La tanica era sulla scrivania. Verde, non troppo grande, ma abbastanza capiente per raccogliere un bel po’ dell’olio che di solito si butta via in famiglia, dopo una frittura o un’insalata con il tonno in scatola. L’hanno ricevuta in milleottocento, assieme a un memo che spiegava il come e il perché dell’iniziativa. E, in sostanza, dava a quei dipendenti di Eni il benvenuto nel progetto Oilà, raccolta di oli esausti da destinare alle bioraffinerie per tirarne fuori eco-carburante. Partito negli uffici romani a fine 2018 –e allargato man mano a Taranto, Porto Marghera, Sannazzaro de’ Burgondi–, è un esempio perfetto di quello che può venire fuori quando si guarda con più attenzione ai piatti che portiamo in tavola, per arginare gli sprechi. Ci guadagniamo tutti: noi, l’ambiente e chi produce energia. È per questo che lo scorso gennaio, Eni ha stretto un patto con Coldiretti, la maggiore organizzazione di imprese agricole d’Italia, con il suo milione e mezzo di associati. Obiettivo: organizzare “iniziative congiunte nell’ambito dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile, per rafforzare il ruolo dell’energia a servizio dell’agricoltura”. Eni distribuisce alle aziende Coldiretti la sua gamma di carburanti e oli per le macchine agricole, oltre a lubrificanti biodegradabili a basso impatto ambientale e formulati con materie prime da fonti rinnovabili.
L’associazione di coltivatori porta in dote il suo know-how di settore agricolo più verde d’Europa. La sua filiera super controllata (solo lo 0,4% di controlli positivi all’uso irregolare di prodotti chimici, contro una media dell’1,4% nell’Ue) e 272 tra prodotti DOP e IGP. Coldiretti fornisce al Cane a sei zampe scarti e residui della lavorazione agricola, che a loro volta entrano nel ciclo di produzione di biocarburanti. Un accordo che dà a Eni una discreta spinta verso l’obiettivo, ambizioso ma esaltante, di ridurre le emissioni di CO2 dell’80% entro il 2050, decarbonizzando i prodotti energetici, ma che ha radici più profonde di una semplice partnership commerciale. “Il cibo è energia, è il carburante della nostra vita”, dice Teresa Dina Valentini, responsabile Processes, Reporting and Support Circular Economy and Green Refinery di Eni: “Ma per disporre di questo carburante, è necessario avere altre energie che garantiscano tutto il processo”. C’è una parentela stretta insomma, che non a caso, genera iniziative capaci di andare oltre le sinergie industriali.