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Nota stampa Eni 30 marzo 2016

30 marzo 2016
3 min di lettura
30 marzo 2016
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Ravenna, 30 Marzo 2016 – Eni, in riferimento all’azione dimostrativa di Greenpeace di oggi presso la piattaforma Agostino B, condotta peraltro in violazione delle norme di sicurezza stabilite dalla legge a tutela delle persone e degli impianti, ribadisce l’adozione dei più elevati standard e linee guida internazionali nella gestione delle attività in tutti i contesti in cui opera, primo fra tutti l’ambiente marino.

Relativamente alle 100 “piattaforme mancanti“, per le quali secondo Greenpeace non sarebbero stati forniti i piani di monitoraggio, Eni spiega che quelle di propria pertinenza, non emettono scarichi a mare, nè effettuano re-iniezione di acque di produzione in giacimento, pertanto non ci sono piani di monitoraggio prescritti e nessun dato da fornire.

Gli impianti offshore di Eni nel Mare Adriatico sono dedicati alla produzione di gas naturale, la più sostenibile tra le fonti fossili, ed operano da sempre nel pieno rispetto delle leggi e delle prescrizioni vigenti. Rigidi controlli ambientali vengono eseguiti da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dalle Capitanerie di Porto, coadiuvante dalle ARPA locali.

Eni, come previsto dalle normative, annualmente fornisce al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) un rapporto sulle caratteristiche quantitative e qualitative delle acque e delle attività effettuate sulle piattaforme.

Le analisi svolte dagli Enti di controllo e i rapporti di Eni confermano che non vi sono criticità per l'ecosistema marino riconducibili alle attività di produzione di idrocarburi in nessuna delle matrici ambientali monitorate.

I dati elaborati nello studio di Greenpeace sono stati estrapolati da tali rapporti di monitoraggio presentati da Eni al MATTM negli ultimi 3 anni e relativi a 34 piattaforme. Nel merito di quanto riportato nel documento pubblicato da Greenpeace è necessario precisare che i limiti presi in considerazione da Greenpeace per le sostanze oggetto di monitoraggio non rappresentano limiti di legge definiti per valutare l’eventuale inquinamento derivante da una specifica attività antropica.

Tali valori sono utilizzati da ISPRA come riferimento tecnico nelle relazioni di monitoraggio dell’ecosistema marino circostante le piattaforme unicamente per valutarne le eventuali alterazioni, sulla base di un confronto con standard di qualità utilizzati per aree incontaminate.

I limiti presi a riferimento da Greenpeace, ossia gli Standard di Qualità Ambientale definiti nel D.M. 56/2009 e D.M. 260/2010, sono utilizzati per definire una classificazione comune a livello europeo circa lo stato di salute di un ambiente incontaminato in corpi idrici superficiali e riguarda, pertanto, le acque marine costiere all’interno della linea immaginaria distante 1 miglio nautico (circa 1,8 km) dalla linea di costa, mentre tutte le 34 piattaforme, oggetto dell’analisi, sono ubicate ad una distanza dalla costa compresa tra 6 miglia (10,5 km) e 33 miglia (60 km).

Circa quanto riportato da Greenpeace sull’inquinamento da idrocarburi nel Mediterraneo, è utile ricordare che studi effettuati da Università e Istituti scientifici evidenziano che per il 60% tale inquinamento deriva da scarichi civili e industriali e per il 40% dal traffico navale, che riversa in mare circa 150.000 ton/anno di idrocarburi. Insignificante, invece, l’apporto dell’attività petrolifera (< 0,1%).