La Cina sforbicia le restrizioni al mercato e apre il settore del petrolio e del gas: dal 30 luglio il governo allenterà i vincoli agli investimenti esteri nella manifattura avanzata, soprattutto nel settore estrattivo, nei trasporti e nell’intrattenimento. Lo hanno annunciato congiuntamente il ministero del Commercio e la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma (NDRC), con la pubblicazione, il 30 giugno scorso, della “Lista negativa 2019”. Si tratta di un documento annuale che illustra le aree dell’economia vietate all’ingresso dei capitali stranieri. Il nuovo catalogo risulta alleggerito del 20 per cento rispetto alle precedenti stesure, con la riduzione del numero dei settori soggetti a restrizioni da 48 a 40 (erano 180 del 2011). Un segnale che Pechino intende proseguire l’apertura e la riforma dell’economia, e accelerare i negoziati con Washington al fine di scongiurare la guerra commerciale tra le due maggiori economie del mondo. In particolare, il governo cinese ha rimosso l’obbligo per le compagnie straniere di avere un partner cinese nell’esplorazione di gas e di petrolio. Figurano tra i settori depennati dalla lista, oltre allo sfruttamento e allo sviluppo degli idrocarburi, la fornitura di gas naturale nelle città sopra i 500mila abitanti; l’esplorazione ed estrazione di minerali come il molibdeno, utilizzato per la produzione di leghe d’acciaio. La lista, spiega il Centro Studi della Fondazione Italia Cina, si applica agli investimenti sia in tutto il Paese, sia nelle Free Trade Zone (le aree di libero scambio, da Shanghai a Chongqing) nei settori della pesca e dell’editoria. Si tratta di un cambiamento che va a sommarsi a un altro indirizzo di riforma: la revisione dell’elenco delle operazioni incoraggiate in Cina, soprattutto nelle aree meno sviluppate dell’Ovest. Con questo documento, il governo promuove anche gli investimenti nei settori altamente tecnologici, dal 5G alla robotica a veicoli elettrici, oltre al comparto farmaceutico e ai servizi. Ma il grado di apertura economica della Cina, scandisce la Fondazione, è ancora indietro rispetto alla media Ocse. Non mancano, inoltre, le perplessità delle compagnie straniere rispetto alla saturazione di alcuni comparti del mercato, come nel caso del cinema, pur soggetti a nuovi concessioni.
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