Questo articolo è tratto da WE-World Energy n. 42 - Gulf Vision. Leggi il magazine
Quella che oggi appare ai più una questione di sopravvivenza, potrebbe trasformarsi in una grande opportunità per i membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar. Si tratta della necessità di questi paesi – tutti fortemente dipendenti dalle rendite delle esportazioni petrolifere – di diversificare la loro struttura economico-industriale basata sul petrolio (ad eccezione del Qatar), e con essa le fondamenta del proprio settore energetico. Il crollo dei prezzi del greggio nell’autunno del 2014 e il perdurante stato di incertezza e volatilità sui mercati petroliferi, che ha determinato l’incapacità dell’OPEC di rispondere ai cambiamenti in atto, rappresentano una sfida esistenziale per i paesi del GCC. La storia degli ultimi cinque anni ha infatti imposto ai regimi del Golfo (così come agli altri grandi paesi esportatori) la necessità di intraprendere un serio sforzo di riforma per ridurre il peso delle rendite petrolifere sulle attività economiche e sugli equilibri politico-sociali interni. Da fine 2014, nel giro di tre anni, le entrate finanziarie derivanti dalle esportazioni di greggio sono crollate di 400 miliardi di dollari, mentre nel 2016 i sei membri GCC hanno sperimentato – dopo oltre un decennio di avanzi in media superiori al 10 percento del PIL - un deficit aggregato attorno al 12 percento. Ovviamente, le performance macroeconomiche variano di paese in paese, sulla base del peso del petrolio nell’economia nazionale - in Kuwait, ad esempio, la contrazione è stata del 30 percento, in Arabia Saudita del 15 percento, mentre casi più virtuosi come gli Emirati Arabi Uniti sono riusciti a limitare i danni e contenere il deficit al 2,1 percento - ma il trend generale appare ineluttabile. In concomitanza con entrate finanziarie in calo, i paesi GCC hanno sperimentato un rallentamento sostanziale dei tassi di crescita economica, un aumento della disoccupazione, il crollo dei salari e la contrazione dei consumi pro-capite.