La scienza rassicura sugli effetti delle nuove tecnologie sull’organismo umano.
di
Luca Longo
15 ottobre 2020
6 min di lettura
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Luca Longo
15 ottobre 2020
6 min di lettura
È ormai assodato: in tempi di crisi, le fake news si diffondono più rapidamente persino di qualsiasi virus. È stato così anche per la leggenda che la rete 5G avrebbe causato la diffusione del virus SARS-CoV2 e sarebbe responsabile della pandemia COVID-19. I team di ricerca di tutto il mondo stanno lavorando senza sosta per comprendere il meccanismo di infezione, trovare farmaci in grado di curare i malati e creare vaccini per impedire al virus di fare nuove vittime.
Ciò nonostante, il metodo scientifico è un processo lento. Ogni ipotesi deve essere analizzata da team interdisciplinari, ogni teoria deve essere sottoposta alla prova dei fatti, ogni esperimento deve essere ripetuto da equipe indipendenti in tutto il mondo per poter esser validato. Spesso però sui social questa pazienza non c’è.
Secondo Newsguard –un’associazione di giornalisti per la verifica delle notizie– il primo a lanciare l’ipotesi di un collegamento fra 5G e Coronavirus è stato il sito cospirazionista francese Les moutons enragés: il 20 gennaio (in quel momento la Cina contava 300 infetti e 6 morti) collega l’epidemia con l’installazione di antenne 5G a Wuhan nei mesi precedenti. Due giorni dopo, la notizia era già arrivata sui giornali: il 22 gennaio la testata belga Het Laatste Nieuws, pubblica un’intervista con il medico Kris Van Kerckhoven dai toni perentori, intitolata “Il 5G minaccia le nostre vite e nessuno lo sa”.
Tre mesi dopo, alcuni fanatici cominciano a dare fuoco alle antenne telefoniche (4G) in tutta Europa. Le teorie cospirazioniste sui danni alla salute causati dalle reti telefoniche mobili risalgono ai primi anni novanta del secolo scorso, quando cominciarono a diffondersi i primi cellulari; ma il primo episodio in assoluto risale addirittura all’inizio del novecento.
Numerose le persone che hanno partecipato alla protesta globale contro il 5G
Come riferisce il Los Angeles Daily Times del 3 giugno 1903, all’Hotel Hollenbeck si svolse il convegno fondativo della Società Elettromedicale della California del Sud. Sotto la presidenza del Dr. Shepard Barnum, i 38 membri della nuova associazione discussero le loro teorie sulle interazioni del corpo umano coi raggi X, le correnti ad alta e a bassa frequenza e anche le onde radio. Nel numero 6 di ottobre 1924 della rivista Science and Invention, Hugo Gernsback (uno dei padri della fantascienza moderna, nonché uno scienziato) fu costretto a spiegare che la nuova tecnologia della radio non poteva essere considerata responsabile per l’alternanza di alluvioni e periodi di siccità di quegli anni; e nemmeno per gli ultimi terremoti.
Un contributo decisivo su questo tema venne dal suolo italiano. Nel giugno del 1936 Rachele Guidi, moglie di Benito Mussolini, stava percorrendo la Roma-Ostia quando, all’altezza di Acilia, alcune auto, fra cui la sua, si fermarono all’improvviso per almeno 20 minuti, per poi ripartire e proseguire normalmente. La responsabilità dell'accaduto venne attribuita al cosiddetto raggio della morte, sperimentato da Guglielmo Marconi –l’inventore della radio. Marconi, infatti, fondò il Centro radioelettrico Sperimentale di Torre Cannuccia, vicino a Roma, dove dal 1932 studiò come concentrare fasci di microonde su auto, aerei, addirittura mucche al pascolo. Probabilmente si trattava dei primi esperimenti per la realizzazione di un sistema radar.
Qualche decina di anni dopo, negli anni 90, compaiono i primi telefoni cellulari e con loro sempre nuove tecnologie. Ognuna da TACS a GSM a 2G, 3G e 4G, fino a Wi-Fi e Bluetooth è stata seguita da preoccupazioni per i possibili effetti nocivi delle frequenze elettromagnetiche. È provato che onde elettromagnetiche a frequenza molto più elevata, come quella dei raggi ultravioletti, dei raggi X o delle radiazioni alfa, beta e gamma, migliaia se non milioni di volte maggiori, interagiscano –spesso nocivamente– con l’organismo umano. Ma non esiste a oggi alcuna prova che a frequenze al di sotto della radiazione visibile –in particolare nella zona delle onde radio– si possano avere interazioni (positive o negative) con la salute umana.
Lo dimostra, per esempio, il report pubblicato nel 2019 dall’Istituto Superiore di Sanità italiana, riassunto di numerosissime ricerche pluriennali sull’esposizione umana alle frequenze radio impiegate per la comunicazione cellulare, la TV e altre apparecchiature di uso comune. In seguito, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP) ha integrato il report dell’ISS con lo studio delle radiofrequenze caratteristiche delle reti 5G. Ha confermato così che le radiazioni di questa frequenza riescono a entrare nell’organismo umano e a provocare lievi aumentidella temperatura corporea, ma in modo molto più blando rispetto a quello che succede, a esempio, durante il normale esercizio fisico.
Su queste basi, i dispositivi telefonici mobili che ci circondano sono considerati ragionevolmente sicuri, preso atto dell’impossibilità di un rischio assolutamente nullo in ogni apparecchiatura o attività umana. In aprile 2020 la stessa ICNIRP si è trovata costretta a intervenire con una nota ufficiale per ribadire che le ipotesi che Covid-19 sia in qualsiasi modo correlato con le reti 5G “non sono supportate da nessuna evidenza sperimentale (nemmeno una debole evidenza), e la massa di pubblicazioni scientifiche a proposito delle radiazioni elettromagnetiche collegate al 5G dimostra che queste pretese non hannoalcun fondamentoreale”.
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