Questo articolo è tratto da WE-World Energy n. 44 – Rethinking Energy. Leggi il magazine
Si può essere d’accordo o meno sulle politiche sul clima e perfino nutrire dubbi sul rapporto dell’IPCC adottato a ottobre scorso dalle Nazioni Unite ma gli europei, leader, imprenditori o semplici cittadini non potranno ignorare il quadro delle politiche proposte da Commissione e Parlamento europeo, che sono la base di lavoro del nuovo Presidente della Commissione, la tedesca Ursula von der Leyen. Il quadro – disegnato dalla proposta di bilancio messa a punto a maggio 2017 e che, in prima ipotesi, doveva essere approvata lo scorso 9 maggio al Vertice di Sibiu, ed ha visto poi un ritardo dovuto alle elezioni del parlamento europeo – non dovrebbe sostanzialmente cambiare, così da mantenere un 25% del bilancio, e dei relativi fondi strutturali del periodo 2021-2027, dedicato espressamente alla battaglia per il cambiamento del clima, l’ambiente e le energie rinnovabili. Dietro questo piano c’è l’ambizione, sostenuta dal documento approvato a novembre del 2018, che l’Unione europea abbia un ruolo guida, da “numero uno”, nel raggiungere quota “zero emissioni” al 2050. La neo Presidente lo ha ribadito anche nel discorso di investitura in Parlamento europeo, e le negoziazioni che hanno preceduto il suo “debutto” nel Consiglio europeo, sotto la Presidenza rumena dello scorso giugno, ne hanno precisato i contorni con un documento finale che dedica un intero paragrafo a riflettere “sull’importanza di affrontare i cambiamenti climatici in linea con l’impegno dell’Unione di attuare l’accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”, per cui “ i programmi e gli strumenti dovrebbero contribuire all’integrazione delle azioni per il clima e al conseguimento dell’obiettivo generale di destinare (almeno) il 25% delle spese di bilancio”. Cosa significa questo nella pratica quotidiana di ogni paese membro, che dovrebbe aver presentato un piano generale già entro il dicembre 2018?