Questo logo ci accompagna fin dalla fondazione. La storia della sua evoluzione è un viaggio nel cuore di Eni e della costante ricerca di innovazione nel rispetto della tradizione.
Quella di Enrico Mattei è la storia di un uomo che ha avuto grande fiducia nell’Italia e nel suo potenziale. Tutti sanno che ha deciso di scommettere sulle risorse energetiche e naturali del nostro Paese, prima sui suoi giacimenti di petrolio e poi sulle riserve di gas. Meno nota, ma sicuramente non meno importante, è stata però la fiducia che Mattei ha concretamente riposto nelle capacità creative dei professionisti italiani, che ha sempre ritenute fondamentali per le attività commerciale di Eni ma anche, e anzitutto, per la costruzione del marchio. È infatti il fondatore di Eni in persona che vuole fortemente che a disegnarlo sia un concorso di idee, aperto a tutti gli italiani, che verrà bandito sulla rivista Domus. È infatti da una chiamata alla creatività dei cittadini che emerge il Cane a sei zampe: inizialmente doveva simboleggiare solo la benzina prodotta da Agip, la Supercortemaggiore, ma visto il suo grande successo diventa il simbolo di Eni stessa.
Il cane a sei zampe fedele amico dell'uomo a quattro ruote
Quando viene lanciato, nel 1952, il concorso di idee è focalizzato sulla campagna pubblicitaria dei due prodotti di punta di Agip: la benzina Supercortemaggiore e il metano Agipgas. Il risultato doveva servire a disegnare due cartelloni stradali, due marchi e la colorazione di una colonnina di distribuzione di benzina. Il concorso è aperto a tutti gli italiani - proprio a testimoniare il messaggio di fiducia e di apertura a un’intera popolazione - e ha un montepremi complessivo di 10 milioni di lire, corrispondenti al potere di acquisto di circa 160mila euro. La giuria è composta da figure provenienti dal mondo dell'arte e della comunicazione. Nell’elenco dei selezionatori, infatti, figuravano tra gli altri il pittore Mario Sironi e uno degli architetti italiani più conosciuti al mondo, Gio Ponti.
La risposta della società italiana alla chiamata di Mattei è impressionante: vengono presentati oltre 4mila bozzetti e per selezionare il vincitore sono necessarie ben 14 riunioni della Giuria. Oltre a molti appassionati di grafica e illustrazione, partecipano al concorso anche alcuni grandi nomi dell’arte e della creatività italiana del dopoguerra: Armando Testa, Fortunato Depero, Marcello Nizzoli, solo per fare qualche nome. Nel settembre del 1952 la seduta conclusiva decreta il vincitore: il Cane a sei zampe, una sintesi grafica che esprime forza, energia e ottimismo, valori dell’Italia sta vivendo il suo miracolo economico. Ne è entusiasta Enrico Mattei in persona, e l’accoglienza del simbolo da parte della società italiana è altrettanto calorosa. Un animale “impossibile”, un cane con sei zampe che ricorda una chimera mitologica, diventa presto familiare per tutti.
A concepire il logo che ancora oggi, quasi settant’anni dopo, rappresenta Eni in tutto il mondo, è Luigi Broggini, un importante scultore italiano che aveva frequentato da esule Parigi e la Svizzera durante il Fascismo. Il suo Cane a sei zampe viene presentato a nome di Giuseppe Guzzi, perché Broggini aveva un certo pudore intellettuale nel vedere accostato il proprio nome a una produzione pubblicitaria e commerciale. La vera identità dell’autore, peraltro, era nota già da tempo tra addetti ai lavori e altri partecipanti al concorso, ma fu la forza iconica permanente e globale del “suo” Cane a sei zampe a convincere il figlio a ufficializzarne la paternità, dopo la morte di Broggini avvenuta nel 1983.
In breve tempo, nell’Italia del boom economico, il Cane a sei zampe diventa un elemento distintivo, che al viaggiatore dice due cose: la presenza di una stazione di benzina per il rifornimento e luoghi di ristorazione di alta qualità che valorizzano i prodotti della penisola.
Eni intanto cresce e si espande oltre i confini nazionali, dall’Africa al Medio Oriente. Geologi, ingegneri, perforatori e tecnici si spostano con le proprie famiglie in Egitto, Iran, Libia e Tunisia. Il cane a sei zampe che ogni mattina svetta sull’alzabandiera delle piattaforme e dei campi petroliferi diventa l’elemento unificante di uomini e donne che hanno in comune la passione per le sfide, e l’obiettivo di fare grande un’azienda italiana nel mondo.
Dopo la morte di Mattei, nel 1962, inizia un processo di ripensamento interno a Eni che riguarda anzitutto la rappresentazione di Eni stessa nella società italiana e nel mondo. In particolare si mette a fuoco l’importanza di mostrare che Eni non è solo carburante per automobili, ma una grande impresa italiana che aveva e ha al centro della propria missione molti servizi alle persone e una spiccata sensibilità sociale e culturale. Proprio Bob Noorda, autore dei due restyling del Cane a sei zampe nel 1972 e 1998, sintetizza con una battuta efficace quest’esigenza: “Si rischiava che tutto odorasse di benzina”.
Tanto è forte il bisogno di cambiare, che il progetto iniziale prevede addirittura la creazione di un marchio nuovo e una nuova immagine coordinata di Gruppo. Il compito viene affidato nel 1972 all’agenzia Studio Grafico Unimark e al designer Bob Noorda. Proprio studiando l’esistente e la situazione in essere, i professionisti incaricati registrano che, mentre la sigla Agip non ha ancora raggiunto una grande popolarità, il simbolo di Eni è profondamente radicato nell'immaginario collettivo italiano. Il progetto di una nuova immagine che prescinda dal Cane a sei zampe viene quindi abbandonato, e si decide di procedere invece a una armonizzazione dell’immagine, con l’obiettivo di stabilire colori, forme e sfondi precisi e uniformi, in modo da facilitare le applicazioni pubblicitarie del simbolo e renderlo immediatamente riconoscibile.
Tutte le società del gruppo adottano immediatamente la nuova immagine, dando una rafforzata sensazione di unità di intenti e obiettivi. Una corporate identityunitaria, anticipata dall’azione pionieristica di Mattei, è finalmente raggiunta anche a livello di immagine. Nel logo oltre al cane, più corto e inquadrato all'interno della palina gialla, ora compare anche il nome della società, con l'iniziale maiuscola. "Anche la forma del logo ricorda la forma del cane a sei zampe e il puntino rosso della "i" di Agip evoca la fiamma", come spiega lo stesso Bob Noorda. Il marchio aziendale smette di essere una semplice sigla e diventa un nome proprio: una scelta che migliorerà anche il riconoscimento dell’identità aziendale da parte del pubblico e dei clienti.
Nel 1992 il governo italiano decide di intraprendere la strada della privatizzazione di Eni, attirando i consensi e la fiducia dei risparmiatori e degli investitori istituzionali, che scommettono sulla solidità e le prospettive di un’azienda che ha fatto la storia del Paese e dell’industria energetica nel mondo. Il titolo viene quotato alla Borsa italiana e al NYSE (New York Stock Exchange) nel 1995: da Ente Nazionale Idrocarburi Eni diventa una società per azioni e il cambiamento comporta l’esigenza di un nuovo restyling del marchio perché, dovendo approdare in Borsa, l’azienda ha la necessità di dotarsi di un’immagine in linea con il nuovo contesto che esprima un’organizzazione aziendale rinnovata, agile e moderna. Per ripensare la corporate image del moderno Gruppo Eni viene interpellato ancora una volta Bob Noorda. Il nuovo progetto grafico segue un processo di progressiva astrazione e si basa su elementi essenziali semplici, ma di notevole forza e suggestione, in grado di aggregare i vari settori dell’immagine e di confermare il valore della unitarietà del Gruppo. Il cane viene tolto dalla palina gialla con bordo nero ad angoli smussati, che era molto legata alle stazioni di servizio, e viene inserito insieme al logo Eni in un’area perfettamente quadrata. Al suo centro il quadrato giallo è attraversato da un filetto orizzontale rosso che separa i due elementi e cioè il cane e il logotipo Eni. L’ennesimo impercettibile accorciamento del cane lo rende lungo esattamente quando la lunghezza del logotipo Eni. Viene poi aggiunta la parola Group, a completare la transizione verso un marchio aziendale che contempli tutte la attività del gruppo.
A partire dal 2010, il Cane a sei zampe ha subito un restyling fondato sul concetto di “apertura”. Il cane a sei zampe associato al nome di Eni è la sintesi ideale di questa filosofia: una continua apertura a nuove realtà, a nuove esplorazioni, a nuove attività industriale e finanziarie. Il marchio diventa dunque sintesi e cornice di ogni “organo vitale” dell’azienda: dalla distribuzione di benzina, gas ed elettricità, ai campi di produzione e alla quotazione in Borsa. L’adozione di un unico nome e marchio rappresenta bene l’obiettivo di una maggiore coesione tra i vari settori, una migliore omogeneità culturale, ma soprattutto ha favorito la nascita di un’identità aziendale forte, figlia di un grande passato e di una grande tradizione. Oggi il Cane a sei zampe di Eni esce dal quadrato giallo e si proietta verso una nuova realtà aziendale che comunica dinamicità e tensione verso il futuro, in un mondo dell’energia in completa trasformazione.
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