Molti beni e servizi forniti dagli ecosistemi forestali sono invisibili, e non vengono valutati dal mercato, ma sono comunque economicamente significativi e rilevanti per il raggiungimento degli SDGs. È tempo che le foreste siano considerate una priorità e attirino l'attenzione e i finanziamenti che meritano. Il valore nascosto delle foreste
Nel corso degli ultimi mesi il legame tra cambiamenti di uso del suolo e cambiamenti climatici è stato oggetto di notevole attenzione. Ad agosto 2019 il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) ha pubblicato un rapporto speciale su cambiamenti climatici e degrado del suolo, mentre a settembre le cosiddette “soluzioni basate sulla natura” hanno assunto grande centralità nel corso del Climate Action Summit di New York convocato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite. Poiché la questione dei cambiamenti climatici è spesso inquadrata esclusivamente in termini di emissioni derivanti dai combustibili fossili e le soluzioni restano per lo più circoscritte a iniziative a sostegno dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili, questa maggiore attenzione rivolta al suolo è positiva. Tuttavia, tra le soluzioni basate sulla natura è importante sottolineare il ruolo fondamentale delle foreste per raggiungere sia gli obiettivi per il clima sia gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs).
Le foreste (specialmente foreste tropicali e torbiere) immagazzinano grandi quantità di carbonio nella vegetazione e nel suolo. In caso di degrado, disboscamento o incendio, questo carbonio viene rilasciato nell’atmosfera. Negli ultimi anni le emissioni lorde di CO2 dovute alla perdita di copertura arborea tropicale sono ammontate in media a quasi 5 miliardi di tonnellate all’anno. Di conseguenza, se la deforestazione tropicale fosse un paese, sarebbe al terzo posto (dopo Cina e Stati Uniti) come fonte di emissioni che sono causa dei cambiamenti climatici. E non è tutto: dal momento che gli alberi continuano a catturare carbonio durante l’intera fase di crescita e gli alberi più grandi registrano tassi di assorbimento più elevati, le foreste intatte costituiscono un sink biosferico naturale. Pertanto, la perdita di una foresta matura comporta anche la perdita di un futuro potenziale di mitigazione. Senza affrontare la questione delle emissioni legate alle foreste, contenere il riscaldamento globale ben al di sotto della soglia dei 2 °C come previsto dall’accordo di Parigi sarebbe praticamente impossibile. Il rapporto di settembre dell’IPCC ha concluso che “ridurre la deforestazione e il degrado forestale rappresenta una delle opzioni più efficaci e valide per la mitigazione dei cambiamenti climatici, con ampi benefici a livello globale”. Eppure, nonostante la chiara necessità di porre fine alla deforestazione, negli ultimi anni la perdita di foreste primarie ha registrato livelli record, in particolare nel biennio 2016-2017 e nel 2018, quando è andata perduta un’area delle dimensioni del Belgio. La mancanza di finanziamenti destinati alla protezione delle superfici forestali è uno dei motivi per cui continuano a verificarsi perdite. In effetti, mentre l’abbattimento e la distruzione delle foreste per fare spazio a pascoli o colture agricole presentano opportunità economiche redditizie, gli incentivi finanziari per la conservazione restano insufficienti. I finanziamenti destinati al settore forestale costituiscono meno del 3% dei fondi globali per lo sviluppo legati alla mitigazione dei cambiamenti climatici, una percentuale inferiore al potenziale di mitigazione delle foreste. Tuttavia, sarebbe errato pensare alle foreste solo in termini di capacità di stoccaggio del carbonio: i vantaggi che procurano sono ben superiori.
La presenza di ecosistemi forestali sani contribuisce al benessere degli esseri umani fornendo una miriade di beni e servizi essenziali per il raggiungimento degli SDGs. In media, i prodotti forestali (specialmente i combustibili legnosi) rappresentano oltre il 20 percento del reddito famigliare per le comunità locali (SDG 1). I frutti, le noci, i funghi e la selvaggina ricavati dalle foreste integrano le diete (SDG 2), mentre le piante medicinali vengono utilizzate per curare le malattie (SDG 3). Oltre a ospitare la più grande biodiversità terrestre al mondo, le foreste tropicali proteggono i corsi d’acqua che costituiscono l’habitat naturale di numerosi pesci d’acqua dolce. Molti dei servizi forniti dalle foreste sono invisibili, e dunque sottovalutati dai mercati, ma hanno comunque grande rilevanza economica. I pipistrelli, le api e gli uccelli che popolano le foreste svolgono un’azione impollinatrice fondamentale per i terreni agricoli limitrofi. I bacini idrografici forestali sostengono la produttività agricola tramite la regolazione idrologica necessaria per l’irrigazione, fornendo al contempo acqua pulita per l’approvvigionamento idrico urbano. Studi recenti suggerisconoche la funzione di evapotraspirazione delle foreste genera precipitazioni su lunghe distanze. La perdita dei servizi ecosistemici forniti dalle foreste può comportare costi elevati. Senza i bacini idrografici forestali che controllano l’erosione, gli invasi delle dighe idroelettriche sono più esposti alla sedimentazione, il che ne riduce il ciclo di vita e compromette l’accesso all’energia pulita (SDG 7). Le foreste degradate sono più vulnerabili agli incendi, che si ripercuotono sulla salute respiratoria delle persone. In Indonesia, per esempio, gli incendi del 2015 hanno provocato 100.000 morti premature nella regione colpita e un costo di 16 miliardi di dollari per l’economia. I paesaggi deforestati sono più vulnerabili agli eventi meteorologici estremi, che a causa dei cambiamenti climatici diventeranno probabilmente più gravi e frequenti. Oltre a contribuire alla stabilità del clima mondiale grazie allo stoccaggio del carbonio, le foreste svolgono un ruolo stabilizzatore a livello locale, per esempio mitigando le temperature estreme sui terreni agricoli limitrofi. Privati delle “infrastrutture verdi” fornite dalla copertura forestale, i paesaggi deforestati sono meno resilienti a frane, inondazioni e altri disastri naturali che danneggiano le infrastrutture fisiche (SDG 11). Catastrofi naturali di questo tipo possono deviare la traiettoria di crescita del reddito di una nazione per decenni (SDG 1).
Grazie soprattutto agli enormi progressi compiuti nell’ambito della tecnologia di telerilevamento, disponiamo di molte informazioni sulle cause della deforestazione e sull’efficacia delle diverse strategie per invertire questa tendenza. Poiché i fattori scatenanti variano a seconda del luogo, non esiste una soluzione universale e occorre dunque adottare politiche specifiche per ogni giurisdizione. Tuttavia, è dimostrato che per ridurre la deforestazione occorre una combinazione dei seguenti interventi:
- ridurre la quantità di terreni forestali vulnerabili alla deforestazione, per esempio creando aree protette e riconoscendo e difendendo il diritto consuetudinario alla terra delle popolazioni indigene;
- aumentare i costi e i rischi legati alla conversione delle foreste ad altri usi, rafforzando per esempio l’applicazione della legge e garantendo che le aziende rispettino l’impegno a eliminare la deforestazione dalle filiere delle materie prime;
- ridurre la domanda di terreni forestali convertiti, per esempio intensificando la produzione agricola ed eliminando le sovvenzioni inique per la bioenergia.
Tuttavia, i forti interessi personali che sostengono il perdurare dello status quo in materia di deforestazione rendono difficile l’attuazione di queste politiche da parte dei governi. Pertanto, le riforme della gestione forestale devono superare ostacoli di natura politico-economica di non lieve entità. Al fine di incentivare i governi ad avviare tali riforme, nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) i negoziatori hanno elaborato un quadro chiamato REDD+, che consiste nell’aggiunta di iniziative di conservazione, gestione forestale sostenibile e rafforzamento degli stock di carbonio delle foreste nei paesi in via di sviluppo al programma REDD (riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado forestale). In tale contesto i paesi ricchi forniscono incentivi finanziari ai paesi in via di sviluppo in base ai rispettivi risultati di riduzione delle emissioni legate alle foreste. Il quadro per REDD+ è stato completato nel 2013 e incorporato nell’accordo di Parigi del 2015, ma sebbene molti paesi dotati di vaste risorse forestali abbiano compiuto significativi progressi nel soddisfare i requisiti di ammissione, mancano ancora i finanziamenti su larga scala necessari. Tuttavia, quanto appreso finora dall’attuazione di REDD+ fornisce una solida base per le prestazioni future, quando saranno disponibili nuove fonti di finanziamento. Per tutelare il clima e raggiungere gli obiettivi di sviluppo, è il momento che le foreste assumano il ruolo di primo piano che spetta loro e che attirino il livello di attenzione e di finanziamenti che meritano.
Distinguished Senior Fellow presso il World Resouces Institute (WRI) dal 2017, Frances Seymour è una delle voci più autorevoli al mondo nello sviluppo sostenibile. In precedenza, è stata Senior Fellow presso il Center for Global Development e ha lavorato per sei anni in Indonesia come direttore generale del Center for International Forestry Research (CIFOR).
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