e alla decarbonizzazione quali ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, integrazione regionale dei mercati energetici, energie rinnovabili, efficienza energetica, cattura e lo stoccaggio di CO2 (CCS) e l'uso sostenibile del gas. È stato lanciato lo EU-GCC Clean Energy Technology Network, che si pone l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra UE e GCC nel settore dell'energia "pulita", e questo è solo uno de tanti possibili ambiti di cooperazione che possono coinvolgere l’UE e il Golfo riguardo a temi di comune interesse.
Le relazioni commerciali dell’UE con i paesi del Golfo restano tuttavia soggette alle criticità di carattere geopolitico e securitario tipiche della regione. Il Medioriente è da decenni teatro di conflitti, ma negli ultimi anni, in corrispondenza con le crisi siriana e yemenita, nella regione si sono aperte nuove linee di faglia. Inoltre la politica statunitense nei confronti dell’Iran ha amplificato la polarizzazione regionale. Nel contesto, nel Golfo - alla storica rivalità tra Riyadh e Teheran - si aggiungono in un quadro di instabilità controllata nuove forme di competizione. Le due economie più dinamiche della penisola arabica - EAU e Qatar – gareggiano infatti per il primato regionale. L’embargo a Doha (giugno 2017) e, in parallelo, il declino del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), così come l’uscita del Qatar dall’Opec (dicembre 2018) ne sono una chiara manifestazione. Autorevoli player internazionali inoltre - Russia e Cina in primis - si avvantaggiano del graduale disengagement USA nella regione, contribuendo a modificare ulteriormente gli equilibri di potere.
La regione sta mutando pelle non solo per le vecchie e nuove polarizzazioni, ma anche per le necessità legate alla transizione energetica. Per decenni, le monarchie arabe hanno consolidato il loro potere puntando sulla distribuzione dei proventi del petrolio, abituando così intere generazioni a beneficiare dei sussidi statali e di un regime fiscale vantaggioso in cambio del disimpegno della popolazione dalle dinamiche di partecipazione politica. Il crollo dei prezzi del greggio del 2014, la volatilità del prezzo del petrolio e, soprattutto, la transizione energetica, con l’incertezza che essa lancia sul futuro, hanno fatto nascere nei paesi del Golfo la necessità di diversificare le proprie economie. Ma per le monarchie della Penisola arabica, soprattutto quelle con più facile accesso all’Oceano indiano e alle sue rotte, la necessità si è sposata con l’opportunità di diventare hub della logistica mondiale e di stringere partnership strategiche con i player asiatici.
Approfondire le dinamiche di questo mutamento e, ove possibile, accompagnarne la direzione rappresenta un elemento centrale per l’Unione europea. Supportare attivamente le strategie di resilienza dei Paesi della regione è elemento di grande importanza per la UE e per i suoi legami di interdipendenza con le economie del Golfo. L’Europa ha inoltre tutti gli interessi del caso a ritagliarsi un ruolo più legittimo e riconosciuto di player politico, come ben dimostrano i passi avanti compiuti dall’EU Global Strategy o il Summit tra UE e Lega Araba, tenutosi a fine febbraio al Cairo. Una maggior cooperazione economica e sui temi della sicurezza - della lotta al terrorismo e del contrasto all’immigrazione clandestina - è auspicabile da ambo i lati. Più in generale, inoltre, si avverte l’urgenza di una dimensione più coraggiosa della diplomazia regionale. Il tentativo di salvaguardia dell’accordo di cooperazione sul nucleare iraniano da parte dell’UE è in questo senso un tema centrale, per evitare effetti a catena proprio sulla sicurezza e sulle dinamiche politiche regionali. Esso rappresenta anche un punto di partenza per rafforzare l’autonomia strategica della UE rispetto alla regione.
Parallelamente a ciò, un approccio pragmatico ad alcuni temi specifici di cooperazione può inoltre favorire il rafforzamento delle relazioni e del dialogo politico. Dopo il fallimento dell’accordo di libero scambio del 2008, e l’avvio di un decennio che ha visto i paesi del Golfo divenire investitori strategici, prevalentemente in Gran Bretagna e Francia, grazie agli investimenti dei fondi sovrani, come il Qatar o l’Abu Dhabi Investment Authority in Europa, l’UE riscopre un dialogo politico con il Golfo sempre più essenziale per la tutela dei suoi interessi.
Innanzitutto la Brexit potrebbe spingere l’UE e paesi del Golfo verso una maggior propensione a rinforzare la loro cooperazione. Infatti, se dapprima i paesi del Golfo si assicuravano un accesso ai mercati europei tramite un flusso di investimenti concentrato su Londra, la separazione tra le due sponde della Manica, ancor di più nel caso di un no-deal scenario, potrebbe spingere i paesi arabi verso una maggior diversificazione dei loro investimenti nell’Europa continentale.
Inoltre, data la relazione economica tra i paesi del Golfo e l’UE e il considerevole flusso commerciale sarà essenziale analizzare il grado di incisività della nuova strategia europea sull’utilizzo dell’euro negli scambi commerciali, soprattutto in materia energetica. L'euro è la seconda valuta più utilizzata in termini di quota di pagamenti globali, e la nuova strategia europea punta a scalzare il ruolo del dollaro come valuta nei pagamenti energetici tra UE e paesi terzi. Dalla riuscita di questa strategia dipenderà dunque la credibilità internazionale europea e una maggior vicinanza con il Golfo.
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