Consumo di suolo, rischio sismico, consumo energetico sono tre elementi fondamentali per riqualificare il patrimonio immobiliare esistente. Occorre un'azione integrata e di rete. L'intervista con Pasquale Salvatore
di
Luigi Ierace
07 febbraio 2020
9 min di lettura
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Luigi Ierace
07 febbraio 2020
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Quando sono le case a inquinare, si deve agire sulle città puntando su un’urbanizzazione sostenibile, perché proprio gli ambienti urbani subiscono le ripercussioni dei cambiamenti climatici. Consumo di suolo, rischio sismico, consumo energetico sono i tre driver che rendono necessaria un’azione integrata per riqualificare il patrimonio immobiliare esistente. L’Italia, infatti, è ai vertici europei per consumo di suolo con una percentuale di territorio coperta artificialmente che raggiunge il 7,6 percento del totale (con picchi di oltre il 12 percento in Veneto e Lombardia) a fronte di una media UE del 4,1 percento. Circa 500mila edifici in muratura portante o in calcestruzzo armato realizzati prima del 1980, non soddisfano gli attuali standard antisismici. Il 71,5 percento degli edifici localizzati in 648 comuni a alto rischio sismico è considerato potenzialmente vulnerabile. Infine, il 28 percento del consumo energetico finale è dovuto agli edifici contro una media UE del 16,9 percento (The European House – Ambrosetti 2017).
Il consumo di suolo è uno dei problemi più attuali e urgenti. Ne parliamo con Pasquale Salvatore, referente nazionale della Rete delle Professioni Tecniche nel Progetto europeo Soil4Life per la gestione sostenibile del suolo e Consigliere della Fondazione Geometri Italiani.
I dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) sul consumo di suolo in Italia evidenziano una situazione molto preoccupante. In cinque anni, il suolo destinato all’urbanizzazione nel nostro Paese è aumentato di 2.117 ettari l’anno, come 2.640 campi di calcio. Secondo il rapporto 2018 dell’Ispra, dal 2012 al 2017, in Italia il consumo di suolo per uso urbano è aumentato dello 0,64%. Il consumo di suolo per uso naturale è aumentato dello 0,12%, mentre quello per uso agricolo è diminuito dello 0,17%.
È un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea nel programma LIFE 2014-2020, che si sviluppa in circa tre anni, fino a marzo 2022, con partner italiani, francesi e croati, per promuovere l’uso sostenibile del suolo quale risorsa strategica, limitata e non rinnovabile, attraverso azioni e politiche concrete, supportate da analisi e dati che permettano di monitorarne lo stato ecologico. Capofila è Legambiente Onlus con diversi partner e il supporto di INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e RPT (Rete delle Professioni Tecniche). In linea con l’impegno sottoscritto dai Paesi Europei al tavolo delle Nazioni Unite, aderendo agli obiettivi globali di sostenibilità (Sustainable Development Goals - SDG), Soil4Life vuole favorire e massimizzare l’erogazione di servizi ecosistemici (inclusi quelli produttivi) senza peggiorare (e dove necessario, migliorando) la matrice suolo nelle proprietà chimiche, fisiche e biologiche. In definitiva, il progetto persegue l’applicazione delle Linee Guida Volontarie per la Gestione Sostenibile del Suolo, promosse dalla FAO.
Tra le fasi in cui si articola il progetto, è prevista una “Campagna di sensibilizzazione per tecnici/professionisti”, coordinata dal gruppo di lavoro del Politecnico di Milano con ISPRA e Legambiente, rivolta a alcune figure professionali (ingegneri, architetti, agronomi e forestali, geologi, geometri), che nel loro lavoro (dipendente o liberi professionisti) possono contribuire concretamente alla riduzione del consumo di suolo favorendone un uso sostenibile con l’adozione di idonee pratiche/tecniche. Il percorso partecipato porterà alla predisposizione di “Linee Guida Volontarie per la Tutela del Suolo destinate a tecnici e professionisti”, anche con riferimento ai Criteri ambientali minimi (CAM) dell’edilizia che disciplinano l’utilizzo dei materiali edili e il loro trattamento.
In sostanza, si tende a coinvolgere il maggior numero di professionisti dell’area tecnica?
Il progetto Soil4life prevede la realizzazione di un ciclo di iniziative formative (moduli didattici, seminari, convegni, workshop) interdisciplinari, con gli Ordini/Collegi professionali. Tre i moduli tematici principali: tutela del suolo e degli habitat naturali; quadri normativi sulla tutela e valori del suolo; specifiche tecniche per la limitazione, mitigazione e compensazione delle trasformazioni d’uso del suolo. Ogni modulo sarà anticipato dalla presentazione delle “Linee Guida per la Tutela del Suolo” che saranno poi condivise e sottoscritte dai partecipanti ai corsi.
Insomma, è sempre più evidente che la transizione energetica e l’economia circolare passano attraverso il mondo dell’edilizia e delle professioni tecniche?
La riqualificazione del patrimonio edilizio non solo consente di individuare, attraverso competenti e formate figure tecniche professionali, le soluzioni più adatte per realizzare quel mix di qualità della vita, sicurezza dell’abitare, minori spese di gestione e agevolazioni fiscali, ma è anche uno dei pochi driver, se non il principale, per far uscire dalla crisi economica il Paese. Quello che occorre è un cambio di mentalità e approccio. Non più realizzazione di nuovi fabbricati, su un territorio sempre più ampio, ma riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio nell’abitato esistente. Anche mediante demolizione, se necessaria a migliorare i centri urbani. Edifici, strade, piazze, parchi sono tutti elementi che compongono l’habitat antropizzato. Ovviamente i processi necessari a una rigenerazione urbana sostenibile (Ri.u.so) hanno come obiettivo finale il miglioramento della qualità dell’abitare, partendo dalla salubrità degli ambienti dove si vive: dalle abitazioni alle scuole, dai luoghi di lavoro a quelli di svago e di socializzazione. Il confort abitativo corrisponde a una condizione di benessere rappresentata da quattro parametri: temperatura, qualità dell’aria, acustica e luminosità.
Un processo che avrà anche importanti ricadute occupazionali?
La realizzazione degli interventi, necessari a ottenere i risultati attesi e coerenti con uno sviluppo sostenibile, ha sicuramente una ricaduta occupazionale in tutti gli ambiti lavorativi e anche maggiore rispetto alle “semplici” realizzazioni ex novo: dalle industrie produttrici di materiali per l’edilizia, alle imprese che eseguono le opere, dal mondo della ricerca universitaria, a quello professionale dei tecnici che progettano e dirigono i lavori. I profili necessari sono i più svariati, dai meno qualificati, ma indispensabili in tutte le fasi produttive, a quelli più specializzati, in grado di utilizzare tecniche e attrezzature altamente tecnologiche, con enormi ricadute sui giovani, più adusi alle innovazioni.
Non si guarda però al singolo professionista, ma in linea con l’Europa, a una rete delle professioni tecniche?
Le tematiche ambientali, per la loro complessità, vanno affrontate in modo interdisciplinare. Occorre coniugare saperi e competenze su materie diverse per dare risposte complete alla committenza e ottenere il miglior risultato in termini di benefici sulla qualità della vita. Il professionista tecnico deve adeguare il modo di svolgere la propria attività e interagire con altri soggetti lavorando in sinergia per costituire le reti professionali. È, quindi, indispensabile una legislazione snella e adeguata alle esigenze di una moderna società, che stimoli e sostenga le nuove forme di aggregazione e la diffusione di modelli innovativi. Purtroppo, l’attuale modo di legiferare in Italia, non è orientato a tali principi e spesso le norme sono difficilmente applicabili; la tanto auspicata semplificazione resta solo un’enunciazione di principio o un buon proposito.
Tra le figure da formare i professionisti dell’energia: l’energy manager ma non solo…
L’energy manager è il professionista che interviene in determinati contesti, abbastanza complessi e previsti da una normativa specifica. Per uno sviluppo sostenibile, rispettoso dell’ambiente, è necessario formare e aggiornare tutti i professionisti dell’area tecnica: dal pubblico al privato, a servizio dei cittadini. Il patrimonio immobiliare privato è quello che incide di più nei consumi di energia. Gli edifici definiti “energivori” costituiscono la maggioranza del costruito per cui è indispensabile intervenire su tutti gli stabili, dai più piccoli, monofamiliari, ai fabbricati in condominio. Un cambio di mentalità non semplice; i professionisti dell’area tecnica hanno un importante e delicato ruolo di informazione finalizzato a rendere fruibili a tutti, concetti e notizie spesso complessi, inerenti campi diversi (fiscale, economico, tecnico) che incidono sulla sfera organizzativa della vita di ciascun cittadino.
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