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Il rifiuto diventa oggetto di design (e perfino arte)

Il rifiuto diventa oggetto di design (e perfino arte)

La Product Designer Anna Bullus, classe 1984, ha una missione: riciclare i chewing gum gettati. E anche l’arte sempre più spesso diventa circolare.

di Simonetta Sandri
06 febbraio 2020
5 min di lettura
di Simonetta Sandri
06 febbraio 2020
5 min di lettura

Che il rifiuto possa ormai ritrovare una nuova vita e trasformarsi in cosa utile, lo sappiamo. Una seconda vita può arrivare perfino per quegli oggetti che spesso ci si impiastricciano sotto le suole delle scarpe, i chewing gum masticati: quanto di più inutile e fastidioso possiamo immaginare. Parliamo di una massa davvero imponente di scarti, visto che i chewing gum, infatti, una spesa annuale nel mondo di circa 14 miliardi di sterline e costituiscono il secondo tipo di rifiuto nelle strade, dopo i mozziconi di sigaretta. In Gran Bretagna, si spendono circa 50 milioni di sterline l’anno per riparare a tale danno. Ecco allora l’idea di Anna Bullus, classe 1984, ex studentessa della University of Brighton’s College of Arts and Humanities: la raccolta e il riciclo. Studiando la chimica del chewing gum, Anna ne ha scoperto l’ingrediente principale, la gomma base, comunemente nota come una gomma sintetica, un tipo di polimero simile alla plastica, chiamata poliisobutilene, la stessa che si trova nelle camere d’aria delle ruote della bicicletta e che è ottenuta da prodotti petrolchimici, raffinati da combustibili fossili come il petrolio.

Se la giovane designer arriva subito a comprendere come la gomma da masticare, una volta gettata, possa rappresentare un materiale versatile e potenzialmente utile, il problema restava quello di convincere le persone a donare le loro gomme invece di gettarle, lasciarle con disattenzione e noncuranza sul selciato delle strade e delle vie cittadine, più o meno eleganti e frequentate. Come parte integrante della sua strategia Anna crea allora un cestino rosa brillante dalle forme tondeggianti, a forma di bolla, dove raccogliere le gomme masticate: il Gumdrop®, che può essere appeso all’altezza della testa, fatto esso stesso di gomma da masticare riciclata, il Gum-tec® (un polimero, da lei creato, che ha chiamato BRGP, Bullus Recycled Gum Polymer).    

Accanto a ogni cassetto, il contenitore giusto

Un messaggio accanto ai cassonetti spiega che qualsiasi gomma raccolta sarà riciclata in nuovi oggetti. Risultato? L’Università di Winchester è stata fra le prime ad adottarli: circa 8.000 persone vivono e lavorano nel campus e le autorità volevano tenerlo pulito dai rifiuti di gomma. Dopo l’installazione di 11 contenitori, per rafforzare il messaggio, sono state distribuite, agli studenti del primo anno, centinaia di tazze da caffè fatte di gomma riciclata. Diciotto mesi dopo, l’Ateneo nota un calo di gomme masticate gettate per le strade del campus e espande lo schema. Lo stesso esperimento di successo è stato effettuato dall’aeroporto di Heathrow, nelle stazioni ferroviarie del Great Western Railway, a Legoland, all’aeroporto di Southampton e in tanti altri luoghi. Non la soluzione del problema ancora, ma un buon inizio. La seconda parte della sfida di Anna era reperire partner industriali disposti a riciclare della vecchia gomma per produrre nuovi oggetti. Ecco allora arrivare il supporto di un impianto di riciclaggio a Worcester, uno specialista di stampa della plastica a Leicester (Amber Valley), o, più recentemente, Wrigley, un gigante dell’industria che ha accolto l’idea di sperimentare la trasformazione delle cicche in oggetti. Le gomme di scarto vengono scaldate e rilavorate, alcune suole di scarpe sono fatte allora di chewing gum. Una bella ottica rovesciata se si pensa a quante volte da lì sotto si è cercato di staccarle.

Il rifiuto diventa arte

Se una gomma da masticare gettata può diventare utile, è facile immaginare che molti rifiuti possano diventare oggetti di arte. Gli esempi sono ormai tanti.
Anni fa un gruppo di artisti tedeschi, con Recycle Art, riusciva a recuperare tutti i componenti provenienti dalle carcasse di auto o motociclette saldandoli tra loro e creando sculture originali e uniche. Tanta creatività e bellezza al servizio del riuso. Un artista colombiano invece trasforma rifiuti in animali. Federico Uribe, classe 1962, con il progetto Animal Farm, dalle suole delle vecchie scarpe da ginnastica riusciva a far nascere una mucca, e un asino riprendeva vita dai consumati tappi di sughero.

Oggi a riportare alla ribalta il tema, una recente mostra promossa dal Gruppo Hera, a Bologna, SCART il lato bello e utile del rifiuto, dove tanti frammenti di realtà invitano il consumatore a ripensare il rifiuto. Un homo faber che ritrova l’armonia tra uso e riciclo, tra sviluppo e sostenibilità, tra etica ed estetica, tra realtà e finzione, tra oggi e domani. La mostra raccoglie interventi realizzati da artisti e studenti delle Accademie di Belle Arti di Bologna e Firenze, abili e capaci di lavorare su materiali di scarto per ricavarne opere d’arte dalle forme e dimensioni più svariate. Un bell’esperimento che riporta la bellezza al centro e ritrova un equilibrio perduto: l’arte di ricomporre il reale cercandone il futuro. 

Chewing gum riciclati a opera d'arte

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