Alcuni dei tanti progetti volti alla conquista delle numerose risorse offerte dallo spazio.
di
Michael Belfiore
05 marzo 2020
10 min di lettura
di
Michael Belfiore
05 marzo 2020
10 min di lettura
La presenza dell'acqua su altri pianeti viene da tempo considerata la premessa per possibili forme di vita in altri mondi. Essenziale per la vita sulla Terra e per l’uomo, l’acqua sarebbe una risorsa inestimabile per i futuri astronauti e i loro insediamenti sulla Luna, su Marte o su altri corpi celesti. Oltre a costituire una potenziale fonte di ossigeno e acqua potabile, potrebbe anche essere usata come propellente per razzi scindendo l’idrogeno e l’ossigeno che la compongono.
Ma l’acqua è solo una delle tante risorse potenzialmente preziose presenti nello spazio, alcune delle quali potrebbero portare beneficio alla vita sulla Terra già oggi, senza aspettare un futuro remoto. Aziende come Space Exploration Technologies (SpaceX), Rocket Lab, Virgin Galactic e Astrobotic, insieme alle agenzie spaziali che le utilizzano, stanno aprendo nuove vie di esplorazione nel mondo cosmico alla ricerca di risorse che possano rappresentare il nuovo “oro extraterrestre”.
SpaceX fa parte del novero di aziende che, secondo alcuni osservatori, potrebbero creare un’economia basata sullo spazio del valore di mille miliardi di dollari. Il suo progetto Starlink punta a fornire allecomunità di tutto il mondo un accesso a Internet non dispendioso, ad alta velocità e a bassa latenza. Tra queste sarebbero incluse anche quelle attualmente isolate dall’era dell’informazione, per mancanza di infrastrutture terrestri.
Nel 2019 la società ha lanciato 122 satelliti a banda larga, la flotta più grande attualmente posseduta e gestita da una singola entità, con il progetto di superare quota 1.000 e dare inizio al servizio nel 2020. Ha inoltre avviato le pratiche per lanciare ben 42.000 satelliti nei prossimi anni. SpaceX non è l’unico operatore a cercare fortuna nello spazio intorno alla Terra. La statunitense Rocket Lab, che dispone di rampe di lancio in Nuova Zelanda e Virginia, ha già portato in orbita decine di piccoli satelliti per conto di varie agenzie governative, università, società private e organizzazioni no-profit, tutte interessate a ricavare qualche forma di utilità dall’ambiente spaziale prossimo alla Terra.
A ottobre del 2019, Virgin Galactic è stata la prima società di turismo spaziale a essere quotata in borsa, entrando nel listino del New York Stock Exchange con la sigla SPCE. La sua ambizione dichiarata è quella di offrire una navetta che colleghi la Terra a strutture alberghiere e laboratori orbitanti, ma anche di proporre voli spaziali transcontinentali. L’azienda punta a lanciare i primi voli commerciali nel 2020. Nella stessa area di attività si colloca Blue Origin, di proprietà del CEO di Amazon Jeff Bezos, che offre voli spaziali per turisti e ricercatori. La società non ha ancora annunciato una possibile data per le prime offerte di trasporto passeggeri, ma ha già effettuato una serie di voli di prova senza carico.
L’Aurora Station della Orion Span, uno dei progetti di hotel orbitale
Lo spazio offre un accesso illimitato a un’altra risorsa preziosa per la Terra: l’energia solare. Nello spazio non c’è notte, né ci sono nuvole o altre intemperie a oscurare il sole. Ecco perché il sogno di un’energia solare ricavata dallo spazio affascina da vari decenni molti studiosi e potenziali investitori.
All’inizio del 2019, un gruppo di scienziati cinesi ha presentato un progetto per un centro di ricerca orbitante, in cui verrebbero testate nuove tecnologie con cui raccogliere l’energia solare ad alta quota per poi irradiarla sulla superficie terrestre in forma di microonde. La Cina potrebbe realizzare una centrale solare orbitante e iniziare a trasmettere energia dallo spazio entro il 2040.
Per non essere da meno, l’aeronautica militare statunitense ha annunciato a ottobre 2019 una commessa da oltre 100 milioni di dollari a Northup Grumman per lo sviluppo di tecnologie basate sullo sfruttamento dell’energia solare nello spazio.
I ricercatori impegnati nello Space Solar Power Project del California Institute of Technology hanno già creato un hardware che dimostra un possibile utilizzo dell’energia solare ricavata dallo spazio. Si tratta di una tegola flessibile che incorpora su un lato un pannello solare ad alta efficienza e, sull’altro lato, l’elettronica che converte l’elettricità del pannello in energia radio a microonde. Collegate in serie per formare moduli più grandi, le tegole potrebbero essere lanciate in orbita con il pannello solare rivolto verso il Sole e il lato di trasmissione radio orientato verso la Terra. Un ricevitore sulla superficie terrestre raccoglierebbe l’energia e la convoglierebbe a una rete elettrica.
“Questo sistema potrà generare una quantità di energia otto volte superiore, perché non vi sarà alcuna perdita durante la giornata,” ha spiegato Sergio Pellegrino, co-direttore dello Space Solar Power Project, in una recente conferenza. Ha dichiarato che il sistema è in grado di produrre elettricità al costo di 1-2 dollari per kilowatt/ora, che per sua stessa ammissione è un prezzo sensibilmente più alto rispetto a quello di altre fonti. Secondo la U.S. Energy Information Administration, nel 2019 i prezzi dell’elettricità negli Stati Uniti sono stati mediamente nell’0rdine dei 10 centesimi per kilowatt/ora.
Ciononostante le economie di scala, i continui progressi tecnologici e la riduzione dei costi di lancio potrebbero portare a un significativo abbassamento dei prezzi dell’energia solare ricavata dallo spazio, eliminando molti degli svantaggi di quella generata sulla Terra.
Ricostruzione grafica del sistema di energia solare in orbita
All’inizio del 2019, SpaceIL, un’organizzazione privata israeliana attiva nei progetti spaziali, ha lanciato il suo primo lander commerciale sulla Luna. La missione non ha avuto successo, essendo riuscita a inviare solo alcune foto prima di schiantarsi sulla superficie lunare. Nonostante ciò, il tentativo ha segnato l’inizio dell’esplorazione commerciale della Luna.
L’ambiente lunare ha un grande valore per le applicazioni sperimentali, sia come piattaforma per aumentareil prestigio delle nazioni, sia — in un prossimo futuro — come luogo di esplorazione per la ricerca di risorse utili. Ecco perché, dopo l’allunaggio di un rover cinese all’inizio del 2019, anche gli Stati Uniti hanno annunciato un piano per far tornare i propri astronauti sulla Luna. L’India li ha seguiti all’inizio del 2020 con l’annuncio di una propria missione lunare.
La statunitense Astrobotic è una delle società più all’avanguardia nell’invio di lander sulla Luna e offre servizi di allunaggio a chiunque possa permettersi costi di trasporto di 1,2 milioni di dollari al chilo. Uno di questi è la NASA, che nel 2019 ha assegnato all’azienda un contratto da 79,5 milioni di dollari per l’invio di 14 strumenti scientifici e tecnologici sulla superficie lunare.
Il piano prevede l’arrivo sulla Luna del primo lander commerciale nell’estate del 2021, a cui farebbero seguito nuovi lander ogni anno. Oltre alla NASA, la società serve almeno altri 14 clienti, tra cui lo spedizioniere DHL, intenzionati a inviare i propri materiali sulla Luna. Astrobotic è solo una delle aziende con cui la NASA ha stipulato contratti per missioni di questo tipo. L’elenco include anche Blue Origin, Moon Express, SpaceX e altre dieci. La competizione per la Luna è in pieno corso.
“Abbiamo assunto molte persone e siamo notevolmente cresciuti come azienda — negli ultimi quattro mesi abbiamo più che triplicato le nostre dimensioni," ha dichiarato il CEO di Astrobotic John Thornton. "Siamo solo all’inizio, e guardiamo con grande entusiasmo a questa nuova fase lunare".
Nel frattempo, alcuni esploratori robotici si stanno già spingendo oltre la Luna. La sonda giapponese Hayabusa2 ha concluso a fine 2019 la sua missione di esplorazione dell’asteroide Ryugu. Alla fine del 2020 farà ritorno sulla Terra con campioni di un cratere che ha estratto dalla superficie dell’asteroide e che consegnerà agli scienziati per le analisi. Questa missione potrebbe rappresentare un primo passo verso una futura “corsa all’oro” sugli asteroidi.
Un asteroide di condrite carbonacea con una composizione simile a quella di Ryugu può contenere, in appena 7 metri di diametro, ben 110 metri cubi di preziosa acqua. Un asteroide metallico di soli 24 metri può contenere 33.000 tonnellate di metalli utili, magari platino, per un valore di decine di milioni di dollari. Le nuove missioni puntano a sfruttare in qualche modo il potenziale di quegli asteroidi lontani, di cui oltre 100.000 sono già stati avvistati.
Spingendosi ancora più lontano, si è osservato che Titano, uno dei satelliti di Saturno, contiene idrocarburi liquidi in quantità centinaia di volte superiori a quelli presenti sulla Terra, inclusi enormi laghi di metano liquido. Secondo gli autori del libro "Beyond Earth", quella grande riserva di combustibile potrebbe fornire energia a colonie su Titano, magari dando origine a future civiltà indipendenti.
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