“Possibile che nel 1943, in piena Seconda guerra mondiale, quando molti italo-americani preferivano cambiarsi il cognome pur di nascondere la propria origine, un ragazzo che portava un nome che più italiano non si può, fosse ammesso all’Accademia di West Point? Possibile. Questa era ed è l’America delle grandi opportunità…”.
Accadeva proprio questo dall’altra parte del mondo, quando la “fabbrica” delle migliori intelligenze dell’esercito americano apriva le porte a un italiano: Rocco Petrone (1926-2006). Potrebbe sembrare una delle tante storie di emigrazione che hanno interessato il nostro Paese, quella che racconta il giornalista Renato Cantore nel suo libro “Dalla Terra alla Luna, Rocco Petrone, l’Italiano dell’Apollo 11” (edito in Italia da Rubbettino). Il libro ha anche ispirato il documentario, “Luna italiana”, diretto da Marco Spagnoli e prodotto da Istituto Luce-Cinecittà per A+E Networks Italia, con il patrocinio di Agenzia Spaziale Italiana e in collaborazione con la Nasa e che, tra gli altri, raccoglie le testimonianze di Tito Stagno, Piero Angela, Oscar Cosulich, dell’astrofisico Amedeo Balbi, dell’ingegnere aerospaziale Roberto Somma. La storia di Rocco Petrone, invece, è una di quelle che indubbiamente hanno cambiato la storia dell’umanità perché “non saremmo mai arrivati sulla Luna in tempo o, forse, non ci saremmo mai arrivati senza Rocco Petrone”: scriveva Isom A. “Ike” Rigell, ingegnere capo delle operazioni di lancio del Kennedy Space Center in Florida.
E proprio mezzo secolo dopo che l’uomo arrivò sulla Luna, nel giorno delle celebrazioni, il 20 luglio scorso, un’altra missione “Beyond”. Al comando sull’ISS, la Stazione spaziale internazionale, importante avamposto orbitale per guardare “oltre” lo spazio aperto anche per un ritorno sulla Luna o per puntare a Marte, sempre un italiano, Luca Parmitano, astronauta dell’Esa, rimasto in orbita fino al 6 febbraio.
Questa potrà essere un’altra storia da raccontare, perché prima ancora è la figura e la centralità di Rocco Petrone, figlio di emigrati lucani, che va riletta nella sua attualità. Fu proprio lui il direttore del lancio dell’Apollo 11 da Cape Kennedy il 16 luglio 1969: l’uomo del “go!” alla missione che avrebbe portato i primi uomini sulla Luna.
Figlio di contadini lucani che da Sasso di Castalda, un paesino a pochi chilometri da Potenza, avevano cercato fortuna in America, era nato a Amsterdam, New York, nel 1926. Voluto alla Nasa da Wernher von Braun, lavorò alla costruzione del Saturno V e della mitica rampa di lancio 39 da cui partirono gli astronauti verso la Luna. Poi fu promosso Direttore del programma Apollo e, al culmine della carriera, divenne il numero tre della Nasa.
“E allora, tanto per cominciare, datemi Rocco Petrone”, disse Von Brown quando accettò di vincere la sfida e “battere i sovietici nella corsa alla conquista dello spazio”. “Il carattere un po’ ombroso, la riservatezza, la ferrea disciplina imparata in uno degli eserciti più importanti”, ma soprattutto “la sua competenza tecnica, la grande memoria fotografica, la tenacia e l’impressionante resistenza allo stress e alla fatica” hanno fatto di Rocco Petrone “l’uomo del “go!”, “il responsabile delle operazioni di lancio, vale a dire praticamente di quasi tutto quello che sarebbe accaduto su questo straordinario teatro della Storia”.