È la fonte fossile di energia a minor impatto ambientale e può da subito contribuire alla riduzione delle emissioni di CO₂, favorendo la transizione verso un sistema energetico decarbonizzato.
di
Giuseppe Sammarco
01 ottobre 2020
6 min di lettura
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Giuseppe Sammarco
01 ottobre 2020
6 min di lettura
Oltre alle rinnovabili, tra le fonti di energia che possono contribuire fin da subito a sostenere il percorso di transizione energetica verso la decarbonizzazione ce ne è una ben conosciuta e diffusa: il gas naturale. In molti ritengono che il gas naturale rappresenti il combustibile ponte (“bridge fuel”) nel processo di transizione verso un nuovo paradigma energetico. Infatti, oltre ad essere disponibile in abbondanza ed essere ampiamente utilizzato e conosciuto, il gas naturale è la fonte fossile di energia a minor impatto ambientale. Oltre a produrre un livello di emissioni inquinanti notevolmente inferiore – in alcuni casi nullo – rispetto alle altre fonti fossili di energia, la sua combustione genera anche un livello inferiore di anidride carbonica. Ad esempio, un megawattora di energia elettrica generata da una centrale alimentata a gas naturale produce una quantità di anidride carbonica pari a circa la metà di quella prodotta dalla generazione di un megawattora da una centrale alimentata a carbone. Ecco perché il gas naturale sarebbe in grado di conseguire una riduzione consistente e immediata delle emissioni di CO₂ se a livello mondiale fosse utilizzato fin da subito al posto del carbone nel settore della generazione elettrica.
Le centrali elettriche alimentate a gas naturale hanno anche altri vantaggi: hanno un’efficienza di conversione molto elevata (circa il 60% dell’energia in entrata è trasformata in elettricità), sono programmabili – ovvero funzionano quando servono indipendentemente dalle condizioni esterne – ed entrano in funzione salendo a pieno regime in tempi rapidi. Questi motivi le rendono impianti ideali per affiancare e integrare lo sviluppo delle fonti rinnovabili non programmabili e intermittenti come eolico e fotovoltaico, garantendo sicurezza e qualità di funzionamento al sistema elettrico. Se si aggiunge che le emissioni di anidride carbonica prodotte dalle centrali elettriche a gas naturale possono essere quasi azzerate catturandole con impianti appositi e stoccandole nel sottosuolo –Carbon Capture and Storage, CCS - quella del gas naturale diventa una scelta che contribuisce ancor più alla riduzione del potenziale emissivo del mix energetico. Dal gas naturale, inoltre, è possibile ricavare idrogeno, una fonte gassosa di energia pulita, la cui combustione non provoca emissioni di inquinanti o di gas serra e nei confronti della quale stanno nascendo grandi aspettative. Il processo utilizzato per trasformare il metano in idrogeno è detto di steam reforming. Questo processo produce anidride carbonica, che può essere però catturata e stoccata, come nel caso della generazione elettrica, utilizzando la CCS, azzerando o quasi azzerando in questo modo le emissioni di CO₂ lungo tutta la filiera di produzione dell’idrogeno (chiamato blue hydrogen in questo caso) da gas naturale.
Generazione elettrica e produzione di idrogeno, accoppiate alla CCS, possono dunque valorizzare il ruolo del gas naturale nella transizione energetica, rendendolo ancora più efficace come strumento di decarbonizzazione. A questo proposito, è opportuno dedicare attenzione al problema delle emissioni fuggitive di metano provenienti dalla filiera del gas naturale. Questo termine identifica le emissioni gassose dovute alle perdite fisiologiche e non accidentali dagli organi di tenuta (ovvero flange, valvole di sicurezza, compressori, pompe e valvole di regolazione) degli impianti di trasporto, distribuzione e stoccaggio di gas naturale. Anche il metano, infatti, è un gas ad effetto serra che – se disperso in atmosfera - ha una capacità di riflettere l’energia al suolo molto più elevata di quella dell’anidride carbonica, pur avendo un tempo di permanenza notevolmente inferiore. Questo tema è spesso utilizzato per contestare i vantaggi del gas naturale, anche se molte critiche fanno riferimento a dati riferibili a contesti specifici e particolarmente penalizzanti. Nella realtà, questa tipologia di emissioni – ove misurata puntualmente, come di recente fatto da Eni ed altre aziende oil & gas su un campione di impianti – si è rivelata essere più bassa dei valori stimati applicando coefficienti standard. Anche uno studio dell’Imperial College ha valutato le emissioni di gas serra misurate nell’intero ciclo di vita del combustibile utilizzato presso circa 300 centrali a gas e a carbone moderne, confrontando le due tecnologie: il risultato è che, in media, le centrali a gas hanno comunque un livello di emissione di gas serra per megawattora prodotto pari alla metà di quello delle centrali a carbone.
Il problema della riduzione delle emissioni fuggitive di metano associate alla filiera energetica del gas naturale deve in ogni caso essere affrontato, anche perché è risolvibile attraverso il monitoraggio degli impianti e interventi periodici di manutenzione. Molte aziende - e tra queste Eni – hanno già da tempo implementato azioni concrete allo scopo di ridurle, conseguendo ottimi risultati. Sono numerose anche le iniziative promosse da associazioni di settore: tra queste ricordo che Eni e le altre compagnie energetiche, che aderiscono all’OGCI (Oil & Gas Climate Initiative), si sono date un preciso obiettivo di riduzione delle emissioni di metano associate allo svolgimento dell’attività di produzione, trattamento e stoccaggio di petrolio e gas naturale.
Se volete avere maggiori informazioni su obiettivi e risultati conseguiti da Eni nella riduzione delle emissioni di metano (e molti altri) scaricate dal sito Eni il rapporto “Eni for 2019 – neutralità carbonica nel lungo termine”. Infine, obiettivi, strumenti e azioni concrete delle compagnie che fanno parte di OGCI sono ampiamente illustrati nel sito dedicato a questa iniziativa (www.oilandgasclimateinitiative.com).
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