Dagli anni Sessanta si teorizza la necessità di una transizione da un sistema economico chiuso e lineare, vale a dire senza rapporti con l’ambiente, ad uno aperto e circolare in cui le “esternalità” negative (consumo di risorse finite, inquinamento, produzione di rifiuti) diventano parte del sistema economico stesso. Il tutto, dietro l’assunto che in un sistema chiuso come la terra è impossibile continuare a sperimentare un livello di crescita esponenziale senza incorrere nel rischio di un collasso globale. Una crescita infinita non è possibile in un mondo caratterizzato da risorse finite. Peraltro, consumiamo più di quello di cui abbiamo bisogno, sprechiamo risorse, energia, acqua, cibo, materiali. In 150 anni, con le nostre attività, abbiamo praticamente raddoppiato il contenuto di anidride carbonica in atmosfera e abbiamo provocato un aumento dell’effetto serra che già sta modificando sensibilmente il clima terrestre. Siamo ben lontani dall’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2° C come fissato dagli Accordi di Parigi. Già entro il 2030 dovremo diminuire da 32 a 24 miliardi di tonnellate la quantità di CO2 che ogni anno liberiamo in atmosfera. Ma al ritmo attuale rischiamo invece di salire a 34 miliardi.
Per questo Eni – per prima fra le grandi compagnie energetiche mondiali – si è data l’obiettivo di contribuire a dare energia al pianeta secondo un modello di economia circolare. Siamo sempre più impegnati nel promuovere un modello di sviluppo e cambiamento in cui la circolarità ha un ruolo chiave. La valorizzazione delle risorse e degli scarti, minimizzando il consumo delle materie prime e conservando gli stock naturali, rappresenta una nuova prospettiva in grado di mettere al centro il benessere della collettività fornendo standard di qualità basati su nuovi principi etici. La Fondazione Ellen MacArthur ha peraltro definito i tre principi fondamentali dell’economia circolare, come “Progettazione dei rifiuti e dell’inquinamento”, “Riutilizzo in grado di conservare il massimo valore dei prodotti”, “Rigenerazione di sistemi naturali” Quello qui descritto, peraltro, è un modello peraltro perfettamente in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, fissati dalle Nazioni Unite con l’orizzonte temporale del prossimo decennio, per poter arrivare proprio al 2030 vivendo in un mondo più sostenibile e capace però di far accedere all’energia anche chi, oggi, ne è sprovvisto.