La forestazione è una delle migliori soluzioni nella lotta contro il cambiamento climatico e per la riqualificazione dell’ambiente urbano.
di
Maria Pia Rossignaud
17 luglio 2020
9 min di lettura
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Maria Pia Rossignaud
17 luglio 2020
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Quando pensiamo alle numerose iniziative volte a piantare nuovi alberi, siamo spesso abituati a immaginarli lontani, in aree rurali o naturali. Da qualche anno, invece, si sta diffondendo sempre più l’idea che la forestazione possa aiutare a combattere i cambiamenti climatici, oltre a comporre spazi urbani più vivibili e vari.
L’obiettivo è rinaturalizzare un territorio attraverso la messa a dimora di alberi e arbusti adatti alle condizioni del suolo e del clima. Piantare nuovi alberi può attenuare l’impatto delle attività umane, contribuire all'adattamento climatico, aumentare la resilienza del territorio stesso rispetto agli stress ambientali e agli eventi estremi connessi con il riscaldamento globale.
La neoeletta Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, negli scorsi mesi ha insistito fermamente sul fatto che il Vecchio Continente abbia bisogno di un Green New Deal, un imponente piano di misure economiche e politiche volto a raggiungere obiettivi molto severi in tutti gli stati europei in due fasi: entro il 2030 e il 2050. Tale rivoluzione verde riguarderà ogni settore economico. Insisterà sull’economia circolare, l’efficientamento energetico, la decarbonizzazione e l’adozione in pianta stabile di energie prodotte da fonti rinnovabili. Oltre tutto questo, punterà anche in modo significativo sulla riforestazione di aree molto estese.
Siamo già abituati a pensare a questa pratica come a un’azione concreta per il clima ed è una delle strategie di base utilizzate dalle istituzioni pubbliche, dalle aziende e dai privati, per compensare il proprio impatto ambientale. Da anni è stata introdotta in quasi tutte le legislazioni nel capitolo dedicato al clima ed è spesso utilizzata come soluzione semplice, ovviamente non esaustiva, a un problema molto complesso. Per citare un dato emblematico, a oggi quasi 25 milioni di acri di foreste sono abbattuti ogni anno a causa della necessità di terreni per l’agricoltura, per i pascoli da allevamenti e per l’olio di palma. Anche la comunità scientifica ha da tempo sposato la riforestazione, producendo una gran quantità di ricerche e studi sui benefici prodotti da questa pratica. Alan Buis della NASA ha dichiarato che “piantando più di mezzo trilione di alberi, potremmo catturare circa 205 miliardi di tonnellate dicarbonio, riducendo il carbonio atmosferico di circa il 25%”. Tale affermazione, basata sulle ricerche condotte da Jean-Francois Bastin dell’ETH-Zurigo, è un esempio lampante del pensiero generale su questo tema.
La forestazione invece è ancora poco conosciuta. Lavora su contesti variegati e numeri diversi, comunque considerevoli visto che parliamo di migliaia di piante. Può essere messa in atto in un’area urbana o extraurbana di sufficiente estensione che consenta lo sviluppo di un vero e proprio bosco, oppure può essere realizzata per un intervento più mirato in un contesto cittadino come un parco, un viale, o una piazza, mediante la posa di alberi di più grandi dimensioni. Nei terreni privati può rappresentare una valida alternativa per riqualificare in un modo ambientalmente sostenibilele aree industriali dismesse, o per generare un bosco nelle aree di proprietà di una azienda. Senza contare l’impatto positivo che la forestazione può avere sulle zone a rischio idrogeologico, o che necessitano di una messa in sicurezza attraverso opere di consolidamento di versante. Può aiutare a riqualificare terreni in seguito a eventi ambientali catastrofici come, per esempio, la tempesta Vaia dell’ottobre 2018. Attraverso la costruzione di infrastrutture verdi quali muri di alberi, giardini pluviali e argini di mangrovie, si possono contrastare fenomeni come le inondazioni che, per colpa dei cambiamenti climatici, stanno diventando sempre più frequenti e aggressivi.
La Rete Clima, un ente no profit presente su tutto il territorio italiano, da anni promuove la creazione di sinergie tra realtà del mondo pubblico e del mondo privato, tra soggetti profit come le aziende e no profit: la Rete Clima, Comuni e Parchi. Ha il fine di realizzare progetti ambientali concreti che mettano in atto le politiche di Corporate Social Responsibility (CSR - responsabilità sociale delle aziende) previste dalle Nazioni Unite per il2030. Rete Clima ha realizzato il Protocollo Forestazione Italiana che ben riassume le azioni chiave di questi processi:
“Il Protocollo nasce come occasione per formalizzare il nostro iter tecnico forestale (per forestazione urbana ed extraurbana) dentro un green label (marchio verde, ndr) che sia identificativo e rappresentativo del nostro modo di operare. Lo intendiamo come strumento per lavorare in modo concreto per la tutela del clima dentro una campagna per rendere più verde il territorio nazionale…”.
Le azioni previste dal protocollo sono estese e vanno dalla corretta progettazione forestale, alla realizzazione di impianti forestali naturaliformi fino all’utilizzo di specie forestali autoctone e certificate. E ancora sono necessari il rispetto dei requisiti della buona tecnica forestale e degli eventuali vincoli territoriali e paesaggistici, la manutenzione degli impianti forestali realizzati, la partecipazione diretta di aziende e realtà territoriali alle attività territoriali e, infine, il coinvolgimento della filiera florovivaistica locale. Tutte queste azioni vengono messe in campo al fine di “generare reali, concreti e duraturi benefici per la comunità locale e il suo territorio”.
Tali linee guida, concepite con l’intento di creare una sorta di certificato di qualità delle azioni di forestazione, sono in realtà un ottimo riassunto di tutto ciò che questa pratica dovrebbe comportare.
D’altronde, anche il secondo World Forum on Urban Forests, l’appuntamento globale sulle foreste urbane che a fine 2019 si è tenuto a Milano, ha evidenziato che si va inesorabilmente verso un inurbamentosempre più massiccio. Si calcola che entro il 2030, circa i due terzi della popolazione mondiale vivranno in aree urbane e, di conseguenza, pensare agli spazi delle città ora diventa fondamentale. La vivibilità delle aree urbane sarà una tematica sempre più all’ordine del giorno. Quindi la strategia urbana che si sceglierà di perseguire sarà determinante per il nostro futuro. Il Forum ha evidenziato come la forestazione urbana sia l’unica scelta realmente praticabile, per accompagnare l’aumento del numero degli abitanti e la sostenibilità. Infatti, oltre ai vantaggi già elencati, la forestazione consente anche di regolare la temperatura, mitigando i venti freddi nel corso dell’inverno e offrendo zone fresche d’estate. In più, offre rifugio a molte specie di uccelli e assicura il benessere di organismi essenziali per la nostra sopravvivenza come le api.
Nonostante la forestazione sia una pratica relativamente recente, esistono già esempi significativi di come possa essere messa in atto.
Ne citiamo solo due, ma la lista potrebbe essere lunghissima. Il primo riguarda un progetto avveniristico che prende spunto dal passato. Dalle città Maya immerse tra le piante tropicali e i canali. Si tratta della prima Smart forest city del mondo che sorgerà vicinoCancun, in Messico, in seguito a un accordo tra il governo locale e lo studio Stefano Boeri architetti, già famoso per il Bosco Verticale di Milano. Nel progetto, presentato nel corso del Climate Action Summit di New York, si delinea un’area di 557 ettari che potrà accogliere 130 mila abitanti in uno spazio sostenibile e autosufficiente. Il verde sarà diffuso sull’intera superficie urbana e da subito si punterà all’uso esclusivo di mezzi elettrici. Il tutto entro il 2026, una data incredibilmente vicina per un progetto così ambizioso.
Il secondo si svilupperà in Galles, nel Regno Unito, con l’obiettivo di creare un’intera foresta che attraversi tutta la regione. Una rete di boschi che copra l’intero territorio, aiutando a preservare la natura, migliorare la biodiversità e diminuire l’anidride carbonica presente nell’atmosfera, grazie all’assorbimento delle piante. Un progetto da cinque milioni di sterline che le Autorità mirano a realizzare con il massimo coinvolgimento delle popolazioni locali, al fine di trasmettere l’idea che “il bosco è di tutti e sta ad ognuno prendersene cura”. Si inizierà a un ritmo di 2.000 ettari ogni anno di piantumazioni, che dovrebbero poi crescere fino a raggiungere, a pieno regime, la quota di 4.000 ettari ogni anno. Nelle intenzioni dei promotori e delle Istituzioni coinvolte, la National Forest, questo il nome che è stato dato alla futura rete boschiva, dovrebbe consentire di ridurre le emissioni di carbonio dello stato britannico di almeno l’80% entro il 2050, migliorare significativamente la qualità dell’aria, favorire il turismo. Aiutando anche ad avere acqua più pulita nei fiumi, terreni rigenerati per il cibo, un nuovo habitat per gli animali e legno disponibile per la bioedilizia.
Due imprese molto diverse ma con una vocazione rivoluzionaria simile che potremmo prendere come monito delle azioni da intraprendere, anche su scala più piccola ma comunque efficace, per combattere i cambiamenti climatici grazie alla forestazione.
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