Per decommissioning s’intende la fase finale del ciclo di vita degli asset appartenenti alla filiera dell’Oil & Gas e, in generale, degli impianti industriali. Questa attività è da considerarsi parte fondamentale del processo di investimento avendo importanti risvolti economici, sociali e ambientali nel contesto in cui è realizzato. Il pieno rispetto dei principi di sostenibilità in questa fase delle nostre attività è coerente con la nostra mission che aderisce agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
La trasformazione di asset non redditizi o in dismissione, a cui viene data una nuova vita ed un futuro sostenibile e low carbon è parte della strategia di Eni, insieme alla ricerca di soluzioni innovative, di processi e prodotti finalizzati al riutilizzo e alla valorizzazione di materiali di scarto, per rendere il sistema economico più efficiente, minimizzando al contempo il consumo di risorse e di energia. Il decommissioning rappresenta un’opportunità sia in termini occupazionali sia di rigenerazione di materie prime e asset che, alla fine del ciclo di vita industriale per il quale erano stati progettati, hanno ancora il potenziale per essere riconvertiti e riutilizzati in favore di altre iniziative.
Eni pianifica e valuta annualmente il proprio impegno nelle attività di decommissioning e dal punto di vista del bilancio dispone di un apposito fondo abbandono per i costi necessari alla dismissione di tutti gli impianti al termine della loro vita produttiva. In particolare, nella valutazione economica di un progetto, unitamente ai costi tecnici vengono inclusi anche i costi di abbandono. Al termine della vita utile del campo, i costi relativi saranno coperti dall’utilizzo del fondo accantonato. I fattori più importanti nella costituzione di un adeguato fondo di abbandono sono la stima corretta dei costi, da aggiornare periodicamente e la definizione della tempistica di esborso. Per assicurare un coordinamento unitario ed organico delle attività di dismissione, Eni si è dotata di un dipartimento dedicato che ha il compito di presidiare il processo e di capitalizzare il know-how associato alle attività che presentano una complessità analoga ai progetti di costruzione e sviluppo.
È stata instaurata una collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche per lo sviluppo di modelli di valutazione dei siti e quantificazione degli impatti dovuti alla rimozione di piattaforme. Relativamente all’offshore italiano, la dismissione delle piattaforme rappresenterà un grande impegno per Eni nei prossimi anni. L’attività è già iniziata con il programma di chiusure minerarie, propedeutico alla rimozione delle piattaforme, che prevede nei prossimi anni l’intervento su circa 40 pozzi offshore, di cui 2 in corso. Nel settore Upstream, il piano di decommissioning offshore relativo al Distretto di Ravenna prevede un impegno economico di circa 150 milioni di euro nei prossimi anni con 33 pozzi da chiudere e 15 strutture da dismettere, in funzione del rilascio delle necessarie autorizzazioni. In generale, per quanto riguarda le strutture onshore, i lavori di dismissione sono già in uno stato avanzato. Quasi tutte le strutture dismesse, che hanno ricevuto le necessarie autorizzazioni, sono già state demolite e rimosse, ed è in corso, laddove prescritto, il processo di bonifica delle matrici ambientali che rappresenta una fase successiva al decommissioning. Importanti risultati sono già riscontrabili presso quelle aree che ospitavano grandi complessi petrolchimici, come ad esempio Assemini (CA), Porto Marghera (VE), Priolo (SR), Brindisi, Crotone, solo per citarne alcune, dove quasi tutti gli impianti dismessi sono stati completamente rimossi.
Già da alcuni anni siamo attivi in progetti di chiusure minerarie e decommissioning di aree industriali e, recentemente, abbiamo avviato importanti progetti di riconversione di siti industriali dismessi come, ad esempio, la riconversione delle raffinerie a ciclo tradizionali in bioraffinerie a Marghera e a Gela.
Le strutture offshore che non saranno rimosse potranno essere riutilizzate da altri soggetti per scopi di natura scientifica, per il monitoraggio ambientale, nell’ambito delle energie rinnovabili o per iniziative di altra natura. Grazie inoltre ai significativi investimenti previsti, vi saranno importanti ricadute in termini di occupazione. In tale ambito, per rendere più efficiente l’esecuzione delle attività e massimizzare le ricadute sul territorio è di particolare importanza la costituzione di raggruppamenti in grado di offrire un servizio integrato, soprattutto per la parte offshore, dalle operazioni in mare agli spazi di deposito e lavorazione a terra per finire con le operazioni di recupero e smaltimento. Le aree liberate dalle strutture possono essere restituite al territorio per nuovi utilizzi o nuove iniziative industriali, trovandosi già in contesti dove sono presenti infrastrutture e servizi che ne favoriscono il reimpiego. Il decommissioning rappresenta quindi un esempio concreto di efficienza, sostenibilità ed economia circolare. Per questo, Eni si è posta l’obiettivo di valorizzare il processo trasformandolo in un’opportunità per tutti gli stakeholder coinvolti, perseguendo azioni concrete e promuovendo un dialogo costante e trasparente con tutti gli interlocutori.
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