Nella settimana in cui i riflettori sono puntati sull’Assemblea generale delle Nazioni Unite e sulle decisioni che i leader mondiali prenderanno nella lotta al cambiamento climatico, il tema della sostenibilità ambientale del sistema alimentare mondiale torna a giocare un ruolo di primo piano. Da anni infatti appare chiaro come il sistema alimentare globale sia ormai altamente compromesso. Dopo alcuni miglioramenti registrati nel corso degli ultimi anni, il numero di persone che soffrono di varie forme di malnutrizione (dalla malnutrizione cronica all’obesità) è tornato ad aumentare, superando gli 820 milioni di individui nel 2018. Nel corso dei decenni il cibo si è progressivamente trasformato in una vera e propria merce, forse la più globalizzata di tutte, e ciò ha comportato l’emergere di una serie di contraddizioni e paradossi. Uno di quelli più drammatici continua ad essere rappresentato dallo spreco alimentare, ossia di quel cibo destinato al consumo umano e che nel corso della filiera alimentare (dal campo allo smaltimento) viene perso oppure sprecato. Per quanto risulti ancora complicato giungere ad una completa misurazione del fenomeno, da numerosi anni l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) sostiene che circa un terzo del cibo prodotto a livello mondiale si perde o si spreca all’interno della filiera alimentare. Si tratta di una quantità spaventosa – circa 1,3 miliardi di tonnellate - che se equamente redistribuita sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno di una popolazione quattro volte superiore a quella che oggi soffre di malnutrizione. Trasformare la catena alimentare seguendo i criteri dell’economia circolare consentirebbe non solo di evitare questi sprechi e perdite di cibo, ma anche fare passi in avanti concreti verso la realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg).
Lo spreco alimentare è un fenomeno complesso, le cui cause dirette sono molteplici (dal deterioramento durante il trasporto, alla produzione eccessiva, fino alle caratteristiche estetiche) e sono il combinato disposto di numerosi fattori tecnologici (infrastrutture carenti, tecniche di imballaggio poco sofisticate), manageriali (scarsa capacità di gestione di domanda e offerta), comportamentali (carenza di educazione e consapevolezza) o strutturali (politiche e regole deficitarie, debolezze finanziarie, situazione climatica). Tutti questi fattori sono fortemente collegati fra loro e possono verificarsi in vari momenti della filiera alimentare, con un’incidenza diversa a seconda delle regioni del mondo. Come mostrano i dati della Fao in basso, mentre nei paesi del Sud globale, il cibo viene prevalentemente “perso” nei primi stadi della filiera (produzione, conservazione, trasformazione e distribuzione), nei paesi del Nord globale il consumatore è spesso il maggiore responsabile dello spreco di cibo, in particolare in America settentrionale, Oceania e Europa.
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